Andiamo alla scoperta di nuovi aspetti della nota e diffusa arte marziale giapponese, presso la società Pro Patria Judo a Busto Arsizio, in cui il Presidente e Maestro Claudio Zanesco ne illustra i principi educativi, e le differenze tra il judo tradizionale e quello sportivo nel combattimento.

Come si avvicinò al Judo?
“Il mio approccio al Judo avvenne alla metà degli anni settanta, per merito di mio fratello che casualmente mi accompagnò in palestra. All’epoca erano molto diffusi i film sul Kung-fu con Bruce Lee, e la gente, guardandoli, si incuriosiva e cercava in generale le palestre di arti marziali. Del Judo apprezzai in particolare le sue tecniche, belle da vedere, e soprattutto il fatto che sia il sistema di lotta più completo, con un importante e fondamentale filosofia educativa, nella quale si studia sia il combattimento in piedi che quello a terra ed anche la difesa personale. Uno dei diversi principi educativi del Judo è proprio nel combattimento, nel momento in cui in piedi proiettiamo l’avversario, o quando da terra lo immobilizziamo, bisogna sempre dimostrare rispetto nei suoi confronti, oltre a salutarsi reciprocamente, prima dell’inizio dell’incontro”.

Quali valori ne insegnate?
“In generale insegniamo i principi tradizionali del Judo ed anche l’aspetto sportivo e agonistico. Come allievi, abbiamo molti bambini e ragazzini, che all’inizio imparano a cadere correttamente, a rotolare e fare delle capriole. Forniamo loro anche delle basi motorie, educative e storico-tecniche, con iniziative e metodi attuali. Per loro c’è anche la possibilità di partecipare a delle gare nazionali e internazionali. Questi valori morali valgono anche per gli adolescenti e per gli adulti; a loro le tecniche sono nel complesso spiegate più in dettaglio e se ne richiede maggior precisione nell’esecuzione. Nel Judo è previsto un esercizio in coppia, noto come katà, nel quale mediante dei movimenti prestabiliti, si apprendono dei concetti che, successivamente, si applicano, come ad esempio, il fatto di assorbire la forza dell’avversario o contendente, allo scopo di contrattaccare. Alcune leve alla caviglia, originarie del Judo tradizionale, sono ammesse nei combattimenti di Jiu-jitsu brasiliano, che è fondamentalmente basato sulla lotta a terra”.

Perché non prevede diversi stili?
“Kano Jigoro, fondatore del Judo, ne creò un metodo unico e universale ispirandosi alle scuole di antico Jiu-Jitsu, e ciò è la ragione per cui il Judo non ha bisogno di stili diversi. Vi sono delle differenze tra il tradizionale e quello sportivo-agonistico; lo sportivo prevede delle regole per salvaguardare la salute degli atleti o judoka, relative alle prese ed anche il combattimento o shiai nelle diverse categorie di peso, le quali si dividono in sette categorie maschili e femminili, affinchè ci sia più equilibrio fisico tra i due contendenti. Attualmente in Giappone si svolgono delle gare Open senza categorie di peso riservate agli adulti. Questo 16 dicembre, si è svolto il campionato europeo open 2023 di Judo; nel maschile, vinto dal kosovaro Akil Gjakova, ha terminato da vice-campione il judoka italiano dell’esercito Manuel Lombardo, che si allena a Settimo Torinese; il femminile è stato vinto dalla georgiana Eteri Lipartellani, e la vice-campionessa è stata l’israeliana Timna Levy Nelson. Le ragazze che praticano il Judo da noi sono molto brave, perché la nostra squadra femminile  Junior-Senior della Pro Patria si è classificata vice-campione d’ Italia, ai campionati nazionali a due di Roma£.

Qual è il significato del combattimento nel judo?
“Lo scopo dei randori, i combattimenti che svolgiamo in palestra, nel quale insegniamo anche le leve ammesse, sono allenamenti o esercizi nei quali si applica tutto ciò che si apprende anche teoricamente durante le lezioni, mentre la finalità degli shiai, o combattimenti sportivi, è quella di sconfiggere l’ avversario in gara. Negli shiai occorre far cadere il contendente correttamente sul dorso o sulla schiena; nel caso contrario, si ottiene un mezzo punto, chiamato in giapponese waza-ari. Una proiezione eseguita esattamente fa guadagnare il punto, detto ippon, e conduce alla vittoria il judoka che l’ha eseguita, facendo terminare l’incontro in quello stesso istante. Nel combattimento da terra, per guadagnare l’ippon o il punto della vittoria, bisogna immobilizzare l’avversario per venti secondi; nel caso il contendente riuscisse a liberarsi, il judoka che ha effettuato la presa guadagna un waza-ari, o mezzo punto. Il Judo sportivo non ammette leve alle gambe o alle caviglie, perché sono di difficile controllo, ma solo quelle sul gomito. Solo a partire dall’età di sedici anni si insegnano le leve e gli strangolamenti che non conducono alle fratture. Lo scopo delle tecniche di strangolamento o soffocamento, è quello di costringere l’avversario, in gara, a battere la resa e a vincere lo shiai”.

Perché non sono previste tecniche di pugno o di calcio?
“Il codificatore del Judo Jigoro Kano elaborò un sistema al fine di far evolvere le persone a livello psico-fisico, in Giappone a fine Ottocento, nel momento in cui il Paese del Sol Levante intendeva abbandonare il lungo periodo medievale. Il Judo prevede lo studio di tecniche di pugno o calcio, ma non si applicano o eseguono durante i combattimenti. Nell’ambito della difesa personale, la reazione deve essere sempre proporzionata al genere di provocazione o aggressione. Il fatto che il Judo non preveda colpi è un fattore positivo e importante, perché rende possibile, mediante prese, leve e proiezioni, il controllo dell’eventuale aggressore, evitando delle possibili e pericolose conseguenze per entrambi. Negli shiai o combattimenti sportivi del Judo, non sono ammesse le tecniche di pugno o calcio”.

Dove possiamo notare il suo lato educativo?
“Gli allievi devono effettuare il saluto, un breve inchino, sia all’ inizio che alla fine delle lezioni di Judo, salutarsi sempre, sia prima che all’inizio dei randori, o combattimenti liberi di allenamento, in segno di rispetto reciproco. Il Judo si pratica scalzi per questioni e norme igieniche e le tecniche di prese e proiezioni sono un metodo di controllo del contendente. Insegniamo anche il rispetto verso ogni cosa e individuo, oltre a quello delle regole”.

Nabil Morcos

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