Il suo arrivo ha chiuso un mercato rivoluzionario che ha tratto non poca ispirazione dalle note del tango argentino. Di professione punta centrale, l’esperto giramondo Carlos Antonio Salom ha collocato la classica ciliegina sulla torta della Castanese, che ha trovato il pezzo mancante del puzzle a disposizione di mister Garavaglia.

Italo-argentino naturalizzato palestinese classe 1987, ha alle spalle una lunga carriera in diversi paesi, con tanto di esperienze nei massimi campionati argentino, messicano e asiatici, a cui si aggiunge la convocazione con gol in un’amichevole della nazionale palestinese contro il Tagikistan. Non è la prima volta che il puntero si cimenterà con il calcio italiano, già sperimentato di recente al San Luca, nella stagione 2021/22, e al Civitanovese Marche, nella stagione 2022/2023, prima del passaggio al Boca Unidos, da cui il ds Tosca è riuscito a strapparlo.

Parlaci un po’ di te: dove hai tirato i primi calci al pallone e qual è stata la tua prima esperienza oltreconfine?
“Sono originario di Corrientes, una città al nord di Buenos Aires vicina al confine con il Paraguay. A quindici anni sono partito per fare un provino a Maiorca, dove ho iniziato a giocare nelle giovanili. Nel frattempo, avevo presentato la richiesta per il passaporto italiano e la procedura era andata a buon fine, ma non avendolo ancora ricevuto fisicamente, non potevo restare in Spagna, e così dopo sei mesi sono tornato in Argentina. Ho ripreso a giocare nella mia provincia, poi sono andato a Buenos Aires nelle giovanili dell’Almagro e da lì al Sacachispas, che allora militava nella Primera C. Sono poi tornato in Spagna, dove ho giocato tra Rayo Vallecano e Pontevedra, squadra con cui ho vissuto la promozione in Tercera División. E poi ancora Argentina, nel Barracas Central, prima di tante altre esperienze”.

Il calcio, difatti, ti ha portato in tre continenti diversi. È possibile spiegare a parole una passione così profonda per la quale cambiare vita lontano da casa?
“Prima di tutto sono grato a questo sport che mi ha dato la possibilità di conoscere il mondo. Sono stato in Cile, Spagna, Perù, Messico, Thailandia, India, Malesia… vivendo tante esperienze diverse. In Cile ho giocato per un anno e mezzo al Deporte Concepción e per tre anni e mezzo alla Unión Española, che è la squadra che ha dato un forte slancio alla mia carriera; mentre in Messico, Thailandia e India ho militato nell’equivalente della Serie A, rispettivamente al Puebla, al Bangkok United e al Chennaiyin. Se è stata una mia decisione viaggiare per il mondo? Diciamo che le cose sono andate così. Finita una stagione, le altre squadre si mostravano interessate e con il mio procuratore sceglievamo l’opzione migliore per me e per la mia famiglia. Dopotutto, penso che sperimentare un nuovo paese e una nuova cultura faccia parte dell’avventura di essere calciatore”.

Tra i tanti paesi in cui sei stato, quale ti ha sorpreso maggiormente, dal punto di vista calcistico e non solo?
“Il Messico è il paese in cui avevo sempre voluto giocare, perché seguivo il campionato in televisione e mi piaceva molto il loro calcio dinamico. Provarlo in prima persona è stato un onore, ma sfortunatamente non sono restato lì per molto tempo. A livello di tradizioni, la Thailandia mi ha sorpreso moltissimo perché è un paese con un’enorme ricchezza culturale, dove le persone parlano pochissimo l’inglese ma sono molto premurose e fanno di tutto per aiutarti ad adattarti al paese”.

Nelle ultime due stagioni hai avuto un primo assaggio di calcio italiano, prima al San Luca, poi alla Civitanovese Marche. Cosa puoi raccontarci di quel periodo? E che idea ti sei fatto del nostro modo di giocare?
“L’esperienza al San Luca purtroppo è stata breve, perché dopo quattro mesi sono tornato a casa. Ho giocato al Boca Unidos in Tercera División e l’anno dopo sono passato alla Civitanovese, dove sono rimasto per tutta la stagione e ho avuto anche la fortuna di giocare con un ragazzo che era stato mio ex compagno di squadra in Argentina. Mi sono trovato molto bene e ho vissuto un’annata molto positiva che si è conclusa con la promozione in Eccellenza. Penso che quello italiano sia un calcio a cui bisogna adattarsi in fretta, con giocatori di qualità. Noi argentini, però, diamo anche molta importanza alla mentalità, che è proprio quello che cerchiamo di trasmettere agli altri per rendere questo sport ancora più competitivo. Per noi, infatti, la cosa più importante è focalizzarsi sulla carriera per crescere e migliorarsi di continuo; per questo non ci accontentiamo mai di una categoria e guardiamo sempre al gradino più in alto”.

Difatti siete ammirati in tutto il mondo per la cosiddetta “garra”. Da cosa deriva esattamente? E che clima si è creato con i tuoi connazionali neroverdi?
“Per quanto mi riguarda, sono un attaccante che va a contrasto con i difensori, lotta su ogni pallone e cerca di stancare gli avversari. Credo che la garra sia la fame che porta ogni giocatore argentino a voler trionfare e avere successo, perché più si vince, più probabilità ci sono di essere contattati da altre squadre. Quanto alla Castanese, i ragazzi mi hanno accolto benissimo e penso che gli argentini in particolare potessero già farsi un’idea di che tipo di giocatore sono, perché se mi sento a mio agio nel gruppo lo dimostro in campo, facendo gol e aiutando la squadra. Anche i ragazzi italiani sono fantastici e in generale ho trovato un gruppo unito che si allena duramente e che secondo me potrà dare del filo da torcere a tutti”.

La Castanese ti ha riportato in Italia dal Boca Unidos. Cosa ti ha convinto a lasciare il tuo paese e salire ancora una volta su un aereo?
“Mancavano sette partite alla fine. Stavo giocando titolare e facendo gol, ma ho deciso di tornare in Italia per terminare quello che avevo cominciato un paio di anni fa, con l’idea, tra un paio di anni, di finire la carriera nel calcio europeo. Sinceramente mi è spiaciuto andarmene così, perché preferisco sempre portare a termine la stagione e a quel punto analizzare le opzioni per l’immediato futuro, ma è successo tutto molto in fretta e, siccome il campionato di Eccellenza non era ancora iniziato, ho deciso di cogliere l’occasione e ripartire da zero da qui”.

Da ultimo, cosa ti aspetti da questa stagione, personalmente e come collettivo?
“Sotto l’aspetto personale, il mio obiettivo è di arrivare nei primi posti nella classifica dei marcatori, perché mi hanno portato qui per fare gol ed è quello che cercherò di fare. Se però non dovessi riuscirci, voglio aiutare il più possibile la squadra a fare un buon campionato. So che l’anno scorso erano in Serie D e mi piacerebbe dare il mio contributo per riportarli da dove sono venuti”.

Silvia Alabardi

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