Francesco Giroldi è un allenatore di pallacanestro che, dopo due anni nel Venegono, ha deciso di iniziare una nuova avventura nella serie D di Castronno, destreggiandosi tra l’essere un professore e un capo allenatore. Obiettivo dell’anno: raggiungere ottimi traguardi, ma ancora prima, arrivare a maggio e giugno senza alibi e senza musi lunghi, ma con la consapevolezza di esserci divertiti tutto l’anno e aver lavorato insieme come gruppo, dentro e fuori dal campo

Quali sono i passi più importanti della sua carriera cestistica e da allenatore?
“La mia esperienza è iniziata come tifoso di mio padre che mi ha trasmesso la sua passione con il suo esempio e con i suoi racconti. Sono nato e cresciuto come atleta nel settore giovanile della Valceresio dove ho giocato fino a 17 anni, togliendomi qualche soddisfazione personale, ma senza vincere dei titoli. Dopo sono andato a Malnate per un’esperienza in serie D con il basket Montello e in concomitanza giocavo in under19 sotto la guida di Andrea Santandrea. Da lì diciamo che è finita la mia vita da cestista ed è partita quella da allenatore. Quando nel 2013 ho passato l’esame di basket alla facoltà di scienze motorie di Varese, sono entrato a far parte dell’OR.MA basket Malnate e ho iniziato a farmi le ossa con il mio vecchio allenatore Andrea e con Michele Milani, il mio ex allenatore in Valceresio e tutt’ora mio mentore e amico. Da lì ho iniziato a seguire il settore giovanile sia come vice allenatore dell’under 18 sia come preparatore atletico per tutta la società. Il mio cammino perciò, è iniziato nella società che mi ha fatto conoscere molti ragazzi e amici, fra cui il mio testimone di nozze, Tommaso Gergati con cui ho condiviso, sempre a Malnate, la prima esperienza a livello senior nel campionato di serie D regionale, conquistando i playoff al mio primo anno e con cui, l’anno scorso, ho vinto il campionato di serie C silver a Venegono. In questi anni ho iniziato anche a farmi le ossa da capo allenatore fra Gazzada, Malnate stessa, Tradate e, ad oggi, Valceresio e Castronno, la mia prima vera avventura da capo allenatore di una squadra senior”.

Oltre ad essere un allenatore, lei è anche un professore. Quali sono le cose che più apprezza nello stare con i giovani?
“Sicuramente il fatto di conoscere ogni volta ragazzi diversi con idee diverse e potermi confrontare con loro per capire le reali esigenze delle nuove generazioni. Questo aiuta a tenermi giovane e mi stimola a costruire lezioni e trovare argomenti accattivanti per far passare la mia passione sportiva anche a chi apprezza meno l’attività fisica. Ogni ragazzo è un mondo a sé e per me è fondamentale fargli capire che non deve nascondersi ma deve esprimersi e capire che ha un proprio valore. Ciò che apprezzo nei giovani è la sincerità, un valore fondamentale. Mi piace sapere di avere davanti persone schiette e oneste, anche se a volte dure e crude, ma non amo sotterfugi o finzione perché io con i miei ragazzi sono sempre onesto e diretto. Ora invece, sto iniziando a confrontarmi con i bambini, di cui adoro lo stupore negli occhi per ogni gioco o esperienza nuova e quella genuinità di chi è ancora innocente. Ogni volta che un bimbo mi abbraccia e ringrazia sento di aver portato a casa un giorno in più”.

Un episodio positivo e uno negativo della sua carriera?
“Di positivo direi tutti gli incontri e le amicizie fatte durante questi 25 anni di basket. Ad oggi chiacchiero ancora con ragazzi cresciuti con me, avversari ed ex allenatori. Altri incontri positivi sono l’incontro con Gus e Giorgio, amici che ormai sono diventati molto importanti; i miei primi 30 punti contro la Robur et Fides a 14 ann; le vittorie di gruppo o quando ho giocato allenato da mio padre.
Di negativo non ho episodi particolari, a parte qualche piccola mia escandescenza, ma meglio dimenticare (ride, ndr). Forse l’unica cosa che non mi piace del mio mondo è, come dicevo prima, la falsità o le persone che spesso si sentono superiori agli altri”.

Qual è l’idolo a cui s’ispira per essere un bravo allenatore?
“Sinceramente non saprei, cerco di prendere spunto dalla mia esperienza e da quello che ho visto seguendo vari allenatori, eventi sportivi in TV o i continui corsi di aggiornamento. Cerco di portare la mia personalità sul campo, con i miei pregi e difetti, ma soprattutto provo a trasmettere giustizia e onestà ai ragazzi. A volte preferisco essere duro ma sincero invece di nascondere la verità. Non ho un idolo, ma nel mio percorso mi hanno aiutato molto Michele Milani, gli amici, le esperienze e le tante chiacchierate sul basket che fin da piccolo mi hanno dato una mano a costruire la mia identità. Il mio motto è “Niente scuse, troviamo una soluzione al problema e non un alibi””.

Lei è stato uno degli allenatori della prima edizione di Varese School Cup. Secondo lei cosa si può fare per unire scuole e sport ancora di più?
“Innanzitutto bisogna far capire l’importanza dello sport ai ragazzi, trovando anche un punto di collaborazione tra docenti. Secondo me è un’idea vincente quella di creare e riportare in auge i tornei contro altre scuole, rispolverando quella sana rivalità fra istituti. Quando ero ragazzino mi divertivo sempre a partecipare ai tornei sportivi e ricordo gli scontri fra il mio Cairoli e il Ferraris di Varese come i più sentiti. Sono state esperienze molto belle, anche perché spesso giocavi contro tuoi amici ed era un modo per trovarsi a scuola con istituti diversi. Credo che, con il riassestamento del periodo post covid, sicuramente torneranno tornei e giochi sportivi studenteschi, che però vanno valorizzati prima di tutto all’ interno della scuola e dai professori. Inoltre sta anche a voi giovani essere più partecipi e disponibili! Basta aver paura delle figuracce o dei giudizi: divertitevi senza paura!

Da quest’anno inizia una nuova avventura dopo un’esperienza a Venegono culminata con la promozione nella C Gold. Da cosa è nata l’idea di cambiare?
“Credevo di essere arrivato al capolinea della mia esperienza. Avevo voglia di uno stimolo diverso e di una avventura nuova, anche meno impegnativa in termini di ore e spostamenti. Due anni fa era stato faticoso: abbiamo rischiato di retrocedere, poi mi sono trovato a guidare la squadra a causa della squalifica del primo coach e nelle due partite decisive abbiamo vinto e ci siamo salvati. L’anno scorso è stata una cavalcata ricca di emozioni e vittorie con qualche brivido nel finale. A Pavia abbiamo coronato il sogno della promozione con la vittoria al supplementare e non nascondo che ero esausto. Ringrazio sicuramente Tommaso Gergati per la fiducia e la possibilità che mi ha regalato in questi due anni ma sentivo che dovevo cambiare aria”.

Quali sono i suoi obiettivi come capo allenatore della serie D di Castronno? Come mai ha scelto proprio questa società?
“Tutto è nato per caso. Castronno era retrocessa in D dalla C silver e avevo chiesto al GM Angelo Monti se per caso ci fosse la possibilità di andare ad allenare da primo o vice allenatore per rimanere nel mondo senior. Purtroppo mi disse che era stato confermato l’allenatore dell’anno prima. All’inizio quindi avevo deciso di avvicinarmi a casa e seguire solo il basket giovanile ad Arcisate. Poi all’improvviso l’allenatore di Castronno è subentrato in un altro progetto e di notte mi ha scritto Angelo dicendo che se avessi voluto avrei potuto essere dei loro nei panni di allenatore. All’inizio quando lo lessi non ci credevo. Nei giorni successivi ho incontrato Angelo e tutta la dirigenza. Da lì è partita l’idea di costruire una squadra giovane, con giocatori di grinta e determinazione. Il bello di Castronno è l’ambiente privo di pressioni, ma fiducioso al massimo nei ragazzi, nello staff e dove non c’è un traguardo obbligatorio da raggiungere”.

Redazione

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