Nel nostro viaggio all’interno del mondo Varese Basketball non potevamo non passare da coach Giovanni Todisco. 34 anni passati in maglia Robur Et Fides, come giocatore prima e come allenatore poi, il ruolo di responsabile del settore giovanile di ABA e poi l’arrivo a Varese Basketball.
Coach, 34 anni di Robur e oggi in Varese Basketball, il frutto dell’unione tra i gialloblu e la Pallacanestro Varese. Come vive questa collaborazone tra le due società?
“La vivo benissimo, perché il progetto e l’idea di provare a lavorare insieme negli anni in cui ho allenato in Robur, anche con la carica di responsabile del settore giovanile gialloblu, è sempre stata una mia idea. I tentativi sono stati diversi, portati avanti a più riprese ma c’è sempre stato qualche intoppo finale. Il fatto di vedere realizzato oggi qualcosa a cui ho sempre tenuto è bellissimo. I rapporti infatti, al di là di una sana rivalità, sono sempre stati ottimi con tutte le componenti di Pallacanestro Varese. Essere stato chiamato a partecipare all’ inizio di questa nuova era cestistica per Varese mi ha riempito di orgoglio, non ci ho pensato su nemmeno mezza volta e ho subito dato la mia decisione e disponibilità con il massimo entusiasmo ed energia, che sono le componenti che hanno sempre caratterizzato il mio modo di lavorare“.
Il suo modo di lavorare, riparto da questo concetto e le chiedo come si trova a lavoare con la filosofia instaurata dal nuovo corso, che punta in maniera anche estremizzata sul concetto di player development?
“Alla base di questo magnifico gioco e disciplina sportiva che è il basket, c’è la crescita individuale. Senza di essa non c’è la possibilità poi di ottenere dei risultati. Quindi, partendo da questo presupposto, è chiaro che l’idea del nuovo corso di puntare su uno sviluppo diretto e concreto dei singoli ragazzi o player development, si sposi anche con il mio pensiero. Un lavoro che parte da una modalità diversa di fare allenamento, in cui possiamo dividere i ragazzi in vari gruppi, seguiti da almeno 3 figure come allenatore capo, assistente e preparatore fisico e che ci consente di farli migliorare notevolmente aumentando il numero di ripetizioni dell’esercizio. La possibilità di poter lavorare con 4-5 ragazzi al massimo per un determinato periodo di tempo permette di fare un lavoro tecnico approfondito e anche un lavoro fisico mirato, perché la presenza del preparatore, Marcelo Lopez, persona umanamente squisita e professionalmente preparatissima affiancato da D’Ascanio, ci dà la possibilità di sviluppare questo lato. Negli anni passati si faceva molta più fatica ad avere un preparatore disponibile, mentre oggi si fanno diverse sedute alla settimana con questa figura che sviluppa in maniera totalmente più approfondita la parte fisica. Di questo miglioramento beneficiamo tutti perché poi anche il nostro lavoro di allenatori è nettamente più qualitativo. Dal punto di vista tecnico, poi, c’è grande allineamento con la società. Abbiamo accolto tutti con grande entusiasmo le novità portate da Scola e dal suo staff e personalmente ritengo che, a qualsiasi età, sia bello potersi confrontare con cose nuove e diverse, avendo la possibilità di sperimentare e crescere. Le idee di base non sono diverse da quello che è sempre stato il mio modo di vedere la pallacanestro giovanile: ovvero grande ritmo di gioco e mai abbassare la velocità di esecuzione per la paura di sbagliare, anche perché l’errore, a livello giovanile, porta solo insegnamenti. Tutto questo abbinato alla mia idea di utilizzare grande energia a livello difensivo. D’innovativo c’è il tanto lavoro nel tiro dal perimetro, con la capacità di leggere in tempi rapidissimi, una volta ricevuto il pallone, quella che può essere la soluzione più opportuna. Giocare in 1vs1 in maniera rapida ed efficace per andare al ferro, lavorando tanto sugli scarichi per migliorare il tiro da fuori. E’ un modo di giocare che entusiasma i ragazzi stessi e il fatto di giocare sovraritmo ci permette tante volte in partita di non arrivare mai con il fiato corto“.
