Oggi, se le cose non dovessero andare, sarà la mia ultima partita al seguito della Pro. Sono entrato allo “Speroni” nella pancia di mia mamma e da allora questo ha rappresentato, quasi in toto, la mia vita. Questo mondo mi ha regalo dei fratelli maggiori, amici veri e tante persone che mi hanno aiutato a crescere e a diventare uomo anche con qualche salutare schiaffone. […].” Ed invece era andato tutto bene con la Pro Patria che aveva passato un altro crocevia importante della propria storia vincendo un campionato dopo 11 anni di sole sofferenze.

Era il 2013 quando l’intervistato di oggi pubblicava un lungo post su facebook di cui abbiamo ritagliato una parte. Paradossalmente entrando allo stadio in vita e non più da nascituro ha rafforzato un cordone ombelicale che oltre che diventare indistruttibile, ha aiutato ad unire ed appassionare altri seguaci, come il sottoscritto, ma che si è anche impregnato di emozioni, sconfitte (tante) e vittorie (qualcuna) insieme ad una marea di esperienze che proviamo a ripercorrere partendo da Busto ed attraversando l’Italia come ha fatto pressoché ogni due domeniche da decenni.

Andrea Macchi, con un tifoso DOC come te non si può non partire dal presente con la Pro che non ha fatto un inizio di campionato positivo. Cosa non è andato finora?
“Sicuramente i giocatori che dovrebbero comporre l’ossatura della squadra stanno faticando più del previsto per diverse ragioni; mi riferisco a Bertoni, Nicco, Lombardoni eccetera. La squadra è molto giovane, come l’allenatore, quindi ci vuole (più) tempo ad assimilare ed assimilarsi. Siamo solo all’inizio, i conti si fanno alla fine anche se riuscire a reggere ogni anno in un campionato del genere è sempre difficile ed oltre alla bravura ci vuole anche quel pizzico di buona sorte”.

Domenica, ma è solo uno dei tanti esempi, siamo rimasti colpiti dall’eccessivo silenzio che c’era allo stadio e di certo la sconfitta non c’entra nulla. Era il 2010 e ci si lamentava di un numero di spettatori per cui oggi firmeremmo, era il 2019 e si rimaneva stupiti dalle poche presenze… Si è andati oltre, siamo ai minimi storici. Perché?
“Purtroppo, c’è disinteresse nei confronti della Pro Patria così come nei confronti di tutte le società simili della nostra zona. I più anziani sono disillusi, i più giovani vogliono sposare modelli sempre vincenti ed accattivanti da mostrare sui social. Tifare una squadra come la Pro è per il 95% dei casi sacrificio e fatica. Per tanti probabilmente non ne vale la pena.

Proseguiamo con un altro pezzo del tuo post con cui abbiamo iniziato: Sono convinto però che a questo punto si stia andando un po’ oltre, non è più un discorso sportivo, è un discorso di dignità delle persone. Ho letto di persone che hanno rinunciato a vedere i figli, persone che sono tornate dagli USA e dalla Cina per coltivare un sogno, persone che non hanno dormito per l’ennesima volta. Mi ci metto pure io che ho rinunciato ahimè ad una carriera arbitrale che, forse, avrebbe potuto regalarmi qualche soddisfazione per portare avanti questa passione. Secchi: cosa è per te la Pro Patria?
“Ormai è banale rispondere che sia la metafora della vita, però è un filo conduttore della mia famiglia che lega tutti noi alle nostre radici. È sempre stato un aspetto predominante nella mia famiglia e va ben al di là del calcio. Mi rattrista sentire dopo una sconfitta la frase “meno male che non sono venuto”, si va per ciò che rappresenta non solo per il risultato che spesso è realmente un dettaglio”

Nel cielo c’è una lunga schiera di stelle biancoblù che ci guardano e che ci hanno lasciato troppo presto: familiari, amici, tifosi, giocatori, allenatori… Che Pro Patria vedono?
“Vedono una Pro Patria solida e seria da ormai tanti anni grazie alla famiglia Testa. E questa è la cosa più importante ed è una ricchezza incredibile. Dall’altro lato sono sicuramente amareggiati per il disinteresse che serpeggia in città. Inspiegabile e, sinceramente, molto facile da attuare”.

Un disinteresse che hai voluto combattere con tutto te stesso diventando ormai da tempo un punto di riferimento per le trasferte ovunque si giocasse.
“Semplicemente, e mi duole dirlo, ho dovuto colmare un vuoto che si è creato col disimpegno di tante persone. Ho voluto e dovuto farlo. Sono circa 15 anni che sono in prima linea e ti dico che sono un po’ stanchino”.


Proseguiamo sugli stessi
binari: spesso e volentieri in ambito Pro Patria hai messo in campo prese di posizioni forti che hanno causato anche discussioni e/o parole.
“Sono una persona che si espone sempre, in qualsiasi ambito della mia vita. L’ho fatto pubblicamente anche quando ho sbagliato nella mia vita privata quindi figurati se non lo faccio per la nostra Pro Patria. È un dovere e un obbligo morale per me. Tanti negli anni hanno voluto vederci ricerca di visibilità. Mi viene da domandare loro: a che pro? Di certo, se non mi fossi esposto, avrei qualche capello bianco in meno, qualche ruga in meno, qualche relazione sentimentale in più e soprattutto ben altro conto corrente (ride ndr). Quindi, ci vedete malafede? Io non credo. L’ho fatto per la Pro, a volte ci ho preso, tante altre volte meno”.

Se avessi la possibilità di cambiare una, una sola cosa dell’ambiente, quale sarebbe?
“Vorrei ci fosse più positività, più entusiasmo e meno retro-pensieri. A volte la realtà è più semplice di quanto si possa immaginare”.

A proposito di ambiente e prese di posizione, chiunque di noi ha sentito spesso e volentieri mezze frasi o visto mezzi sorrisi di scherno riguardanti la Pro Patria sempre in modo negativo. Ma da quanto vanno avanti questi pensieri incomprensibili?
“Li ho sempre sentiti. Mi ricollego alla domanda sopra. Forse è insito nella cultura di noi bustocchi. C’è poco ottimismo, si pensa ci sia sempre malafede, si è ipercritici. Mi sono convinto che per tanti sia una forma di difesa, mostrare il lato entusiasta e felice è quasi una colpa a Busto. Retaggi del passato laborioso”.

Cosa ha Busto Arsizio e la Pro Patria che gli altri non hanno?
“La storia e la maglia. E comunque la capacità in un modo o nell’altro di “sopravvivere” a determinati livelli in modo dignitoso. E fidati che non è poca cosa”.

In effetti la Pro Patria ha navigato in ogni acqua nera possibile ed immaginabile ma ne è sempre uscita: c’è una volta in cui hai temuto che sparisse davvero e quando?
“Tanti hanno la memoria corta ma quando ero un bambino la Pro era pressoché sparita e finita nel dimenticatoio. Eravamo in Eccellenza con nessuna prospettiva reale di risalita. No, non ho mai temuto sparisse perché, come ho detto poco fa, Busto avrà tanti difetti, non cura come dovrebbe i propri gioielli ma ne è estremamente gelosa. La Pro ha più di 100 anni e stai certo che vivrà altri 100 anni e 100 ancora nonostante tutto quello che ha dovuto subire”.

Cosa non hanno Busto Arsizio e l’ambiente Pro Patria che gli altri possono vantare?
“L’ambizione, la volontà di osare, di sognare, di crederci. La voglia di migliorare le cose. Questo manca. C’è sempre, in sottofondo, una certa tendenza alla mediocrità. E questo mi dispiace”.

Torniamo a quanto scritto sui social 10 anni fa con un’altra domanda secca: si può dire che hai messo da parte quantomeno una fetta importante di vita per la Pro?
“Per certi versi sì. Alla fine, il fatto di non avere una famiglia mia, di non aver voluto fare una carriera arbitrale o di avere una carriera lavorativa, per ora, non totalmente sviluppata, diciamo così, è perché ho sacrificato tempo ed energie alla causa. Sono scelte. Difficile dire se ho fatto bene o male. Spero sempre un giorno di coronare questo grande sogno e nel frattempo di completare anche altri aspetti della mia vita”.

Il sogno si sa, ma non si dice, il sottoscritto per esempio ha riconosciuto pienamente i meriti del Lecco che è salito in B, ma ha faticato a digerire l’ennesima promozione di una vicina di casa e/o di una rivale. Per te è un boccone difficile da digerire?
“Non ci penso più di tanto. Anzi, l’esempio del Lecco mi ha fatto pensare: allora si può!“.

