Il tempo della filosofia, dei dogmi, del credo che va fin oltre la più smisurata logica, è finito; quello delle vittorie, dei punti, del sudore, della fatica è giunto.

In casa Pallacanestro Varese, ormai, non si può più aspettare. La sconfitta per 68-75 contro la Vanoli Cremona, allontana i biancorossi da due dirette concorrenti per la salvezza di 4 punti, visto che proprio la Vanoli e Pistoia si trovano ora a quota 10 in classifica, ma soprattutto mette un chiaro punto, si spera di svolta, a questa prima parte di stagione della OJM. Serve un’inversione a U di quelle pesanti, di quelle decise, di quelle che rivoluzionano una situazione ormai giunta ad punto davvero critico.

Dopo il -43 di Brescia, infatti, tutto il pubblico dell’Itelyum Arena di Masnago ieri sera (e ci chiediamo quante squadre possano contare sul supporto di un palazzetto sold-out dopo aver perso con così un ampio scarto la settimana prima) si sarebbe aspettato, giustamente, ben altra faccia, ben altra fame, ben altra voglia e determinanzione dai biancorossi, che invece sono scesi in campo contro la Vanoli del grande ex Andrea Conti senza mordente, senza intensità, senza quella fame che una partita del genere avrebbe dovuto suscitare nello spirito e nell’orgoglio dei giocatori.

Giocatori che in questo momento appaiono ben lontani da una realtà che parla di una Varese invischiata pesantemente nella lotta salvezza, perchè impregnati in un sistema basato su numeri e dati che quasi li estranea da un contesto anche psicologico e morale determinante in questo momento. Sì perchè la matematica, la statistica non sono tutto, non possono esserlo e mai lo saranno, a maggior ragione nello sport, perchè in questi momenti serve altro, servono fame, voglia, carattere, spirito, serve tutto ciò che ieri Varese non ha messo in campo.

Una situazione figlia di un sistema, di una filosofia, che lo scorso anno in una situazione completamente diversa per interpreti ed incastri ha funzionato a meraviglia e che quest’anno non va. Nessuno, sia ben chiaro, nessuno dice che sia una filosofia sbagliata ma semplicemnte che questa squadra non sia adatta per intepretarla e quindi finisce ad ingarbugliarsi su se stessa.

Dai giocatori, poi, lasciati senza una guida che dopo la batosta di Brescia sia stata in grado di far capire davvero il peso della gara con Cremona, il peso della maglia biancorossa (e parliamo di un’assenza a livello di leadership nello spogliatoio, che conosca l’ambiente e cosa voglia dire giocare a Varese, come negli anni passati invece poteva fare un Giancarlo Ferrero o un Giovanni De Nicolao) alle difficoltà oggettive in panchina di un coach che per la prima volta nel ruolo di capo allenatore sta vivendo davvero tantissimi problemi.

Lo ribadiamo per l’ennesima volta, però, il fatto di scegliere un coach a squadra già fatta, senza staff, impostarlo in uno schema tattico predefinito e senza ampio sapazio di manovra perchè soggetto alle regole ferree dell’algortimo è stata una scelta della società.

La stessa società che ora è chiamata a dare un giro di vite, una svolta, è chiamata a guardarsi bene negli occhi e cpaire che forse, a discapito del sistema e della filosofia, è giunto il momento di invertire la rotta e cercare di salvare e ribaltare una stagione anche con scelte che vadano oltre la mera logica delle analytics.

E’ giunto il momento di ammettere qualche errore, più che umano, più che giustificato quando si deve costruire una squadra con pochi soldi a disposizione puntando su diverse scommesse, sperando sempre di vincerle, di fare mea culpa e riprendere in mano le redini di un campionato che si sta complicando enormemente. Il tempo c’è, la stagione è lunga, a patto che si decida d’invertire la rotta, perchè errare è umano ma perseverare sarebbe davvero diabolico.

Alessandro Burin

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