Per descrivere la vittoria della Pallacanestro Varese sulla UNAHOTELS Reggio Emilia per 116-93 potremmo parlare benissimo di anatomia e di corpo umano e così faremo. Perchè? Perchè le due vittorie consecutive in campionato dei biancorossi sono frutto di quella nuova spina dorsale che regge tutta la squadra.

Come nel corpo umano ciò che ci fa stare in piedi, che ci tiene dritti, che ci permette di camminare e di muoverci è la spina dorsale, così nella Pallacanestro Varese ciò che sta cambiando il corso della stagione biancorossa è la nuova colonna vertebrale della squadra.

Da Shahid-Cauley-Stein a Mannion Spencer, il passo è stato decisivo, il cambio, per ora, assai vincente. Spazzata via la storia che raccontava che non serviva un playmaker vero, perchè tante diverse guardie/ali potevano adattarsi al ruolo: Mannion, in due partite, ha dimostrato come i ruoli nella pallacanestro esistano, siano sempre esistiti e continueranno ad esserlo ed infatti, data in mano questa squadra ad un vero regista la musica cambia, eccome se cambia. Più velocità, più fluidità di gioco, più soluzioni, più tiri per terra, più coinvolgimento di tutti gli interpreti in campo, più ogni uomo al suo posto. Più tutto, insomma, soprattutto i punti in classifica.

Se poi il playmaker è un fenomeno fuori categoria non solo per la stessa Varese, quanto per tutta la LBA, escluse solo forse Milano e la Virtus Bologna, beh la situazione si fa ancora più semplice.

Ma non solo Mannion, perchè la nuova colonna vertebrale di questa Pallacanestro Varese è rappresentata anche da Skylar Spencer, giocatore normale, senza fronzoli, pcoo spettacolare ma dannatamente efficace, verticale, concreto, capace di spiccare anche senza fare punti, senza dare spettacolo ma facendo quelle piccole cose che in una partita risultano determinanti.

Rimbalzi, difesa, copertura del pitturto, tagliafuori, cose semplici che però fanno la differenza, cose che prima non venivano fatte, cose che ora permettono di tenere a bocca asciutta due centri importanti come Atkins e Faye, che danno struttura e sicurezza a tutta la squadra, oltre che un equilibrio nella doppia fase che prima mancava.

I benefici di questo doppio cambio s’irradiano a tutto il gruppo: Hanlan può giocare ora nella sua posizione prediletta, senza più i compiti di regista che gli portavano via energie fisiche e mentali importanti; Brown può giovare del grande lavoro di Spencer sotto le plance e diventare un fattor continuo a rimbalzo; Librizzi torna a correre spinto dalla velocità di manovra di Mannion; McDermott trova i tiri per terra che prima si doveva costruire da solo dal palleggio. Esempi chiari e lampanti di come, ancora una volta, il basket si dimostra una cosa semplice, anche a Varese, anche nella Varese dell’algoritmo: basta un buon asse play-pivot per risolvere gran parte dei problemi di una squadra.

Alessandro Burin

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