Remy Bertola, tennista classe 98 nato a Lugano ed attualmente numero 352 della classifica ATP ma con un best ranking raggiunto lo scorso anno di 342) da ormai sei anni ha scelto l’Italia per allenarsi e migliorare sempre di più il proprio gioco. Il sodalizio con coach Fabio Chiappini va avanti ormai dal 2018 ed è stato il primo a sposare il progetto MXP. Per conoscerlo meglio e ripercorrere tutte le tappe della sua carriera tennistica, lo abbiamo incontrato per porgli qualche domanda.

Partiamo dall’immediato. Come stai e com’è stato il tuo inizio di 2023?
“Come un leone in gabbia (scherza, ndr). Purtroppo l’inizio della stagione non è stato troppo positivo: nel primo match in Argentina, al Challenger di Tigre, ho riportato una lesione dell’infraspinato e un’infiammazione ad un tendine della spalla. Nella trasferta sudamericana ho giocato quattro match, perdendone tre, ma in queste condizioni già aver portato una sfida a casa è stato un miracolo. Se fossi stato vicino a casa, onestamente, dopo il primo torneo mi sarei fermato. Fortunatamente, giocandoci sopra, non ho aggravato la situazione e grazie a tanta fisioterapia spero di rientrare nel circuito a metà marzo”.

Facciamo però un bel balzo a ritroso nel tempo. Come hai cominciato ad appassionarti al tennis?
“È una storia molto particolare e c’è un bell’aneddoto che racconto sempre a chi mi fa questa domanda. Quando avevo otto anni ero con i miei genitori a Parigi: dovevamo entrare a Disneyland, ma non mi andava di fare così tante ore in coda perché avevo poca pazienza, e allora proposi di andare a vedere lo Stade De France, anche perché all’epoca giocavo a calcio. Dato che lo stadio e il Roland Garros sono molto vicini, abbiamo proseguito la nostra visita e siamo finiti vicini ai campi in terra rossa più famosi del mondo. Una volta arrivati lì, il fascino di questo posto mi ha rapito ed ho fatto, proprio su quei campi, la mia prima lezione di tennis. Dopodiché, una volta tornato a Lugano, ho cominciato a frequentare la scuola tennis con frequenza sempre maggiore, fino a che mi sono reso conto che questo sport sarebbe potuto diventare il mio lavoro”.

A questo punto facciamo un passo in avanti. Com’è avvenuto lo step che ti ha portato sulla strada del professionismo?
“La scelta di buttarmi nel professionismo è stata ben ponderata e figlia di un periodo lungo dove stavo finendo il liceo in Svizzera e, di conseguenza, non avevo moltissimo tempo libero. Fino ai diciotto anni non sapevo cosa fosse il “full-time”. Una volta finite le superiori, però, ho capito che poteva essere il momento ideale per giocarmi le mie carte e lanciarmi a capofitto nel mondo del tennis. Ho cominciato quindi ad allenarmi a Cusano Milanino con il maestro Mauro Arnone e con lui ho fatto un bel percorso, durato circa due anni, in cui ho conquistato anche i miei primi punti nel circuito maggiore. Praticamente, non avendo fatto carriera Juniores, sono arrivato come uno sconosciuto, e certi aspetti di questi tornei li ignoravo proprio. Ho fatto, però, in fretta ad ambientarmi”.

Nel 2018, però, il tuo percorso con Arnone giunge al termine e cominci quello con coach Fabio Chiappini…
“Esatto. Come tutte le cose, nella vita, anche il mio rapporto lavorativo con Mauro è finito. Subito dopo, però, è iniziata un’altra bellissima parentesi, quella con Fabio al TC Milano 3. In questo periodo ho fatto il vero passo in avanti che mi ha portato a giocare sempre meglio e potermi imporre nei circuiti ITF e ATP Challenger”.

Nel 2020 poi, purtroppo, è arrivato il Covid…
“Hai detto bene, purtroppo. È stato un periodo molto complicato per me. Ho dovuto abbandonare il mio coach e i miei compagni di allenamento e sono dovuto tornare nella mia città natale. Fino ad ottobre ho cercato di allenarmi il più possibile in Svizzera, in autonomia, ma non è stato affatto semplice. Solo ad ottobre 2020 sono potuto tornare in Italia, mese in cui ho ottenuto anche la mia prima vittoria nel circuito Challenger (a Biella, contro Tommy Robredo, ex numero 5 ATP, ndr). Da Milano, però, Fabio era passato al TC Le Querce dove, con Marco Brigo, ha fondato MXP Tennis Academy. Io sono stato il primo a sposare a pieno questo progetto attirando poi altri giocatori, come Bellucci e Iannaccone ad esempio, con cui ho il piacere di allenarmi quando siamo tutti e tre alla base. Abbiamo formato un bel team e siamo uniti sia dentro che fuori dal campo. Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere”.

Possiamo dire con tranquillità, poi, che la stagione scorsa è stata la migliore per te a livello di risultati?
“Assolutamente sì. Ho conquistato un titolo ITF 25mila dollari a Sierre, in casa mia. Inoltre vado orgoglioso anche di aver fatto una finale ITF 15mila dollari e due semifinali ITF 25mila. Ciliegina sulla torta di una grande annata è stata la semifinale al Challenger di Campinas, Brasile. Da quel momento ho acquisito una consapevolezza dei miei mezzi ed una forza mentale impressionanti. Per aver scalato tante posizioni in classifica (da 569 a 342 ATP, suo best ranking, ndr) forse un titolo è quasi poco, ma questa è sempre stata la mia forza, l’essere costante in tutti i tornei che gioco: pochi alti e bassi, ma grande solidità. Spero di poter costruire un futuro ancor più luminoso su questa mia caratteristica”.

Parlando di futuro e riagganciandoci a quello che ci hai detto prima, quando pensi di tornare alle competizioni? Hai già fatto una bozza di programmazione?
“Ho già pensato a tutto. Mi manca troppo competere e col mio team non lasciamo nulla al caso. L’obiettivo realistico è quello di rientrare per le qualificazioni al challenger di Zara, Croazia, il 20 marzo. Se dovessi fare in tempo vorrei giocare anche l’ITF 15mila dollari che si giocherà sempre a Zara la settimana precedente per poter mettere partite nelle gambe. Dopodiché l’intenzione è quella di giocare tutti i Challenger in Europa su terra outdoor, la mia superficie preferita. Dopo due mesi fermo, sarà una ripartenza intensa”.

E per finire andiamo sui tuoi obiettivi per questo 2023…
“Prima di tutto l’obiettivo è lasciarsi alle spalle questo inizio negativo. Poi, a livello tecnico, quello di limare qualche dettaglio nel movimento del rovescio, che è il colpo che mi ha portato ad avere problemi alla spalla. Infine, a livello di ranking, l’obiettivo è quello di salire rapidamente per poter entrare alle qualificazioni del Roland Garros. Sarebbe come chiudere un cerchio per me. Giocare il mio primo slam dove mi sono innamorato di questo splendido sport sarebbe incredibile. Lavorerò con tutto me stesso, come sempre, per far sì che questo obiettivo diventi realtà”.

Filippo Salmini

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