Di origine siciliana, ma cresciuto a Varese, il trentacinquenne Claudio Fulco ha sempre coltivato un certo fascino per la cultura nipponica e non ha esitato ad avventurarsi nel mondo del Kendo, una disciplina meno conosciuta rispetto a Karate e Judo, diventandone in fretta un Maestro. Ad oggi il dojo varesino Kyushin-ryu Kendo è un punto di riferimento per la provincia varesina e lo stesso Fulco ci introduce ai suoi segreti.

Come si avvicinò al Kendo?
“Mentre frequentavo il liceo scientifico, il mio professore di disegno e storia dell’arte, che era anche Maestro di Kendo e intendeva riaprire il suo dojo, chiese se qualcuno volesse provare a frequentarne un corso. In due fummo interessati: in generale, mi ha sempre affascinato la cultura giapponese, e all’ epoca ero molto incuriosito proprio dal Kendo, un’arte marziale nipponica meno conosciuta e diffusa in Occidente rispetto a Karate o Judo. Quando si inizia a praticarlo occorre apprenderne i corretti movimenti, sia dritti che in diagonale, per poter colpire con la spada, appoggiando i piedi prima con la punta e poi con il tallone”.

Quali sono le origini di quest’ arte marziale?
“Nel Basso Medioevo, in Giappone, durante lo Shogunato o periodo feudale Muromachi, vi erano molte scuole di spada a fini bellici, ma le prime di Kendo nacquero solo dopo il 1500 con l’approdo delle armi da fuoco. Nel secolo successivo, durante la permanente pace del Periodo Edo, nome antico dell’attuale capitale Tokyo, il Kendo si evolse in senso molto più filosofico e prevalse il concetto di via della spada giapponese, inteso come portatrice di vita. Prima della Grande Guerra, i combattimenti prevedevano anche delle proiezioni e delle spazzate, che sono attualmente assenti negli odierni duelli sportivi e agonistici, nei quali si impiega lo shinai, o spada di bambù”.

Qual è lo scopo della vostra uniforme?
“Si tratta del kendoji, una semplice veste la cui parte inferiore è l’akama, una gonna-pantalone, che richiama l’abito tradizionale giapponese; indossiamo anche il bogu, l’armatura che protegge dai colpi dello shinai, mentre il volto è coperto dal men, un elmo dotato di una griglia (che permette di vedere) che coinvolge anche le spalle. Il pettorale è invece protetto dal do, simile ad uno scudo che copre lo sterno, il ventre e i fianchi, e sotto vi è il tarè, una protezione per l’inguine e parte delle gambe, in caso di colpi eccessivamente bassi. Infine, questa divisa prevede anche lo zeken, simile ad un cartiglio, per poter scrivere il proprio nome e il dojo di appartenenza. Il nome del nostro, “Kyushin-ryu”, significa in giapponese “arte di allenare il proprio spirito”: non a caso, il Kendo non è solo un combattimento fisico, ma anche un percorso che aiuta a superare le proprie difficoltà interiori”.

Come avviene un combattimento di Kendo?
“Sono previsti diversi generi di duelli. Nel Jijeiko si studia e analizza l’efficacia delle proprie tecniche, mentre nello Shiai, il caratteristico del Kendo sportivo con degli arbitri, si vince ottenendo due ippon, o punti, colpendo l’avversario sulle parti del corpo protette dall’armatura con l’estremità più avanzata della spada di bambù. I combattimenti nel Kendo hanno anche la finalità di comprendere gli avversari sul piano razionale ed emotivo. Nel complesso, questa disciplina deriva dal Bushido, ossia l’etica cavalleresca dei Samurai, e attualmente si combatte a piedi, mentre nella fase bellica si lottava anche a cavallo. Durante un duello sono regolari quattro colpi, fra i quali il men alla testa, il kotè sull’avambraccio posteriore, il do al busto sotto le costole, e lo tski alla gola, ma solo ed esclusivamente sulle parti protette dall’armatura. Sono proibiti i colpi sulle parti del corpo non protette, quelli dal basso verso l’alto e quelli a mano nuda. Durante il combattimento non sono incluse delle tecniche di parate, ma è possibile solo schivare i colpi. Il Kendo comprende dieci Katà, o simulazioni di combattimenti, con diverse posizioni nelle quali, oltre allo shinai o spada di bambù, si usa anche la katana in metallo o legno oppure anche il kodachi, una piccola spada lignea”.

Come si svolgono gli esami di Kendo?
“Per indicare i vari livelli non abbiamo le cinture colorate, ma solo dei gradi, come i Kyu e i Dan. Fino al conseguimento del secondo Kyu gli esami sono all’interno del dojo e l’atleta deve dimostrare un buon combattimento e un corretto katà. Dal primo Dan, l’esame è federale; prevede anche una prova scritta relativa ai concetti filosofici del Kendo e alla descrizione dello shinai. Solo dopo il quarto Dan è possibile ottenere la qualifica di istruttore, in seguito ad aver appreso anche delle nozioni di sicurezza e primo soccorso”.

Quali nazionali sono più abili in quest’arte marziale?
“In generale è praticata sia da uomini che da donne: la nazionale italiana maschile si è classificata vice-campione d’Europa nel 2022 per cui il nostro livello non è male. Un’altra nazione europea di buon livello è la Francia, nella quale risiedono da molti anni dei maestri di origine giapponese che ne hanno diffuso la pratica. La terra del Sol Levante, inevitabilmente, domina nel Kendo a livello internazionale; finora, la Corea ha vinto un solo mondiale. La nostra realtà? Nel nostro dojo siamo in dieci e intendiamo lavorare per poter poi così raggiungere lo stesso livello alto di cui godono attualmente i kendoka nipponici”.

Nabil Morcos

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui