Di solito si dice che il capitano deve affondare con la sua nave, ma il vero capitano è colui che la nave non la fa affondare ma, al contrario, la tiene a galla per raggiungere la costa e salvare l’equipaggio.

È questa la missione di Edoardo Paroni, centrale difensivo classe ’98, che ha tutta l’intenzione di trascinare l’Union Villa Cassano verso la salvezza. La stagione dei cassanesi non è certo cominciata nel migliore dei modi: la sterilità offensiva (peggior attacco) e i troppi gol subiti (seconda peggior difesa) hanno disegnato l’attuale classifica che vede il Cassano ultimo con soli sette punti, a cinque passi dalla zona salvezza occupata dalla coppia Olimpia Ponte Tresa e Solese.

“Secondo me la squadra c’è – esordisce Paroni – e lo abbiamo dimostrato in tutte le partite, Cantù a parte perché è stata proprio una giornata no, perdendo sempre con uno scarto minimo. È evidente che qualcosa non stia funzionando come dovrebbe: secondo me ci è mancato quel pizzico in più di fame e di voglia che fa la differenza. Il nostro obiettivo è la salvezza e ce la possiamo fare, altrimenti non sarei qui: credo in questo gruppo e lavoriamo ogni giorno per uscire da questa situazione”.

Sappiamo che i dati non restituiscono il reale valore di una squadra ma, a conti fatti, con 12 gol all’attivo siete il peggior attacco e con 28 reti subìte la seconda peggior difesa del campionato; come interpreti questi numeri?
“Torniamo al discorso precedente: ci è mancata troppo spesso la grinta e la cattiveria agonistica che mi contraddistinguono come persona e come giocatore. So che anche per i miei compagni vale lo stesso, e so che in parecchie occasioni la sfortuna ha giocato un ruolo importante; questo non deve rappresentare un alibi, ma solo uno stimolo a far meglio. Siamo una squadra molto giovane con tanti ragazzi alla prima esperienza in una Prima Squadra: inserirsi in un contesto in cui va tutto bene e la classifica sorride è facile, farlo in una situazione del genere, in cui tra l’altro il feeling con il precedente mister non era mai esploso, non lo è affatto. È difficile mettersi in gioco, lo sappiamo, ma percepisco tanta voglia di fare”.

Domenica scorsa non era certo la partita da cui potevate aspettarvi di raccogliere punti e il 3-0 finale a favore della Solbiatese sembrerebbe testimoniarlo; ma in realtà la partita non è stata così squilibrata, dico bene?
“Esatto. È stata una bella partita e di sicuro molta gente non si aspettava che riuscissimo a giocare il primo tempo praticamente alla pari: con loro straprimi e noi ultimi si sarebbe dovuta vedere molta più differenza in campo. Chiaro che la Solbiatese è una grandissima guidata da un allenatore di categoria superiore e, a meno di clamorosi colpi di scena, vincerà il campionato, eppure noi non abbiamo sfigurato. Loro sono una corazzata, hanno giocatori in grado di risolvere il match in ogni momento e così è stato: Anzano ha sbloccato il match con un gol clamoroso e un rigore generoso nella ripresa ci ha tagliato le gambe. Peccato perché abbiamo dato battaglia e anche solo un punticino ci avrebbe fatto comodo”.

I punti serviranno assolutamente domenica prossima nel recupero contro la Solese. Domanda provocatoria: è l’ultima chiamata per voi?
“Non direi che è l’ultima chiamata perché il campionato è ancora lungo, ma mi trovo costretto a darti una risposta apparentemente banale eppure quanto mai vera: per noi, d’ora in poi, saranno tutte finali. In ogni partita dovremo scendere in campo a caccia di punti, sia contro squadre alla nostra portata sia anche contro le prime, come abbiamo fatto nel girone d’andata a Saronno. Che partita mi aspetto? Mi aspetto una guerra, non una partita. A causa della nebbia avevamo giocato solo un tempo, per cui partiamo dall’1-0 per noi e avremo 45’ di fuoco per portare a casa un match importantissimo. La vittoria servirebbe soprattutto per il morale”.

