Qualche settimana fa vi avevamo parlato dei World Transplant Games in programma in Australia, a cui il giovane Gabriele Alzati si stava preparando con la Nazionale Italiana Pallavolo trapiantati e dializzati. Per chi non avesse ancora letto la sua storia, in questa intervista il classe 1998 di Albusciago, pallavolista, arbitro FIPAV e ambasciatore ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), raccontava alla nostra redazione come la leucemia abbia stravolto la sua normalità a soli diciannove anni e come la passione per lo sport – unita a una forza e una determinazione incrollabili – gli abbiano permesso di superare anche i momenti più difficili, con un unico obiettivo in testa: sconfiggere la malattia e tornare in campo. Da allora, le soddisfazioni pallavolistiche non sono mancate. Pochi giorni fa, infatti, Gabriele è atterrato all’aeroporto di Malpensa con al collo la sua terza medaglia d’oro: dopo il Mondiale di Newcastle del 2019 e l’Europeo di Oxford del 2022, ha arricchito il proprio palmares con il primo posto al Mondiale di Perth, diventando ufficialmente l’atleta trapiantato più titolato d’Italia.

“È senza dubbio una grande soddisfazione – commenta al rientro dall’Australia –, anche se rispetto allo scorso Mondiale il livello si è abbassato per via della scomodità della location, che ha causato numerose rinunce. Oltre all’Italia, le nazionali che si erano meglio classificate a Newcastle erano state Olanda, Ungheria e Argentina, tutte assenti in questa edizione. Dal punto di vista agonistico, la competizione ne ha risentito, ma il significato dell’evento non è andato perso e abbiamo fatto quello quello che dovevamo fare. Abbiamo vinto la finale con l’Inghilterra dopo un girone all’italiana in cui abbiamo affrontato anche l’America e due squadre australiane, e confrontarsi in campo e fuori con altre realtà è sempre interessante”.

Andare dall’altra parte del mondo per inseguire un sogno non è qualcosa che capiti tutti i giorni… Cosa ci puoi raccontare?
Sicuramente è stata una bella esperienza, come tutte le volte che ci riuniamo per questi eventi. Che si tratti di europei o mondiali, trovarsi con tanta gente che condivide un vissuto simile è qualcosa di inspiegabile, perché tra di noi si crea un rapporto diverso rispetto a quello che abbiamo con le altre persone nella vita di tutti i giorni a casa. Siamo partiti mercoledì 12 e siamo tornati domenica 23 e nei giorni in cui non avevamo partite o allenamenti abbiamo anche avuto modo di visitare i dintorni. La stessa Federazione organizzava delle uscite in zona Perth e tra le varie proposte siamo riusciti a partecipare a una serata culturale con cena nel museo della città e a una gita in barca sul fiume Swan. Poi, siccome ho un’amica che vive lì, tramite lei siamo anche riusciti a organizzarci in modo autonomo per vedere il tramonto sull’oceano“.

Qual è stato il momento più bello del viaggio e/o del soggiorno?
“La cerimonia di apertura è stata molto ad effetto, con la sfilata di tutte le nazioni sul ponte che collega l’Optus Stadium a East Perth. Abbiamo avuto anche il tradizionale momento di scambio, dato che a questi eventi c’è questa usanza di portare spille o gadget del proprio Paese da scambiare con gli altri atleti. Una cosa che mi ha davvero impressionato sono state le strutture: noi abbiamo giocato al Bendat Basketball Center, un complesso polivalente con campi di basket, pallavolo, badminton e netball”.

Ora, pallavolisticamente parlando, che programmi hai?
“Il 21 maggio, con la mia altra squadra con cui ho disputato gli Europei, avrò un evento con una piccola premiazione individuale per la partecipazione al Mondiale. In generale, al di là delle iniziative post-vittoria, continueremo con i nostri soliti raduni e con l’attività di sensibilizzazione”.

Silvia Alabardi

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