Lei allena il gruppo Under 17, annata 2006, che gioca il campionato d’Eccellenza. Come valuta il percorso dei suoi ragazzi finora?
“Positivamente. Oltre a questo gruppo gioca lo stesso campionato anche l’annata 2007. Abbiamo deciso di tenere le squadre divise perché anche Robur aveva acquisito il diritto a partecipare al campionato. Sono due annate con profili molto interessanti: ad esempio nel gruppo 2006 che alleno io, lavorano e giocano in Serie B due ragazzi come Carità e Assui, mentre nel gruppo 2007 ci sono elementi super interessanti come Tomas Scola e Bergamin, che è un ragazzo già tenuto in grossa considerazione a livello di Nazionali giovanili. Entrambi i gruppi stanno facendo un ottimo percorso, siamo inserite nello stesso girone, nel quale fa parte la corazzata Armani Milano, una squadra decisamente fuori categoria. Parlando più specificatamente solo del gruppo 2006, tolte le due partite con Milano, abbiamo vinto tutte le altre e pur mancando due turni alla fine della prima fase abbiamo già conquistato il diritto di accedere ai playoff , in un turno composto da 3 partite, due delle quali che giocheremo in casa e che ci potrebbero portare al giorne Interregionale del campionato, sicuramente un traguardo ambizioso“.
Un traguardo figlio dei risultati eventuali che andrete a realizzare nelle prossime partite. Ecco i risultati, quanto sono importanti in questo nuovo percorso?
“Il nostro e un progetto che guarda ben al di là del mero risultato del campo. Ritorniamo a quello che ci siamo detti all’inizio. Lo scopo del nostro lavoro è quello di far migliorare i ragazzi, cercando di mettere ogni giorno un mattoncino in più, non solo a livello tecnico e fisico ma anche e soprattutto a livello mentale. Se poi quello che facciamo riesce a portare risultati alla società tanto meglio ma non è il focus primario del nuovo corso. E’ chiaro che avendo come vertice della piramide la Serie A l’obiettivo è quello di portare quanti più ragazzi in Prima Squadra, sapendo che abbiamo anche uno step intermedio come il Campus che è un altro traguardo importante per il nostro lavoro“.
Il progetto Varese BasketBall, il settore giovanile ABA di cui è stato responsabile lo scorso anno, l’Hub del Sempione, Varese School Basket, l’unione tra Academy e Varese Young Eagles, insomma la concorrenza è tanta. Pensa che tutta questa competizione con realtà sempre più strutturate sia un bene per il vostro nuovo progetto?
“Devo dire che per il movimento cestistico in generale, avere tante realtà importanti con progetti seri è fondamentale per lo sviluppo del movimento stesso. Sicuramente i vertici di Varese Basketball non lavorano per portare via prospetti a nessuno. E’ chiaro che il creare diversi livello potrà dare a questo grande numero di ragazzi che praticano basket la possibilità di trovare il proprio ambiente migliore nel quale crescere. Varese Acaemy ha una prima squadra in CGold, Legnano ha una squadra di B che punta all’A2, Sangiorgio e Gallarate sono realtà di metà classifica in B e il Campus gioca dando la possibilità a tanti giovani di confrontarsi con un livello altissimo come quello nazionale. Insomma, realtà diverse ma tutte con target differenti che offrono ad un ragazzo la possibilità di collocarsi nella massima categoria della propria società di appartenenza senza dover andare lontano. Ben vengano queste realtà e quel pizzico di sana rivalità motivante che si crea. Il confronto diretto con gli altri non può che essere un incentivo per lavorare e per farlo sempre di più e sempre meglio, con l’obiettivo di costruire un futuro migliore, senza invidie e senza gelosie magari anche con idee diverse come stiamo facendo noi“.
Alessandro Burin
Foto di Camilla Bettoni Varese Basketball