A proposito di morale, sei ottimista sulla ripartenza del 13 febbraio?
“In queste situazioni bisogna essere ottimisti, anche se negli ultimi anni è sembrato di essere in un loop: tutte le volte che arrivava il momento di ripartire succedeva sempre qualcosa per cui si doveva rinunciare. Mi auguro che questa sia davvero la volta buona”.

Ammesso che si riparta davvero il 13, analizziamo velocemente il vostro cammino: trasferta ostica contro la Besnatese, trittico con squadre alla vostra portata (Olimpia, Aurora e Valle Olona, ndr) seguito da un trittico decisamente più ostico con le sfide a Saronno, Morazzone e Meda. Tutte finali?
“Tutte finali, confermo. Non dobbiamo guardare alla classifica e confrontandoci nello spogliatoio ce lo siamo detti a chiare lettere: il 2022 è un anno nuovo, quel che è passato è passato. Siamo ultimi, ma da questo momento inizia un altro campionato e, indipendentemente da chi affrontiamo, dovremo sempre e solo guardare a noi stessi con la fiducia di poter raggiungere l’obiettivo. Ovviamente fare punti nel primo trittico ci darebbe quell’entusiasmo determinante per affrontare quello dopo e le partite dopo ancora”.

Torniamo su una frase che hai detto in precedenza: cosa non ha funzionato con mister Rivolta?
“Io lo conoscevo già dall’anno dell’Eccellenza in cui lui era venuto qualche volta in panchina in sostituzione di Antonelli. Per quanto mi riguarda è una bravissima persona; il problema è che sembrava non avesse il pieno controllo della squadra. Le cose sono andate in questo modo e gli auguro il meglio per la sua carriera”.

E adesso? Che effetto ti fa essere allenato da un tuo compagno di squadra?
“Tino è una bravissima persona. È sempre stato un giocatore di altre categorie in grado di fare la differenza e so che per lui non è semplice fare l’allenatore-giocatore, ma mi ritengo estremamente fortunato di avere a che fare con un uomo del genere. È una persona vera che ti dice le cose in faccia e mi ha fatto il piccolo regalo di darmi la sua fascia da capitano, un premio per le mia determinazione nel correre sempre e non mollare mai”.

Da capitano ti è già capitato di giocare insieme a lui e di rimproverarlo?
“No, assolutamente no (ride, ndr). Lui adesso il mister e dobbiamo fare ciò che dice. Il confronto c’è sempre stato e ci sarà sempre, ma siamo tutti uniti, lo ascoltiamo e remiamo nella stessa direzione per uscire da questa situazione”.

Cosa significa per te Cassano? Hai rinunciato a parecchie altre offerte pur di star lì…
“Nonostante io abiti a Busto Garolfo, per me Cassano negli ultimi anni vuol dire casa. Ho conosciuto questa realtà quando mi ero rotto il ginocchio al Milano City e sono sceso dalla Serie D: mister Antonelli mi ha voluto qui e non rimpiango la scelta. Tutte le persone che lavorano al Casanno darebbero l’anima per noi, la società è composta da gente per bene e mi sono sempre sentito coccolato. Il primo anno è andato male perché siamo retrocessi ai playout contro la Castanese: ho ricevuto diverse proposte ma non si è concluso nulla e a dicembre sono tornato qui perché non mi andava di lasciare una società che aveva fatto così tanto per me. Ho voluto sposare appieno il progetto e il mio obiettivo è far capire anche ai ragazzi più giovani quanto sia importante questa maglia: per me è facile giocare  e dare tutti, ma magari per altri è una maglia qualsiasi. Voglio che chiunque sappia quanto sia importante, seria e fantastica questa società”.

Per concludere, un augurio?
“In primis di riprendere e di finire la stagione, ma soprattutto di salvarsi. Io sono uno molto emotivo, sto proprio male per la posizione in classifica perché so che questo gruppo non la merita: quando la domenica va male io la notte non dormo e mi porto dentro la rabbia per tutta la settimana… diciamo che questa stagione sto dormendo poco (sorride, ndr). Siamo una squadra giovane e per il futuro ci sono ampi margini di miglioramento, ma per il momento è doveroso concentrarsi solo sul presente: non esiste più l’io, ma il noi, e tutti insieme ci salveremo”.

Matteo Carraro

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