Leonardo Moleri è nato a Bergamo il 18 gennaio 2002 ed è alla sua prima stagione in maglia biancorossa. Un arrivo importante per il Città di Varese perché il numero 22 si presenta con un bagaglio importante: Campione d’Italia in carica col Milan.
“Possiamo dire di sì (sorride ndr). Più per i dieci anni di Milan che per quello che ho fatto la scorsa stagione. Sono tornato in rossonero a fine gennaio dopo l’esperienza di Renate ed è stato affascinante vivere cinque mesi con il gruppo che ha vinto lo scudetto. Per la verità già nella stagione 2020-21 ero stato aggregato alcune volte alla Prima Squadra con anche qualche panchina. Lo scorso anno eravamo quattro portieri (Maignan, Tatarusanu, Mirante e Moleri ndr) per cui le occasioni di andare anche solo in panchina sono state nulle. È stata comunque un’esperienza importantissima che mi ha permesso di crescere sotto tanti punti di vista, tecnico e anche mentale. Ho avuto la possibilità di rubare tutti i giorni qualcosa dai grandi campioni con cui mi allenavo e spero ora di farne tesoro”.
Hai accennato al Renate, che esperienza è stata?
“Per la prima volta mi sono affacciato al mondo dei grandi con una squadra di Serie C. Ho sofferto un po’ il cambio di vita e anche di gioco, nonostante tutto fosse iniziato al meglio. Durante la preparazione estiva ho sempre giocato facendo anche abbastanza bene. Alla prima di campionato il mister ha preferito Drago e la settimana successiva mi sono infortunato seriamente; quando sono tornato disponibile Drago stava facendo bene ed era giusto che lui continuasse a giocare. Mi sentivo comunque chiuso e col mercato di gennaio volevo valutare altre opportunità. Sono così rientrato dal prestito al Milan che, l’ultimo giorno di mercato, ha deciso di propormi di restare con la Prima Squadra e… la storia te l’ho raccontata”.
Una vita nelle giovanili rossonere del Milan.
“Sono arrivato a nove anni. Giocavo nell’oratorio Excelsior del mio paese e mi hanno notato. Sono stato a fare dei provini con Milan, Inter e Atalanta e i rossoneri mi hanno selezionato regalandomi una decina di anni bellissimi, faticosi ma bellissimi. Sono sempre rimasto ad abitare a Bergamo e tutti i giorni andavo ad allenarmi col trasporto organizzato”.
Chi ha segnato di più la tua carriera?
“Ho imparato, e ancora sto imparando, da tutti i preparatori che ho avuto. Se devo però farti un nome sicuramente ti dico Gigi Romano che, tra l’altro, qui a Varese conoscete bene perché è stato anche preparatore dei portieri in passato”.
Avanti e indietro da Bergamo a Milano per una decina di anni. Tutto questo restando sempre saldamente con la tua famiglia
“Assolutamente sì, è il mio punto fermo. Siamo in tanti, con papà Massimo e mamma Monica ci sono anche mia sorella Michela e i miei fratelli Mattia e Nicola; io sono il piccolo di casa. Nessuno di loro pratica sport, mio papà viene spesso a vedermi e quest’anno, col Varese che è stato inserito nel Girone B con tante squadre della mia zona, mi sento a casa sempre e loro possono seguirmi senza dover fare troppi chilometri”.
Vita privata?
“Sono fidanzato da due anni con Federica, lei studia medicina a Parma e siamo un po’ distanti ora, ma appena possiamo ci vediamo. Sono un ragazzo tranquillo, mi piacciono tutti gli sport e appena posso li pratico: tennis, ora padel, d’estate beach volley”.
Da bambino tutti sognano di fare il calciatore e di fare gol. Perché tu hai scelto di giocare in porta?
“Sono sempre stato alto rispetto ai bambini della mia età e così mi mettevano in porta, anche se in realtà mi è sempre piaciuto fare il portiere. Non ho un modello particolare a cui mi ispiro, cerco di essere me stesso e di rubare qualcosa a tutti”.
Quando sei arrivato al Varese le ambizioni erano altre rispetto alla situazione attuale di classifica.
“Varese è una piazza importante, con una storia alle spalle nel calcio professionistico e con una tifoseria vera. Non ho avuto dubbi nello scegliere Varese quando mi è stata data l’opportunità di venire qui. È vero, siamo partiti per fare un campionato di vertice ma le cose non sono andate come ci aspettavamo. In settimana lavoriamo bene, con impegno e professionalità, poi la domenica qualcosa non funziona e nemmeno noi riusciamo a capire la vera causa di tutto questo. Una cosa è certa: siamo un buon gruppo e sicuramente ci risolleveremo. Lo dobbiamo ai nostri tifosi che ci sostengono sempre e che meritano di venire allo stadio e tornare a casa felici”.
La concorrenza con Priori?
“Ho un ottimo rapporto con Elia. In allenamento parliamo tanto e ci consigliamo, c’è quella sana rivalità di chi sa che uno dei due gioca e l’altro sta in panchina. Ma questi sono problemi del mister (sorride ndr), noi pensiamo a lavorare e a farci sempre trovare pronti”.
Hai solo vent’anni ma hai già annusato la Serie A e vinto uno scudetto, hai ancora un sogno nel cassetto?
“Certamente, diventare un calciatore. Quello fatto fino ad oggi è niente, sogno di giocare in Serie A e di giocarci da protagonista”.
Michele Marocco