Per entrare nel cuore di tifosi e compagni non bisogna essere fenomeni e non serve nemmeno aver contribuito a chissà quale impresa sportiva; basta semplicemente essere sé stessi, farsi voler bene per quello che si è, dedicandosi con passione, impegno e dedizione alla causa indipendentemente dal minutaggio e dal risultato. Ecco perché Leonardo Mordenti è un idolo del popolo giallonero dei Mastini.

Gazzadese doc, ma residente a Buguggiate, “Leo” (il figlio di Massimiliano, attrezzista dell’HCMV Varese Hockey) ha iniziato la stagione come terzo portiere agli ordini di coach Devèze: tuttavia, complice l’addio anticipato di Domenico Dalla Santa e la carica subìta da Rocco Perla contro l’Appiano, il goalie classe ’04 si è ritrovato a difendere la gabbia giallonera sul ghiaccio altoatesino e ad esordire in quel della Acinque Ice Arena contro Pergine.

“Tifavo affinché Rocco si rialzasse subito – commenta ridendo Mordenti – perché alla luce del warm up che avevo fatto ad Appiano speravo davvero di non giocare. Io tendo ad essere troppo insicuro: a livello tecnico me la cavo, ma se approccio un match nella maniera sbagliata a livello mentale è finita. Di solito lo capisco dal riscaldamento e, come detto, non è che avessi brillato quel giorno…”.

E…
“E infatti abbiamo perso (replica ridendo ancora, ndr). Scherzi a parte, mi sono ritrovato ad entrare a freddo in un ambiente caldissimo a maggior ragione dopo il fallo su Rocco, ma credo di aver disputato una buona mezzora. Forse avrei potuto evitare il goal del pareggio, per quanto poi mi sia riscattato con una grandissima parata all’overtime; il mio grande errore è stato quello di continuare a guardare il cronometro durante il supplementare, cosa che non farò mai più. Purtroppo il goal decisivo è stato figlio anche di una deviazione sfortunata di Marci (Marcello Borghi, ndr), ma sono episodi che fanno parte del gioco e quell’occasione in particolare è stata frutto di un disperato tentativo di anticipo; poi, chissà, se il disco non fosse stato deviato magari avrei anche fatto una figura di m**** non riuscendo a bloccarlo”.

Poi c’è stato il tanto atteso debutto casalingo contro Pergine.
“Non prendermi per pazzo, ma giuro che anche in quell’occasione speravo di non giocare. Non tanto per la partita in sé, ma per la settimana che ho vissuto: a causa di un virus intestinale, aggiungiamoci anche un po’ d’ansia, ho passato giorni d’inferno. Mi sono sforzato di sognare che tutto andasse per il meglio, al punto che di notte, se il sogno andava male, mi svegliavo e mi imponevo di riaddormentarmi per riscrivere un lieto fine. Speravo che Rocco saltasse fuori sabato dicendo: «Ehy ragazzi, sto bene e gioco io!». Poi, però, ho iniziato a star meglio e sono sceso sul ghiaccio tranquillo: i miei compagni mi hanno aiutato disputando un’ottima partita a livello difensivo e tutto è andato per il meglio. La parata nel finale? Esattamente in quel modo mi avevano fatto il secondo goal: nell’intervallo Davide (Bertin, il preparatore dei portieri, ndr) mi aveva detto di essere più esplosivo e quindi ho anticipato il movimento sulla conclusione. Per fortuna è andata bene”.

A proposito di Bertin, come ti trovi con lui?
“Per me è un fratello maggiore, un allenatore cui tengo moltissimo perché mi ha fatto crescere davvero tanto. Credo di essere il primo portiere da lui allenato ad esordire in IHL e se sono arrivato a questo punto lo devo ai suoi insegnamenti”.

Prima delle ultime due sfide, però, avevi già assaporato il ghiaccio in regular season disputando 6’ nel derby di Como. Anche lì un ingresso a freddo…
“Mi ha fatto davvero piacere prendere parte al derby perché in quel Palaghiaccio lo scorso anno coach Barrasso mi aveva fatto esordire giocando un PP di un paio di minuti. Anche lì, comunque, non è mancata l’ansia: nel momento in cui si è rotto il pattino di Perla sono letteralmente stato lanciato sul ghiaccio, inizialmente senza bastone tra l’altro, e avendo troppi uomini in cambio siamo subito finiti in penalty killing. In ogni caso è andato tutto per il meglio: avevo visto i video e sapevo che, eccezion fatta per Xamin e Vola, Como non aveva chissà quali tiratori da fuori; ho gestito quei minuti al meglio delle mie possibilità compiendo parate non certo impossibili e poi ho lasciato la gabbia a Rocco. È stato fantastico, però, giocare un derby a Como in cui c’erano molti più tifosi di Varese”.

