Avete presente lo stereotipo del difensore per eccellenza? Statuario, possente, determinante sulle palle inattive, rude e pronto a stendere il diretto marcatore per impedire agli avversari di segnare. Ecco, prendete questa immagine e accantonatela, perché Margherita Fava è quanto di più diverso possa esserci.

Ciò significa che è non sa difendere? Nient’affatto. Semplicemente è fine, elegante, precisa, pulita e corretta. 21 partite stagionali e zero ammonizioni, frutto di personalità e (in parte) timidezza; un aspetto che la stessa classe ’04 sa di dover migliorare per diventare ancora più forte perché sì, a volte, un cartellino giallo per un difensore fa bene.

“Possiamo definirlo uno degli obiettivi stagionali – scherza Fava –: prendere un’ammonizione. Purtroppo, o per fortuna, non è davvero nella mia indole essere fallosa: se mi trovassi a dover fronteggiare un’avversaria lanciata a rete l’ultimo dei miei pensieri sarebbe quello di abbatterla. Proverei, per forza di cose, a fermarla con un tackle solo se avessi la certezza di un intervento pulito oppure mi limiterei ad una strattonata. Sono fatta così: può essere un pregio o un difetto, ma preferisco considerare la prima opzione pur sapendo, ovviamente, di dover migliorare tantissimo”.

La fase difensiva della squadra è comunque in crescita, al netto delle ultime due sfide più abbordabili. Dopo il clean sheet di due settimane fa, la scorsa domenica cosa è mancato?
“Esattamente come contro il Vighignolo, contro la Riozzese ci siamo complicate la vita da sole: siamo entrate in campo senza la giusta concentrazione e l’abbiamo pagata con un primo tempo davvero difficile. All’intervallo ne abbiamo parlato e nella ripresa abbiamo dimostrato tutt’altro atteggiamento finendo per dilagare. A livello personale? I primi venti minuti ero la prima ad essere in confusione, poi sono cresciuta con la squadra; ho sicuramente fatto partite migliori, ma contava portare a casa i tre punti e lo abbiamo fatto”.

Più di una volta in stagione avete vissuto un primo tempo difficile: come te lo spieghi?
“Credo sia tutto riconducibile ad una questione mentale, perché inevitabilmente si entra in campo in relazione all’avversario. Domenica si sapeva che la sfida sulla carta era tra le più facili; a quanto pare non l’abbiamo approcciata nel modo giusto. Siamo state brave a rimetterci in carreggiata, ma è chiaro che se dovessimo commettere errori del genere contro avversarie più esperte e quotate, come purtroppo già successo, sarebbe molto più difficile rientrare in partita. Anche questo aspetto fa comunque parte del nostro percorso di crescita”.

Sei soddisfatta del tuo campionato fin qui?
“Direi proprio di sì, soprattutto per il rendimento che sono riuscita a mantenere nel periodo centrale del girone d’andata. Mi sono adattata in fretta al cambio di modulo e, da terza di destra nella difesa a tre, mi trovo a mio agio. Ripeto: si può sempre migliorare e sono qui per questo”.

A tal proposito come descriveresti la realtà del Città di Varese femminile, la cui crescita è sotto gli occhi di tutti?
“Userei poche e semplici parole: unità e consapevolezza. Lo spogliatoio è davvero affiatato e, giornata dopo giornata, ci rendiamo conto di come dialogare tra noi sia dentro sia fuori dal campo ci aiuti a migliorare sempre più. All’inizio era proprio questo il problema: in campo faticavamo anche a chiamarci l’uomo e, di conseguenza, sembravamo scollegate. Adesso stiamo compiendo passi da gigante in tal senso e, insieme agli upgrade tecnici, sappiamo di non dover temere nessuno”.

