Secondo Marco Spilli, allenatore della Varesina, è difficile parlare di derby tra la sua squadra e il Varese, poiché i biancorossi hanno una storia e un blasone tali da annoverare rivalità ben più altisonanti. Sarà, ma un derby diventa tale quando in esso vengono racchiuse quelle caratteristiche tipiche dei big match: medesimo campionato di appartenenza, campanilismo tra tifoserie, ma soprattutto una serie di precedenti tra le compagini. E nel caso specifico di Varese e Varesina, le numerose sfide delle ultime stagioni hanno creato ormai il contesto giusto per una sana concorrenza.

L’ultima partita rappresenta un boccone amaro da digerire per i biancorossi, ma è bene ricordare quanto sia importante perderle sul campo certe sfide, affrontandosi a viso aperto e senza escludere alcun colpo. Ed eccoci quindi a ripercorrere uno dei passi che hanno portato ad aumentare l’aura d’interesse che gravita attorno a questo appuntamento: Varese-Varesina 2019, la gara mai giocata.

Facciamo un salto indietro nel tempo. Biancorossi e rossoblù affrontavano il campionato di Eccellenza ma con esiti ben differenti: se a Venegono si lottava per i playoff in un clima di assoluta fiducia e tranquillità, nella Città Giardino si cercava la salvezza dovendo ottemperare ad una penalizzazione di 11 punti e ad una situazione societaria totalmente caotica. Il 13 febbraio si giocava, o meglio, si sarebbe dovuto giocare lo scontro diretto tra i due club, ma quello che andava consumandosi all’Ossola era uno spettacolo indegno.

La gestione di Claudio Benecchi si rivelò rovinosa e, purtroppo per lo sport, la mancanza di fondi fu forse il male minore in mezzo ad una serie di eventi che superava ampiamente la soglia dell’assurdità. Quel giorno, i tifosi dovettero assistere ad uno dei momenti più bui nell’ultracentenaria storia del Varese. Le voci che palesavano la volontà di ritirare la squadra dal torneo si susseguirono sempre più insistenti, trovando maggiori conferme in quel pomeriggio di febbraio. Alle ore 17.00, a circa tre ore dal fischio d’inizio, non si muoveva una foglia né all’interno né tanto meno all’esterno dello stadio, con i cancelli sigillati e nessuno dei rappresentanti presenti. Le premesse col passare dei minuti si trasformavano in concrete e brucianti verità, messe in luce definitivamente alle ore 19 con l’arrivo della terna arbitrale e della Varesina, i quali si trovarono di fronte la triste sorpresa non preventivata.

Impossibilitati ad accedere, gli arbitri e i rossoblù si ritrovarono ad attendere al freddo l’arrivo di un Varese che non si presentò mai, con il direttore di gara obbligato a decretare l’attesa ufficiale della squadra di casa con scadenza categorica alle 21.15, pena la sconfitta a tavolino per 0-3. Tra un bicchiere di tè caldo e l’altro, ecco la prevista sentenza nello sconforto generale degli interpreti presenti, con la Varesina costretta a risalire sul pullman e tornare verso Venegono a bottino pieno ma con il cuore colmo di amarezza.

Quel triste episodio si aggiunse alla lista di eventi che caratterizzarono quella deludente stagione calcistica per il Varese, conclusa con l’ennesimo fallimento societario nonostante il grande impegno della rosa nel raggiungere, quanto meno, la salvezza sul campo. Di quella società oggi rimane solo il ricordo, ma è fondamentale conservarlo bene seppur doloroso, affinché non si ripetano più situazioni simili: per rispetto degli interpreti, dei tifosi e di quei colori, che da oltre cent’anni raccontano la storia non solo di questa squadra, ma anche e soprattutto di questa città. La trasparenza nei confronti dei tifosi e degli addetti ai lavori, ma anche di sé stessi, è una prerogativa fondante di una società sana e seria: perdere sul campo, per quanto la sconfitta sia sempre difficile da digerire, è meglio del rinunciare senza provare.

Dario Primerano

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