
Il contesto è quello della rassegna “Cinema e Sport”, tre serate a Villa Calcaterra di Busto Arsizio che il Panathlon Club La Malpensa ha voluto dedicare alla proiezione di film a sfondo sportivo introdotti da un relatore d’occasione. Martedì 27 spazio al basket con “Glory Road”, pellicola del 2006 che a 40 anni di distanza ricostruisce la vittoria del titolo NCAA dei Texas Western MIners. Primo college ad aggiudicarsi il torneo grazie ad un quintetto composto da soli giocatori neri.
Del genere, vicenda iconica della funzione emancipatoria rivestita più volte dallo sport a stelle e strisce. A mettere le didascalie all’opera di James Gartner, la voce del basket italiano. E cioè Mario Castelli reduce dal commento su Eurosport delle finali Scudetto. A margine del ruolo recensivo, il punto su alcuni temi di stringente attualità. A partire dalla scelta di Paolo Banchero, Rookie dell’anno nella NBA e futura stella della nazionale americana. Secondo il Presidente Federale Gianni Petrucci “Una presa in giro” nei confronti della selezione italiana:
“Non parlerei di presa in giro. Paolo Banchero è nato a Seattle, cresciuto negli Stati Uniti, ha origini italiane neanche da parte dei genitori ma da parte dei nonni, non era mai stato in Italia prima di settimana scorsa. Ha fatto bene la federazione visto che era passaportabile a provare a convincerlo. Quando è cominciato il corteggiamento 4 anni fa aveva prospettive di carriera diverse e quindi anche vestire la maglia azzurra gli apriva scenari differenti. C’è stata anche un po’ di sfortuna perché quando poteva essere convocato c’è stato il Covid. Poi è andato a Duke, ha fatto una grande stagione ed è stato prima scelta al Draft e matricola dell’anno. Ci sta che quando arriva la nazionale americana non si possa rifiutare anche perché con gli USA hai la possibilità di vincere qualsiasi competizione affrontata. Dai Giochi Olimpici ai Mondiali. E poi va ricordato che non è una decisione tutta sua, c’è uno staff attorno, uno sponsor come Jordan, un brand molto influente. Non mi sentirei di mettergli la croce addosso o di fargli delle colpe. Anzi trovo peggiore inseguire un ragazzo che di italiano ha solo il nome e non consentire a ragazzi nati, cresciuti e scolarizzati qui di giocare con le rappresentative nazionali solo perché figli di entrambi genitori stranieri. E’ una stortura della legge che andrebbe affrontata”.
Victor Wembanyama. Segnatevi questo nome. Il 19enne francese prima scelta NBA con i San Antonio Spurs minaccia di rivoluzionare il gioco grazie all’indole da guardia nel corpo di un lungo. Può rappresentare uno spartiacque tecnico?
“Penso possa essere uno di quelli che cambierà lo sport. Alto 2 e 22 ma non ha ancora smesso di crescere. Una volta quelli alti come lui venivano messi sotto canestro. Oggi lui può giocare in palleggio, fronte a canestro, può fare sostanzialmente qualsiasi cosa. Un giocatore di quella stazza è una cosa che non si è mai vista. Per atletismo, coordinazione e tecnica sarebbe unico anche non con quell’altezza. Se non verrà penalizzato dagli infortuni è destinato a cambiare il basket dei prossimi 20 anni”.
Finale Olimpia – Virtus: ha vinto la squadra migliore?
“Credo di sì. Milano era più profonda. Anche se è stata una finale che si è decisa solo a Gara 7. Nei momenti decisivi l’Olimpia è stata più costante”.
Telecronista nel terzo millennio, decisamente una bella sfida. Come affrontarla?
“Il telespettatore di oggi è molto più informato. Come telecronista devi essere molto preparato, un passo avanti. Poi dobbiamo sempre tenere a mente che siamo un accessorio alla partita. La partita è il piatto principale e noi dobbiamo stare non davanti ma di fianco. Aggiungere qualcosa, delle informazioni di contesto ma non sostituirsi allo spettacolo. Non lasciare che l’ego abbia il sopravvento evitando i protagonismi. Se trasferisci le emozioni hai fatto il tuo”.
Giovanni Castiglioni