Tornando a Pergine, dall’altra parte c’era uno dei migliori portieri del campionato. Cosa ti manca per arrivare al livello di un Rudy Rigoni o di un Rocco Perla?
“Come già detto in precedenza io pago l’insicurezza, poi sicuramente mi manca un filo di qualità rispetto a loro e, soprattutto, tanta esperienza. Rigoni è più grosso e copre più spazio, ma qualitativamente parlando Rocco è superiore perché oltre ad essere agile è imprevedibile. Il mio rapporto con lui? Ottimo: in primis perché, appena arrivato, l’abbiamo ospitato per un po’ a casa nostra, ma soprattutto perché si comporta anche lui da fratello maggiore dandomi suggerimenti preziosi per migliorare”.

In ottica futura, quindi, quando gli toglierai il posto?
“Mai (ride ancora, ndr)! Diciamo che il mio sogno è quello di diventare titolare entro due stagioni: non conosco le idee della società a tal proposito, ma se dovessimo rimanere entrambi mi piacerebbe giocare qualche partita in più nel corso della stagione”.

A proposito di giocare: se Perla non dovesse recuperare entro sabato?
“Mi farò trovare pronto. L’obiettivo, in questi casi, non è mai del singolo ma di squadra: dobbiamo scendere in campo determinati per indirizzare fin da subito la serie. Io del Bressanone conosco bene Magro e, parlando con lui, so che i Falcons sono migliorati molto dallo scorso anno, stagione in cui hanno pagato anche defezioni numeriche causa Covid; detto questo, sulla carta sono inferiori a noi e i loro portieri non mi sembrano certo imbattibili”.

Venendo a te, pur non essendo titolare i tuoi compagni hanno enorme fiducia e stima nei tuoi confronti; inoltre, sei uno dei beniamini della tifoseria. Come te lo spieghi?
“Sono il bocia di una squadra in cui il nonnismo impera, per forza che mi vogliono bene (ride, ndr)! Diciamo che mi adatto bene ad ogni contesto e tendo a non lamentarmi mai: se un allenamento va male non me la prendo certo con i compagni, ma tendo ad andare a casa in fretta e con forte spirito autocritico. Se le cose vanno bene, invece, non posso fare a meno di godermi una seconda famiglia che, inevitabilmente, comprende anche i tifosi. A proposito: sabato scorso è stato pazzesco sentire una curva intera che mi incitava”.

Parlando di famiglia, il rapporto con papà Max?
“Lui è il padre di tutta la squadra, il che a volte mi rende un pochino geloso (sorride, ndr). Il suo compito, per certi versi la sua ragione di vita, è mandarci sul ghiaccio nelle migliori condizioni possibili ed è maniacale nella cura dei dettagli della nostra attrezzatura. Con lui ho iniziato a seguire l’hockey all’età di sei anni, anche se purtroppo ho cominciato molto tardi a giocare (a 12 anni, ndr): nel momento in cui ho fatto la cresima, l’unico regalo che ho chiesto è stato quello di poter, un giorno, giocare dal primo minuto a Varese con la maglia dei Mastini. Mia madre Valeria non era proprio entusiasta: non sapevo pattinare e l’hockey è uno sport difficile, pieno di contrasti anche violenti. È stato papà a “litigare” per conto mio con mamma perché lui aveva capito subito quanto ci tenessi e, al tempo stesso, era il primo a crederci; adesso, comunque, anche mia mamma è contenta”

Sabato hai realizzato il sogno di giocare una partita davanti al tuo pubblico: cosa ti ha detto tuo padre al termine della partita?
“Innanzitutto mi ha aiutato ad affrontare la settimana precedente: mi conosce e, sapendo delle mie difficoltà e lacune, è riuscito a non mettermi pressione dandomi solo tanta tranquillità. Ci teneva che tutto fosse perfetto e, non appena mi sono tolto il casco, mi ha detto: «Sei contento, eh?». Sì, lo ero! Quest’anno i Mastini sono davvero una bellissima squadra, il miglior spogliatoio in cui abbia mai vissuto: mi sono sentito fin da subito inserito e integrato, motivo per cui è stato un orgoglio poter giocare un’intera partita qui a Varese, per di più in una stagione del genere. Spero di potermi togliere ulteriori soddisfazioni in futuro”.

Matteo Carraro

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui