Quando la pausa di campionato arriva dopo una sconfitta è normale che i giorni a seguire siano pregni di riflessioni, valutazioni e domande, che attendono risposta poi solo dall’unico giudice insindacabile dello sport, che è il campo.

Questo è ciò che sta accadendo in casa Pallacanestro Varese dopo la sconfitta in Coppa Italia contro Pesaro, la terza consecutiva contando anche le ultime due di campionato con Tortona e Milano, la quarta in 5 partite in questo 2023, iniziato con un calendario sicuramente in salita per i biancorossi che però sono riusciti a vincere solo una volta e viene quasi da sorridere sapendo che lo abbia fatto poi con quella stessa Brescia che ha sorpreso tutti a Torino, alzando il primo trofeo della propria storia.

Momenti di una stagione, ottima, che sta portando avanti la Pallacanestro Varese e che più passa il tempo più si enfatizza a confronto di valori e budget delle dirette rivali della corsa playoff. E’ anche vero però che la OJM lo status di mina vagante e di solida realtà di questo campionato se lo sia scostruito a suon di vittorie ed è giusto dunque, valutarla per ciò che è oggi.

Ed allora, tanto più grande sei, quanto più clamore fanno le cadute e su queste si cerca di analizzare per cercare di capire cosa, da qui alla fine della stagione, la squadra di coach Matt Brase possa cambiare o modificare per tornare a performare come qualche mese fa. Tralasciando il discorso stanchezza, più che legittimo, la vera domanda è se questa Pallacanestro Varese, voglia e possa provare a cambiare qualcosa nel proprio modo di giocare senza snaturare la propria identità?

Sembra quasi ossimorico pensare di poter cambiare il proprio modo di fare senza rischiare di snaturare un’identità tanto radicata quanto efficace che il mondo biancorosso è riuscito a costruire nel giro di pochi mesi, ed il dilemma è proprio questo. Il fatto di pensare di cambiare qualcosa nel gestire determinati momenti, nel preparare determinate gare, nell’inventare qualcosa di nuovo in un sistema tattico ormai collaudato, insomma, per certi versi cercare anche di evolversi in un momento in cui qualche certezza sembra stia venendo meno, può rappresentare l’ennesima dimostrazione di crescita, capacità e sviluppo di una squadra e più in generale di una filosofia che finora ha stupito tutti o un rischio troppo grande considerata la bontà dei risultati raccolti finora al netto di qualche scricchiolio tattico?

Domande che prima che a noi, siamo certi siano venute in mente a tutto lo staff tecnico biancorosso che sta lavorando incessantemente per risolvere questo rebus, forse decisivo per rimanere ben centrati nella corsa playoff: cambiare qualcosa o non cambiare nulla, evolvere cercando di mantenere la propria identità o proseguire sulla strada maestra, pur con tutti i rischi collegati al fatto che gli avversari hanno ormai studiato e analizzato il gioco biancorosso? A Brase e Galbiati l’arduo compito di dare e trovare una risposta che possa permettere a Varese, dopo la conquista delle final Eight di Coppa Italia, di trovare una salvezza tranquilla e partecipare ai playoff, che per l’anno zero del progetto targato Luis Scola, non sarebbe male.

Alessandro Burin

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