Vi chiederete: ma cosa centra Paolo Galbiati con l’economista Adam Smith? Il motivo è presto spiegato. La Pallacanestro Varese vince contro la Germani Brescia per 80-72 grazie al lavoro della “mano invisibile” (sì, questa l’associazione con Adam Smith), dell’assistant coach biancorosso sul piano tattico del match.

Per stessa ammissione infatti di coach Matt Brase in conferenza stampa, la partita contro i bresciani Varese l’ha preparata seguendo le chiare indicazioni dell’allenatore brinazolo e scegliendo d’impostare un gioco molto più basato sulla concretezza difensiva che non sulla spettacolarità offensiva.

Scelta che ha pagato importanti dividendi non solo sul campo, con i due punti conquistati e con il -5 dell’andata in favore della Germani ribaltato, ma anche e soprattutto nella mente e nella convinzione della OJM, che si scopre capace di poter vincere le partite anche in una maniera diversa rispetto al solito spartito tattico.

Una scoperta importantissima per Varese che, nelle prime due gare del girone di ritorno, si è già ben potuta accorgere di come gli avversari abbiano preso e non poco le misure al gioco biancorosso, andando a limitare in primis Ross e le sue penetrazioni centrali ed in secunids la possibilità di correre in transizione per una Varese che fa della propria forza queste due situazioni di gioco.

E’ in momenti come questi però che una squadra pronta e matura al salto di qualità riesce a mettere in atto una piccola metamorfosi che diventa determinante per continuare a vincere e stupire. Sapere che questa squadra può fare della propria difesa, fino ad oggi il punto debole del gruppo, il proprio attacco, è una notizia delle più liete in casa OJM.

Difesa che diventa di sistema passando dalle prestazioni dei singoli, perché basata su un incessante lavoro di uno contro uno: niente difesa a zona, niente cambi programmati, solo lavoro sulle gambe e sudore. Il tutto contro una squadra nettamente più fisica come la Germani Brescia che ha girato spesso e volentieri a 3 lunghi nei quintetti in campo.

Sistema tattico che esalta le prestazioni di De Nicolao, Woldetensae e del solito Markel Brown, ma che mette in mostra anche un Johnson solidissimo e un Owens dinamico e centrale nella manovra biancorossa, al di là poi dei soliti up and down, soprattutto nel corso del quarto periodo, che sono consuetudine per questa Varese e lo saranno fino a fine stagione.

Una prestazione che passa dal lavoro della mano invisibile di coach Paolo Galbiati e che dimostra una volta di più quanto l’accostamento estivo tra lui e coach Brase, voluto e ricercato dalla società, sia stato azzeccato in pieno, per un duo che si completa e che nelle idee, l’uno dell’altro, contribuisce a dare quell’imprevedibilità al gioco della squadra, tanto da renderla sempre più temibile.

Alessandro Burin

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