Chi scrive gradisce saltare dal passato al presente: questa Pro Patria si riprenderà?
“Te lo dico già: sarà molto più dura rispetto agli altri anni. Soprattutto perché il girone A è una B2 a livello tattico e tecnico. Lo dicono sempre al sud parlando del Girone C, stavolta lo diciamo noi”

Per tanti il talentino Jonathan Pitou potrebbe essere l’ago della bilancia della stagione biancoblù: dove arriverà in futuro?
“La risposta è quella che vale per tutti i calciatori di talento: dipenderà da lui e dalle situazioni più o meno fortunate che troverà sulla sua strada”.

Nella storia della Pro Patria chi è per te IL Capitano?
“Serafini ma permettimi di metterlo allo stesso piano di Zaffaroni. Due leadership diverse ma storiche”.

Ora viene il difficile: le tre partite più belle e più brutte in assoluto?
“Le tre più belle: i due derby col Legnano campionato 95/96 e ho nel cuore la semifinale di ritorno di Coppa Italia col Padova finita ai rigori. Potrei citarne tante. Le tre più brutte: la finale play off a Salò 2011, il play out a Lumezzane 2015, più l’andata che il ritorno (la Pro arrivava a passo di carica e da favorita dopo un anno tremendo ma tre giorni prima esplose la bomba calcio scommesse ndr) e, se posso, a pari merito tante partite in trasferta magari veramente in pochi, col freddo, l’acqua e la squadra in fondo alla classifica. Non mi vergogno a dire che tante volte ho pianto dal dispiacere per la situazione.

Il posto più bello che hai visto grazie alla Pro Patria?
“Penso di aver visto quasi tutti Italia, forse Trieste è il posto dove torno sempre volentieri”.

Ultima sfida con il Legnano targata 2009, ultima con il Varese 2010… Quanto ti mancano i derby?
“Ormai sono un lontano ricordo e ricollegandomi a qualche domanda precedente non saprei nemmeno quanto siano sentiti ora. Forse in questo caso meglio vivere di ricordi”.

Concludiamo con altre domande di difficile risposta: ci fai la tua Top 11 da quanto segui la Pro? Te l’ho chiesta tante volte senza successo, quale miglior occasione…
“Domanda con risposta impossibile. Provo mettendola in campo bene e provando a rispettare le posizioni ed i numeri di maglia vecchio stile: Anania, Guida, Benedetti, Manicone, Zaffaroni, Salvalaggio, Ferretti, Barbieri, Mezzini, Serafini, Le Noci… ma ne sto dimenticando veramente troppi”.

Hai seguito la Pro Patria ovunque, con qualsiasi situazione meteorologica e con qualsiasi avversità, hai dato la possibilità a tanti, in primis il sottoscritto, di seguirla in ogni dove potendoci scrivere un libro (che andrebbe scritto per la marea di aneddoti e percorsi di crescita che ci sono in ogni trasferta), non possiamo non chiudere con questo argomento: scegli un numero di trasferte tra le centinaia che hai fatto e descrivile solo con una parola.
“Altra risposta difficilissima, stiamo chiudendo veramente con le più complicate. Dunque: Salerno 2013 in Supercoppa la definirei irripetibile, Brindisi, 1 Maggio 2003, finale di Coppa Italia, dico magica, Benevento 2009/2010 in campionato avventurosa, Olbia 2018/19, la prima dal ritorno in C, folle, Meda 93/94 indimenticabile, Legnano 95/96 oceanica… tante veramente. Le rifarei tutte.”

Pensare che proprio tre anni fa oggi chi intervista e chi risponde, anche grazie a Varese Sport, rientravano in uno stadio dopo 6 mesi di stop forzato con sospensioni in ogni dove, fa sorridere e riempie di orgoglio e di ricordi scolpiti nella pietra. Il post con cui abbiamo aperto tutto si concludeva con: “E’ il momento di tirare una riga, è il momento di rispettare se stessi, è il momento di vincere oppure di dedicare tutte queste energie a stare bene. Forza Pro Patria.
La Pro quel giorno aveva vinto e dopo 10 anni le esperienze in più sono una marea, un’onda biancoblù gigantesca di cui speriamo di avervi raccontato qualche gocciolina densissima di pura passione. Ci sarebbero altre decine di domande, ma non possiamo dilungarci, ci sarà tempo nelle centinaia di nuove trasferte che ci aspettano”

Alessandro Bianchi

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