Otto le stagioni passate alla Varesina, in quella che per forza di cose era diventata, e continuerà sicuramente ad essere, la sua casa rossoblù. L’inizio di tutto, la scuola di calcio e di vita che l’ha formato, il trampolino che alla fine, dopo un addio doloroso e allo stesso tempo carico di aspettative, lo ha lanciato sulla panchina di una Prima Squadra di Eccellenza.

Come reso noto dal club con il sopraggiungere della nuova settimana, Ferdinando Fedele è ufficialmente il nuovo mister dell’Ardor Lazzate, separatosi, qualche settimana fa, dall’altrettanto giovane mister Stincone. Tante le soddisfazioni che il tecnico ha potuto togliersi in quel di Venegono, dalla duratura e stretta collaborazione con mister Spilli, sia in Eccellenza che in Serie D, al titolo di vice campione d’Italia con la formazione Juniores, fino all’incarico di Direttore Tecnico del Settore Giovanile. Ora, per lui, l’inizio di una nuova esperienza, questa volta da indiscusso protagonista, in un ambiente che come sempre punta a distinguersi.

Mister, otto anni sono un capitolo importante della tua vita calcistica. Cosa ti hanno lasciato più di ogni altra cosa e quanto ti è costato prendere una decisione del genere?
“Otto anni sono tanti. Facendo un paragone con il mondo della scuola, è come iniziare le medie da ragazzino e uscire dalle superiori che si è quasi un uomo. Il mio percorso calcistico può essere considerato sotto quest’ottica: quando sono arrivato ero molto giovane, sono cresciuto insieme alla società e spero di averla aiutata anch’io a crescere. Sicuramente andare via è stata una scelta difficile, perché la qualità del lavoro che si riscontra in Varesina raramente si trova in altre realtà, ma era anche un passo necessario per poter continuare a migliorarmi professionalmente”.

Alla Varesina hai avuto modo di confrontarti con diverse realtà e interagire con giocatori di tutte le età, dai ragazzi delle giovanili ai veterani della Prima Squadra. Può essere un vantaggio per questo nuovo inizio?
“Da questo punto di vista è stata di sicuro un’esperienza molto positiva che mi ha permesso di interfacciarmi con diverse tipologie di persone, prima ancora che calciatori. Instaurare un rapporto con un ragazzo di sedici o diciassette anni non è la stessa cosa che confrontarsi con un ragazzo magari più grande di te, come poteva essere Spadavecchia nel mio caso. È stata sicuramente una grande opportunità per ampliare le mie conoscenze umane, oltre che calcistiche, e per maturare quella visione d’insieme che aiuta a rapportarsi coi giocatori in maniera educativa e formativa”.

Arrivi in ambiente dinamico, già abituato a una panchina giovane. Come ti approcci a questa sfida e cosa vorresti portare in particolare in gialloblù?
“L’impatto che ho avuto a Lazzate è stato importante e la prima cosa che ho percepito è stata una forte energia positiva. Ho trovato una società giovane e ambiziosa, con tanta voglia di stupire e crescere ulteriormente. Era praticamente quello che cercavo come allenatore, quindi le nostre destinazioni si sono incrociate alla perfezione. Conoscendo da anni il direttore sportivo, è bastato poco per capire che poteva nascere una sinergia importante tra di noi. Arrivare in un ambiente vivo e sano è sicuramente stimolante, quindi quello che voglio portare è fondamentalmente il mio entusiasmo e le conoscenze acquisite durante la mia carriera”.

Quali saranno le tue prime mosse in vista della prossima stagione? E in generale, quali gli obiettivi di questa Ardor Lazzate?
“Al momento siamo già al lavoro per costruire la squadra. Fortunatamente, è un settore in cui ho già esperienza dato che la formazione delle squadre del Settore Giovanile della Varesina era un compito impegnativo per il quale ho potuto imparare da gente più esperta e più capace di me. Sarà lo stesso anche qui, dove insieme al direttore si spera di fare un ottimo lavoro. Solo nel momento in cui avremo delineato la fisionomia della rosa potremo definire in modo più preciso gli obiettivi per questa stagione. Quel che è certo è che l’ambizione è alla base di tutto e che la voglia di fare bene è molto alta sia da parte mia che della società. Dopotutto ci si sposa in due (ride, ndr) e per me non poteva esserci matrimonio migliore”.

Silvia Alabardi

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