Ultimo allenamento della stagione, clima spensierato dopo la salvezza e le classiche quattro chiacchiere nello spogliatoio. Era lo scorso martedì quando due giocatori della Sestese decidevano di partire alla volta di Faenza per dare una mano alle comunità colpite dall’alluvione. L’intesa e l’affiatamento tra loro non poteva essere maggiore, dato che per un anno intero hanno lavorato fianco a fianco nello stesso reparto. A raccontarci la loro esperienza sono i portieri Luigi Castelli (2003) e Niccolò Passaretta (1987), in un’intervista doppia a tutto tondo che spazia dal fango dell’Emilia ai progetti sul rettangolo verde.

In che momento hai deciso di partire?
Castelli:
“Lunedì scorso, vedendo in televisione com’era la situazione, e avendo anche un po’ di tempo libero dato che la stagione era appena finita. Il martedì mi sono presentato all’ultimo allenamento e parlando con Passaretta abbiamo scoperto di aver avuto la stessa idea. A quel punto abbiamo deciso di partire insieme e così è iniziata tutta questa esperienza”.
Passaretta:
“Credo di aver preso la decisione il giorno prima dell’ultimo allenamento. Le settimane prima del ritorno dei playout erano state davvero pesanti, perché mentalmente ero focalizzato esclusivamente sulla salvezza. Una volta passato quel momento, ho pensato di andare a dare una mano. Era qualcosa che avrei sempre voluto fare già quando erano successe altre disgrazie in passato, ma per via dei vari impegni non ci ero mai riuscito. Questa volta, invece, avendo appena finito la stagione, non potevo più rimandare”.

Qual è stato il tuo primo pensiero una volta sul posto?
Castelli: “Sarò onesto, quando siamo arrivati all’uscita dell’autostrada la situazione non sembrava così tragica come veniva descritta. In realtà, poi, entrando nelle vie secondarie della città, sembrava l’apocalisse: c’erano pompieri, militari, macerie ovunque, case inondate di fango e acqua fino al primo piano compreso, persone disperate che avevano perso in una notte tutti i sacrifici di una vita. In più, ascoltare le storie di come avevano vissuto quei momenti è stato difficile, soprattutto perché fino a quando non si vedono certe scene coi propri occhi, si fatica a crederci. Guardandole in televisione ci si fa un certo pensiero, ma sul posto mi veniva il magone”.
Passaretta:
“Appena arrivati siamo stati smistati in una zona che in realtà non era neanche tra le più sporche. Abbiamo iniziato a darci da fare, ma dopo poco, di nostra iniziativa, ci siamo spostati in una zona veramente disastrata, dove il fango arrivava fino alle ginocchia. Lì la situazione era così devastante che sembrava fosse scoppiata una bomba la sera prima, e invece era già passata una settimana dall’accaduto. Siamo stati anche i primi a entrare in una casa dopo l’alluvione: al piano terra il pavimento era sprofondato e in tre stanze il fango arrivava alla vita. Gli stessi operatori onlus e della Protezione Civile ci hanno detto che una cosa del genere non si vede tutti i giorni”.

Magari, tra chi sta leggendo, c’è qualcuno che vorrebbe partire, ma che non trova il coraggio. Cosa ti senti di dire per motivarli?
Castelli:
“Quello che mi sento di dire è di non aver timore ma di affrontare questa esperienza come un’avventura. Per me la soddisfazione più grande in quei giorni è stata vedere la gente sorridere dopo che li avevamo aiutati a sistemare un po’ la casa. È stata una bella opportunità per fare del bene, che in qualche modo torna sempre indietro. Se qualcuno vuole partire, magari può trovare un compagno di viaggio, ma in ogni caso là ci sono tanti ragazzi giovani con cui potersi aggregare. Penso che sia una bella esperienza di vita che fa crescere”.
Passaretta: “Direi che c’è un assoluto bisogno di chiunque possa andare lì. Io avevo deciso di fermarmi sei giorni perché c’era davvero tantissimo da fare. Eravamo ancora nel pieno dell’emergenza, quindi c’era da spalare il fango, fare catene umane per portare fuori i mobili, andare nelle cantine allagate ad aspirare l’acqua con le idrovore. Immagino che le mansioni stiano cambiando col passare dei giorni e che adesso si tratti più che altro di lavori di fino, come pulire gli interni. Aiutare le persone senza un secondo fine è bellissimo. Noi entravamo nelle case senza sapere chi fosse il proprietario, davamo una mano e uscivamo, e vedere come ci ringraziavano non aveva prezzo. C’era un signore, Omero, che addirittura si commuoveva quando gli dicevo che sarei stato lì anche il giorno dopo”.

Dopo dieci mesi insieme sui campi, hai condiviso questa esperienza con una persona che conosci molto bene. Cosa ti ha più colpito di lui in quelle ore faticose?
Castelli:
“Devo dire che abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto. Il reparto dei portieri è un po’ una squadra a parte e tra di noi ci siamo trovati bene tutto l’anno, quindi non poteva essere diversamente in questa esperienza. Naturalmente di Passaretta posso dire che è una persona splendida, altruista e un gran lavoratore, come ha dimostrato in tutta la stagione. Ci siamo trovati a spalare per sette, otto o anche dieci ore consecutive senza mai fermarci e questo fa grande onore a entrambi”.
Passaretta:
“In quei giorni abbiamo consolidato un rapporto che si era creato nell’arco dei mesi. Quando ci siamo conosciuti quest’estate, eravamo semplicemente compagni di squadra, ma col passare del tempo ho trovato in lui una grande persona e affrontare insieme quest’esperienza ci ha unito ancor di più. Gigi è un ragazzo a cui non manca nulla, eppure in quelle ore si è messo completamente a disposizione, con semplicità, onestà e soprattutto col cuore”.

In campo, invece, cosa hai più apprezzato del tuo compagno di reparto?
Castelli:
“Di lui credo di aver apprezzato soprattutto il fatto che ha messo sempre la squadra davanti, lavorando con il massimo impegno e la massima disponibilità, qualcosa che non è poi così scontato per un ragazzo che ha già una certa età e un ruolo che se in campo non è quello del titolare, in spogliatoio invece è fondamentale. Lui sotto questo aspetto ci ha aiutato tantissimo ed è sempre stato trasparente; soprattutto nei momenti di difficoltà, ha cercato di creare un clima molto positivo e penso che una delle sue più grandi qualità sia proprio questo ottimismo che trasmette anche ai compagni”.
Passaretta:
“Premetto che personalmente cerco sempre di imparare qualcosa da tutte le persone che incontro nella vita. Nonostante abbia sedici anni meno di me, posso dire di aver imparato tanto anche da Gigi. È un ragazzo sicuro di sé, ambizioso e molto maturo per la sua età, che riesce a non farsi distrarre da ciò che lo circonda, una caratteristica importantissima in un ruolo come il nostro, dato che ci sono portieri anche molto bravi che però si abbattono non appena qualcosa va storto. E poi Gigi… ha un mancino fantastico (ride, ndr)“.

Passiamo al calcio. Ti aspettavi di vivere una stagione di questo tipo? Indipendentemente dagli alti e bassi che avete affrontato, cosa ti ha lasciato?
Castelli:
“No, non mi aspettavo di vivere una stagione del genere. Le ambizioni a inizio stagione erano altre, sia da parte della società che di noi giocatori, perché avremmo dovuto lottare per qualcos’altro e chiaramente l’andamento della stagione non ce l’ha permesso. Abbiamo dovuto riadattare i nostri obiettivi e mentalmente non è stato per niente facile, tant’è che siamo precipitati in caduta libera fino ad arrivare ai playout e ci siamo salvati all’ultimo secondo dell’ultima partita. Ci sono stati molti momenti difficili, ma il fatto di rimanere lucidi e metterci sempre la faccia ha giocato a nostro favore. Poi, come nella vita, le esperienze negative insegnano a volte più di quelle positive, quindi se da un lato quest’annata non è stata la migliore per i risultati calcistici, dall’altro la considero comunque in modo positivo per le situazioni vissute”.
Passaretta: “No, perché eravamo partiti con delle ambizioni diverse e ritrovarci a lottare per i playout è stato difficile, soprattutto perché bisognava gestire mentalmente un gruppo che era preparato a tutt’altro e che probabilmente non aveva nelle corde quella furbizia e malizia per salvarsi e interpretare le partite in quell’ottica. È stata una stagione che mi ha arricchito tantissimo, perché credo che si debba sempre trarre il meglio da tutto ciò che ci succede. Nonostante la mia età, ora credo di essere ancora più maturo per affrontare le prossime sfide proprio grazie all’esperienza di quest’anno, che non va cancellata semplicemente perché era qualcosa che non ci aspettavamo, ma valorizzata e tenuta stretta per farla fruttare nella maniera migliore”.

E per l’anno prossimo, quali sono i tuoi programmi o le tue aspirazioni?
Castelli: “Il 30 giugno rientrerò dal prestito a Venegono, per cui la Varesina farà le sue valutazioni e io le mie. Non nascondo che vorrei giocare in Serie D, ma dovrò prima vedere le richieste e offerte che arriveranno. Ad ogni modo, spero di potermi confermare a un livello alto. Purtroppo non ho la sfera magica (ride, ndr)“.
Passaretta:
“So di essere vecchio, ma mentalmente sono ancora sul pezzo e ho una grande fame. Sono assolutamente convinto che non solo nel calcio ma anche nella vita sia sempre la testa a fare la differenza, quindi vorrei continuare a giocare, perché sono ambizioso e ho ancora tanti sogni. Uno, sicuramente, è quello di vincere un campionato con la Sestese, che per me è e sarà sempre la Sestese. Sono anche proiettato ad imparare qualcosa di nuovo per il ‘dopo’, che spero avvenga il più tardi possibile”.

Silvia Alabardi

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