Siete amanti delle proporzioni matematiche? Eccone allora una in salsa musicale con sfondo calcistico: “Splendida Giornata” sta a Vasco Rossi, come Splendida annatasta al Varese 2015-2016. Già, perché quella squadra stupefacente si rese protagonista di una stagione che il Blasco definirebbe “stravissuta e senza tregua”, riuscendo a dominare il campionato di Eccellenza senza concedere alcuna sconfitta nonostante la fresca rifondazione post fallimento.

Sette anni fa, di questi tempi, la città era in festa, accompagnando con rinnovata passione l’euforia di un gruppo che seppe trionfare sul campo e al contempo riportare speranza e fiducia tra i tifosi, come sottolineato da uno dei suoi maggiori interpreti, Francesco Viscomi: “Eravamo in totale simbiosi con il pubblico. Ricordo che il giorno in cui vincemmo il campionato, all’Ossola erano presenti qualcosa come cinquemila persone, un numero impressionante per un match di Eccellenza. Il solo ricordo mi fa venire la pelle d’oca“. A fargli eco ci pensa Francesco Luoni, suo compagno di reparto: “Stagione fantastica sotto ogni punto di vista, si era creata un’alchimia che coinvolgeva tutti, tifosi compresi. È stato semplicemente bellissimo“.

27 vittorie e tre pareggi in trenta giornate, un impressionante score che non era mai stato raggiunto nella storia biancorossa. Le ottantotto reti siglate nell’arco del torneo passarono soprattutto dai piedi del bomber, quel Carmine Marrazzo capace di entrare 39 volte nel tabellino dei marcatori (di cui 33 proprio in campionato) e, di conseguenza, nella storia della società: “Sono convinto che di quell’impresa se ne parlerà ancora per tanti anni. Varese è una città che vive di sport, la gente aveva bisogno del calcio e aveva voglia di tornare allo stadio. Sapevamo quindi quanto fosse importante ripartire alla grande dopo la ricostituzione del club. Durante il ritiro estivo ci siamo guardati in faccia con i compagni e ci siamo detti che non bastava vincere, avremmo dovuto fare qualcosa di devastante, e così è stato“.

Una delle pagine più belle in quella stagione da sogno è stata scritta dal veterano Mavillo Gheller, che senza esitazione tornò a Varese per rimettersi in discussione nonostante i quarant’anni appena compiuti, chiudendo alla grande il suo personale cerchio biancorosso: “Praticamente non giocavo da due anni, tornai in campo solo per il Varese. Ancora oggi ringrazio coloro che hanno voluto che io partecipassi alla rinascita di quella società. Ricordo che la ripartenza ad agosto non fu particolarmente facile, c’era un bel via vai di giocatori; arrivammo al primo match di Coppa a Trezzano che faceva un caldo esagerato ed eravamo praticamente decimati. A giudicare dalle premesse, forse non ci si aspettava che quel gruppo potesse diventare così impattante, ma il segreto era racchiuso nella coesione oltre ad una grande qualità tecnica“.

Tra i firmatari di quell’esperienza senza eguali ecco il valceresino Samuele Piccinotti, tornato a Masnago per amore della maglia: “Proprio in questi giorni i social network mi hanno suggerito l’anniversario di quel magico momento, ricordandomi quegli attimi di pura gioia. Arrivavo da due stagioni in Serie D, non era quindi così scontato scendere di categoria ma ricordo come se fosse oggi il momento in cui il direttore Scapini e mister Melosi mi chiamarono, anche perché ero a un matrimonio. Inutile dire che corsi per parlare con loro e accordarci. Eravamo una squadra fortissima e penso che lo dimostrammo con merito, oltre ad essere davvero uniti tra noi. Quell’anno i tifosi ci seguirono con una passione impressionante, erano il nostro orgoglio tanto in casa quanto in trasferta“.

Colui che ha avuto il merito di aver cementato quel gruppo e di averlo condotto alla gloria sul campo è mister Giuliano Melosi, il quale non risparmia parole al vetriolo riguardo alla conclusione della sua storia biancorossa: “Fu una cavalcata magnifica, portammo entusiasmo in città e i tifosi ci ripagarono assicurandoci una corposa presenza sugli spalti. Il rammarico è quello di non essere stato l’allenatore del Varese in Serie D, non ebbi la chance di proseguire col lavoro svolto e sono convinto che avremmo potuto vincere nuovamente il campionato. Non a caso l’anno dopo cambiarono tre allenatori (Ramella, Baiano e Bettinelli, ndr) e persero il campionato per soli tre punti”.

Il piacere della commemorazione però non può che contrastare con la mesta realtà, specchio di un vissuto contrario rispetto a quanto trascorso nel 2016. La terz’ultima piazza momentaneamente occupata, e un rendimento insoddisfacente, rappresentano pienamente lo sconforto provato tanto dall’ambiente varesino quanto dalla tifoseria, sempre più assente e schietta nell’espressione delle critiche. Un sentimento che accomuna anche i protagonisti di questo articolo, uniti nell’esternare il proprio dispiacere a riguardo.

Secondo Viscomi non è il caso di cercare alibi, poiché: “Dopo la vittoria dei playoff a Sanremo, sono state fatte delle scelte sbagliate a fronte di aspettative troppo alte, pertanto chi ha sbagliato deve assumersi le responsabilità del caso”. Ad ogni modo, l’ex capitano biancorosso rimane speranzoso per il futuro “Per il bene di amici fraterni quali Francesco Gazo e per la tifoseria, bisognosa di una squadra che entri in simbiosi con loro e garantisca credibilità”.

Se Piccinotti e Melosi (tra non molto di ritorno all’Ossola per il cruciale scontro salvezza tra il Varese e la sua Folgore Caratese) concordano nel considerare la rosa biancorossa, specie quella di inizio stagione, all’altezza per affrontare un campionato ben diverso rispetto a quello palesato nella realtà dei fatti, Marrazzo invece non usa mezzi termini nel definire brutta” la circostanza attuale, “immagine riflessa di una rosa costruita male e che fatica a giocarsela“. A collimare è comunque l’augurio collettivo affinché la società possa tornare a coinvolgere ed entusiasmare una comunità meritevole di risultati appaganti.

Gheller cerca consolazione nell’auspicio che i biancorossi riescano in una salvezza che, allo stato attuale, sembra assumere i contorni dell’impresa sportiva: “Tutti si augurano che il Varese riesca a mantenere la categoria, ma per farlo è necessario vincere e ultimamente questo non sta accadendo. Purtroppo devo constatare che la situazione che si sta creando è molto simile all’ultima retrocessione del Varese dalla Serie D all’Eccellenza. Mi riferisco all’annata 2017-18, bastarono pochi mesi per distruggere il grande gruppo creato che stiamo oggi celebrando e pochissimo altro tempo per sprofondare. Non sono addentro alle dinamiche attuali, ma un filo conduttore c’è ed è quello legato a chi ha costruito la squadra allora e lo sta facendo anche oggi. Non faccio nomi e supposizioni mi limito a commenatre i numeri. Detto questo rivolgo un grande in bocca al lupo a Gianluca Porro, mi spiace che non gli sia stata concessa la possibilità di lavorare durante tutto l’arco della stagione. Sono sicuro che, se lasciato in pace, lui e i suoi giocatori sarebbero venuti fuori alla grande partita dopo partita“.

Non è possibile e non è giusto paragonare il Varese del periodo 2015-2016 alla versione attuale, espressioni di momenti e personalità troppo differenti tra loro. Il tempo può essere tanto tiranno quanto galantuomo a seconda delle azioni e delle reazioni ad esse connesse. Ad oggi la tirannia si manifesta nella razionalità dei tifosi: delusi, rassegnati, stanchi di leggere un copione fallace e desiderosi di cambiamenti immediati; la galanteria invece prende vita nell’amore per quella maglia biancorossa, tanto idolatrata quanto sognata, capace di generare speranza perpetua per la squadra che l’Ossola fa vibrar. E se è vero che l’attesa attenua le passioni mediocre per aumentare le grandi, allora non ci resta che aspettare.

Dario Primerano

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