Full immersion nello Skorpion Karate di Castellanza. Il Maestro Massimiliano Dominici, direttore tecnico del Dojo, ci introduce nel mondo della nota arte marziale nipponica presentandoci la sua palestra e gli obiettivi che vuole perseguire con i suoi atleti.
Maestro Dominici, come si avvicinò al Karate?
“Lo pratico sin da quando ero ragazzo, ed è una passione che ho coltivato per tanti anni. Ritengo che il Karate sia uno sport completo, in parte difficile da praticare, perché richiede delle abilità motorie elevate, a differenza di altre discipline da combattimento in cui bisogna effettuare delle tecniche rapide, forti e controllate. Occorre soprattutto una buona conoscenza e padronanza del proprio fisico. Nel Karate, pur trattandosi di uno sport individuale, si lavora spesso anche in gruppo, nel rispetto delle regole previste all’interno del dojo. Si può essere sia dei karateka agonisti, partecipando alle gare, che amatoriali, come coloro che lo praticano solo al fine del proprio benessere psico-fisico o a quello della difesa personale”.
Perché il vostro dojo si chiama Skorpion?
“La nostra palestra aveva questo nome sin da quando io e il nostro presidente Innocenzo Portelli, ex commissario ufficiale di gara, praticavamo in gioventù un Karate sportivo, finalizzato principalmente all’agonismo, pur svolgendo attualmente anche dei corsi per gli atleti amatoriali. Nel complesso, miriamo sempre a preparare e a canalizzare i ragazzi nelle gare di katà, forme o dimostrazioni di tecniche, e di kumitè, o combattimento regolamentato. Considero sia il katà che il kumitè due branche diverse che fanno parte del Karate. Per gli allievi di tutte le età teniamo molto alla preparazione fisica, allo scopo di prevenire degli eventuali infortuni, e nei bambini consideriamo fondamentale il fatto che si rendano consapevoli delle loro abilità attraverso lo sviluppo della loro intelligenza motoria. In generale, insegniamo un karate sportivo rivolto essenzialmente al fine agonistico e alle competizioni”.
Quali stili avete?
“Lo Shotokan e lo Shito Ryu. Penso che lo Shito Ryu sia più adatto al fisico femminile, per via delle posizioni più dolci e meno articolate, a differenza dello Shotokan che è più solido. I katà, svolti nei due stili, hanno fra loro pochissime differenze. Il katà si può eseguire sia individualmente che a squadre, e possiamo considerarlo un combattimento reale contro degli avversari immaginari o ipotetici. In gara, il Bunkai è un combattimento nel quale si applicano le tecniche apprese nei katà, al fine di suggerire agli arbitri, che ne giudicheranno l’esito, l’idea del combattere realmente. Il Kumitè è invece un combattimento che richiede sia una prestanza che una preparazione fisica diversa, a contatto controllato senza il ko, nel quale si vince ottenendo più punti, mediante l’effettuazione di tecniche di braccia e di gambe. Anche durante gli allenamenti nel kumitè usiamo le protezioni”.
Quali risultati hanno raggiunto i vostri karateka agonisti?
“Negli anni ne abbiamo avuti diversi entrati nel giro del CNAG, il seminario nazionale attività giovanile Karate, che comprende gli atleti dai quattordici ai ventun anni. La sedicenne Roberta Dominici, cintura nera al primo dan, già nella nazionale italiana di Karate, ha vinto tre titoli nazionali, tre medaglie ai campionati europei, raggiunto il quinto posto al mondiale, e collezzionato dieci medaglie nelle varie tappe in Coppa del mondo nelle prove di Katà; adesso sogna di entrare nel gruppo sportivo delle Forze Armate. La scorsa settimana a Riccione dei tecnici della nazionale italiana di Karate hanno gestito degli allenamenti ai quali potevano partecipare anche quegli atleti che hanno ottenuto dei successi alle competizioni nazionali e internazionali. Ci siamo andati anche noi e ho visto molto bene i ragazzi, mentre svolgevano i katà e i kumitè: le quattordicenni cinture marroni Sofia Zodda, vincitrice di due titoli italiani nel kumitè, e Giada Moroni, un argento nel katà e un bronzo nel kumitè, hanno tenuto alto il nome dello Skorpion”.
Qual è il suo giudizio sull’ aspetto gare?
“Ho notato che dopo le Olimpiadi di Tokyo nel 2020 il Karate è in generale molto più seguito e anche più trasmesso sulle piattaforme televisive sportive. Alle ultime olimpiadi giapponesi, il carabiniere Luca Busà ha vinto l’oro nel kumitè, mentre Viviana Bottaro, della Polizia di Stato, ha ottenuto il bronzo nel katà. Durante lo svolgimento del kumitè hanno inserito anche la video review, che ha un ruolo simile a quello svolto dalla Var nel calcio. Considero il lavoro degli arbitri molto complesso e impegnativo, perché si tratta di giudicare mesi e anni di preparazione da parte dei karateka, durante le esecuzioni delle prove di katà e di kumitè”.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
“Intendiamo riconfermarci a livello italiano e far permanere dei nostri atleti nella nazionale italiana di Karate. Finalizzeremo le nostre fasi di preparazione allo scopo di fare entrare degli altri nostri ragazzi nel team azzurro. Siamo sempre rivolti al lato sportivo del Karate, perché l’abbiamo praticato in senso agonistico sin da quando eravamo molto giovani”.
Nabil Morcos