Se all’interno dei nostri confini i verdetti sono ormai definiti, in Svizzera sono ancora in pieno svolgimento i playoff promozione dalla Seconda alla Quinta Lega. Gli ex Varese Giuseppe Sannino e Donato Disabato hanno certamente catalizzato l’attenzione, avendo portato al successo il Paradiso nel Gruppo 3 di Prima Lega, ma non sono i soli a fregiarsi della vittoria in terra elvetica. Andreas Becchio (biancorosso dal 2015 al 2017 tra Eccellenza e Serie D) e Martino Borghese (30 presenze e 4 reti in Serie B nel 2014-2015) sono stati infatti protagonisti nel sorprendente Locarno, capace di sbaragliare la concorrenza conquistando la cima della classifica nel girone ticinese di Seconda Lega con ben 17 punti di vantaggio rispetto al Malcantone (nel quale hanno recentemente militato Stefano Bettinelli e Matteo Simonetto).

Campionato vinto e promozione raggiunta quindi per le Bianche Casacche? Paradossalmente no, e i motivi ce li spiega proprio Becchio: “La Federazione svizzera ha applicato una ridistribuzione delle squadre nei tornei professionistici, tra cui Challenge League e Promotion League, ridimensionando di conseguenza anche i campionati inferiori e riducendo il numero di club promossi. Nonostante il netto trionfo, il nostro futuro sarà deciso da uno spareggio”.

Uno scontro promozione che però ha il sapore della beffa.
“È quello che abbiamo pensato a Locarno per tutta la stagione: abbiamo vinto con quasi venti lunghezze di distacco, eppure non è bastato e per assurdo ci tocca rischiare di rimanere all’asciutto. È una strana sensazione che in carriera non ho mai provato. Affronteremo in un doppio confronto l’Iliria, squadra che ha vinto il girone nel canton Soletta: l’andata sarà allo Stadio del Lido sabato 17 giugno, mentre il ritorno sarà il 24 a casa loro. Aldilà dei grandi risultati ottenuti in stagione, sapevamo fin da subito che avremmo dovuto superare questo ostacolo finale e per questo abbiamo sempre lavorato a testa bassa”.

Cosa sapete dell’Iliria? È un avversario alla vostra portata?
“Il nostro staff è andato a vedere qualche loro partita per conoscerli meglio. A differenza nostra, loro hanno vinto di misura un campionato combattuto fino alla penultima giornata. Difficile giudicare il loro livello e al momento ci affidiamo alle fredde statistiche, ma sappiamo bene che una volta scesi in campo ogni pretattica sarà annullata”.

Dal canto vostro però potete contare su una rosa di livello che annovera giocatori esperti come Borghese, Bottani e Facchinetti, oltre naturalmente a te, capocannoniere del campionato con 29 reti.
“Siamo un bel gruppo, composto da giocatori che hanno militato in società importanti come Lugano, Chiasso e Bellinzona o all’estero. Per motivi personali o lavorativi, io e qualcuno di loro abbiamo deciso di fare un salto all’indietro di una o due categorie per vestire la maglia del Locarno, beneficiandone. Il potenziale è alto e tra di noi si è creta un’alchimia che giova certamente al morale. Tanto per me quanto per la squadra non era scontato fare così bene, a maggior ragione per le aspettative che si sono create a inizio stagione. Fin da subito la società aveva fissato l’obiettivo della vittoria della promozione e noi abbiamo cercato di ripagare le aspettative fissate su di noi, anche in virtù del blasone di questa piazza storica. È un aspetto quest’ultimo che mi ricorda la precedente esperienza al Varese: tutti gli avversari cercavano di dare il meglio quando affrontavano i biancorossi”.

Facciamo tappa proprio a Varese. Hai giocato per due stagioni all’Ossola, vincendo il memorabile campionato d’Eccellenza nel 2015-2016 e piazzando un secondo posto l’anno successivo in Serie D. Che ricordi hai di quell’esperienza?
“È stato un capitolo che ricordo con affetto, eravamo una squadra attraversata da una vibrante positività. La prima stagione, quella della rifondazione, fu contraddistinta dal record di punti in campionato, mentre in Serie D arrivammo ad una sola lunghezza dal Cuneo capolista. Avevamo le carte in regola per vincere anche quel torneo, ma le vicissitudini societarie condizionarono l’ambiente e perdemmo qualche punto per strada. Ad ogni modo, conservo davvero bei ricordi della parentesi biancorossa”-

Quella al Varese è stata una di sole quattro esperienze nel calcio italiano: oltre ai biancorossi, hai vestito le maglie del Chieri, del Ciserano e del Busto 81, concentrando la tua carriera principalmente in Ticino. Come mai?
“Il periodo varesino corrisponde alla mia prima avventura al di fuori del contesto svizzero. Sono italiano e nativo di Como, quindi ho sempre vissuto sul confine; inoltre mio padre giocava in Svizzera e di conseguenza ho iniziato fin da subito il mio percorso calcistico. Ho fatto tutto il settore giovanile a Chiasso, società nella quale mi sono sempre trovato bene e che mi ha portato a fare parte di selezioni locali quali il Team Ticino.Una volta arrivato in Under 18, è iniziata la mia carriera nel calcio dei grandi con la maglia rossoblu, collezionando diverse presenze e siglando le prime reti in Challenge League. Trascorsa la stagione 2014-2015 in Promotion a Locarno, si stava concretizzando la possibilità di giocare in Svizzera interna, ma arrivò la chiamata del Varese appena rifondato per affrontare l’Eccellenza. Ho deciso di accettare sia per la piazza prestigiosa, sia per provare la prima esperienza lontano dal calcio svizzero e, come detto, ne valse la pena. Dopo quattro stagioni in Italia la voglia di tornare in Ticino però era tanta, per riavvicinarmi a casa e pianificare il futuro”.

In virtù della tua esperienza personale, quali sono le principali differenze che riscontri tra il calcio italiano e quello svizzero?
“In Italia è vissuto in maniera quasi morbosa. A Varese ad esempio, nonostante facessimo un campionato d’Eccellenza e quindi dilettantistico, la società poneva un approccio che definirei professionista a tutti gli effetti. In Svizzera la pressione legata al calcio è certamente inferiore, si può lavorare con piena serenità dandone il giusto peso senza snaturare però la professionalità collettiva. Per quanto riguarda l’aspetto pratico, la maggiore differenza l’ho riscontrata sul piano tattico. In Italia si dedica molto tempo a questo fondamentale, qui in Svizzera sta crescendo negli ultimi anni ma rimane ancora un aspetto minoritario rispetto a fattori primari quali agonismo e fisicità”.

Prima hai detto che tornare a giocare in Svizzera ti ha permesso di rincasare e pianificare il futuro post calcio: quindi non ci sono chance di rivederti in Italia?
“Ad oggi direi che è difficile se non impossibile. Oltre a trovarmi davvero bene qui, eviterei spostamenti anche per motivi lavorativi: finirò la carriera in Ticino. È una scelta presa con assoluta consapevolezza e della quale sono felice, affrontando in anticipo il discorso legato alla fine della carriera sportiva. Chiaramente se mi chiamasse il Varese tornerei di corsa, ma ci sono importanti aspetti extra calcistici che non mi permetterebbero di  vestire nuovamente la maglia biancorossa”.

Dario Primerano

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui