Separare la vita professionistica da quella personale, per Dino Meneghin, è praticamente impossibile, perchè il basket per lui è stato molto più di uno sport, perchè il basket per lui è stato vita, perchè lui, per il basket, è stato in campo, ed è tutt’ora, un’icona, un simbolo, un modello ed un esempio da seguire.

Sono state tantissime le emozioni che hanno contrassegnato la serata di ieri, lunedì 13 novembre, nella quale è andata in scena la prima cinematografica del docufilm “Dino Meneghin – Storia di una Leggenda“, il documentario sulla vita sportiva e non solo di un campione capace di riscrivere la storia del basket italiano ed europeo.

Un evento organizzato in maniera magistrale da Il Basket Siamo Noi, che ancora una volta ha saputo colpire nel segno, regalando a tantissimi associati e non solo una serata indimenticabile, nel segno della Pallacanestro Varese con un uomo ed un giocatore che di questa società, ne ha scritto alcune delle pagine più belle ed emozionanti: “Siamo nati nel 2016 con l’intento di creare serate del generedice il presidente del Trust dei tifosi biancorossi, Umberto Argieri -. Era una premessa ed una promessa quella di tenere alta la tradizione della nostra storia che nasce da lontano ed ha radici profonde. E’ nostro dovere proteggerla e tramandarla. Tutto quello che abbiamo iniziato a fare con il nostro percorso ha il fine di coinvolgere giovani, scuole e territorio. Cerchiamo di portare la pallacanestro al di fuori della domenica e del palazzetto, con progetti fatti di grande condivisione. Quale migliore iniziativa dell’essere noi promotori della prima live al cinema del docufilm sulla vita di Dino Meneghin“.

Tantissimi gli ex compagni di Dino presenti per l’evento: Aldo Ossola, Maurizio Gualco, Paolo Vittori,Marino Zanatta, Massimo Lucarelli, Toto Bulgheroni, Giorgio Consonni, Fabio Colombo e Armando Crugnola. Una serata magistralmente condotta dal giornalista Antonio Franzi, accompagnato da chi la biografia di Dino Meneghin l’ha scritta ed ha contribuito in maniera fattiva a questo contenuto, ovvero il giornalista Flavio Vanetti.

Un docufilm che per voce dello stesso Dino, è stato creato per parlare di basket, ma che tocca anche alcuni aspetti privati del Meneghin uomo: dall’infanzia nelle montagne bellunesi, al bis-nonno alto 206 cm da cui ha eredito il gene dell’altezza), al rapporto con il figlio Andrea, difficile all’inizio e poi sbocciato con il passare del tempo, finendo con l’amore per l’attuale moglie Caterina.

La bravura del regista Samuele Rossi, nella capcità di racchiudere in 50 minuti, più o meno, un’intera vita di campo e non solo di un grandissimo, tenendo sempre intrecciato il filo tra la vita professionale e quella privata, in un contenuto capace di avvicinare Meneghin anche a chi, come chi sta scrivendo, per questioni anagrafiche, non lo ha mai visto giocare. Il sudore, la passione, il lavoro, il sacrificio, le scelte difficili, le gioie ed i dolori, tutte emeozioni, sensazioni, che si toccano in maniera tangibile guardando questo docufilm, come se si stessero vivendo per la prima volta, lì, insieme a Dino.

Una serata che, come le grandi partite, si conclude, immancabile con l’applauso di tutto la platea, con il viso visibilmente emozionato di Meneghin che ai microfoni racconta: “Abbiamo deciso di fare questo docufilm innanzitutto per parlare di basket. Ho avuto la fortuna di giocare per grandi squadre, con grandi campioni e quindi per i più vecchi sarà un modo di ricordare tempi passati, mentre per i più giovani potrà essere fonte di scoperta di un basket diverso da quello attuale, conoscendo volti e visi di quei giocatori. Non mi sarei mai immaginato di vedere la mia vita al cinema, quando me lo hanno proposto ero molto dubbioso. Un giorno però ho incontrato due ragazzini che giocavano a basket e mi hanno chiesto se avessi giocato nella NBA. Dissi di no e spiegai quello che avevo fatto ma loro non conoscevano nulla. In quell’istante decisi che dovevamo fare questo documentario per raccontare una pallacanestro che non c’è più ma che è storia importante del nostro sport. Era doveroso e d’obbligo avere la prima cinematografica del film qui a Varese, una città che ha dato modo non solo a me ma a tutta la mia famiglia di lavorare, farci conoscere e realizzarci. Un modo per ringraziare Varese per tutto querllo che ha fatto per la famiglia Meneghin“.

Alessandro Burin

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