Veniamo a te. La passione per il calcio nasce in maniera tardiva: come mai?
“Fino a 12/13 anni il mio sport preferito era il basket, tant’è che mi ero iscritta a una squadra cestistica. L’esperienza non è però stata delle migliori e, dal nulla, ho fatto lo switch passando al calcio: non so nemmeno io spiegarmi il perché, visto che prima di allora non l’avevo nemmeno mai seguito più di tanto. Conoscevo alcune ragazze che giocavano nel Tradate e ho iniziato da lì, per poi passare alla Malnatese e al Ceresium Bisustum, arrivando infine al Varese. In questo voglio ringraziare davvero tanto i miei genitori Andrea e Daniela per gli sforzi fatti: da Castiglione Olona a Porto Ceresio ogni volta per gli allenamenti era un bel tragitto, ma non si sono mai fatti problemi nell’accompagnarmi e sostenermi. Non posso poi dimenticarmi delle mie sorelle Claudia e Annagiulia, sempre pronte a sostenermi”.

Sei tra le più giovani del gruppo: l’inserimento com’è andato?
“Mai avuto problemi. La cosa che più mi fa piacere è il non percepire la differenza d’età con le mie compagne più grandi. Ovvio, per quel che riguarda l’extra campo mi trovo meglio con le mie coetanee, ma credo sia un aspetto normalissimo; in campo, invece, siamo tutte sullo stesso livello. Modello di riferimento? Essendomi appassionata tardi al calcio non sono cresciuta con l’immagine di un giocatore o di una giocatrice in mente. Da interista negli ultimi tempi ho guardato un po’ a Skriniar, ma non posso certo definirlo come modello di riferimento”.

Hai parlato a lungo di crescita, collettiva e individuale; a livello personale quanto puoi migliorare?
“Spero tanto (sorride, ndr). Io ho giocato per anni sulla fascia e solo da un paio di stagioni gioco come difensore centrale; credo di avere tanti margini di crescita, soprattutto per quel che riguarda l’impostazione. Allenarmi con Michela (Lunardi, ndr) quanto può farmi crescere? Per me e per le altre in difesa vuol dire tanto potersi confrontare quotidianamente con un bomber del suo calibro, ma voglio estendere il discorso a tutte le altre nostre attaccanti perché il reparto offensivo del Varese è davvero impressionante. Ognuna di loro è tecnica e veloce, punti su cui io in primis devo migliorare e quindi è per me davvero molto stimolante allenarmi con loro”.

Come te la cavi con lo studio?
“Direi bene: al momento sto frequentando l’ultimo anno del Liceo Economico Sociale di Tradate, poi vorrei iscrivermi ad Economia in Università ma non ho ancora deciso la facoltà e l’indirizzo preciso. In ogni caso non mi farò problemi a portare avanti il mio percorso accademico in parallelo alla carriera sportiva”.

Che obiettivi puoi porti da qui ai prossimi anni?
“Non ho un obiettivo preciso. Conosco bene i miei limiti e le mie difficoltà: spero di riuscire a superarle perché non sono ostacoli insormontabili e, con tempo e voglia, posso riuscirci. Meno timidezza? Torniamo al discorso dei cartellini gialli (ride, ndr): anche il miglior difensore del mondo prima o poi deve essere ammonito. Non so, probabilmente quando succederà festeggerò con le mie compagne”.

Chiudiamo tornando al campionato. Domenica prossima contro il Casalmartino si alzerà già l’asticella: quali sono le aspettative?
“La nostra filosofia ci impone di pensare che la partita più difficile sia sempre la prossima e domenica non farà eccezione. Al momento siamo saldamente all’ottavo posto, ma sappiamo di non poterci permettere passi falsi: Casalmartino ha un attacco insidioso e farà di tutto per rosicchiarci punti, ragion per cui dovremo essere ancora più brave di quanto siamo state fin qui. Vincere domenica ci darebbe una bella spinta. Obiettivo personale? Mi piacerebbe riuscire a segnare un gol visto che sugli angoli salgo per saltare e – aggiunge ridendo – , a questo punto, così ti anticipo la battuta, magari prendere un cartellino giallo”.

Matteo Carraro

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