A chi non è mai stato rimproverato d’esser, anche solo per una volta, poco coerenti? E a quanti invece non è stata fatta notare la mancanza di costanza nel lavoro, nello studio o nella vita di tutti i giorni? Probabilmente pochi. Bene, se anche a voi è successo, proprio come al sottoscritto, sappiate che nella lunga storia della Serie A c’è stata una squadra in grado di farci sentire ancora più colpevoli: già, proprio il Varese, capace di condensare coerenza e costanza in una stagione sportiva entrata negli annali.

Facciamo un salto indietro di ben 52 anni e collochiamoci nel mese di ottobre del 1970. L’Italia è ancora amareggiata per la sonora sconfitta nella finale del Mundial messicano, il Cagliari del mitico Gigi Riva difende il suo primo ed unico scudetto e il Varese guidato da Nils Liedholm è appena riapprodato nel massimo campionato. I biancorossi si presentano ai nastri di partenza con una rosa di livello, sorretta principalmente dallo zoccolo duro composto da Carmignani, Dellagiovanna, Borghi e Sogliano.

Il debutto però non sorride ai bosini e Josè Altafini non fa sconti, siglando l’1-0 che regala i due punti (sì, all’epoca la vittoria valeva ancora due punti) al suo Napoli. La seconda giornata di campionato corrisponde all’esordio casalingo tra le mura amiche dell’Ossola, ma Liedholm e i suoi ragazzi non sanno di essere appena diventati vittime di uno strano incantesimo. La sfida terminata 0-0 contro il Torino, infatti, è solo la prima di una serie di ben otto partite concluse con il segno X sulla schedina. La difesa di ferro messa in atto dal tecnico svedese è inversamente proporzionale all’ispirazione offensiva della squadra, portando quindi in dote una striscia incredibile di pareggi consecutivi. Dal 7 ottobre al 13 dicembre 1970, oltre ai suddetti granata, il Varese blocca il punteggio rispettivamente contro Cagliari, Roma, Catania, Bologna, Verona, Milan e Juventus, instaurando un record a tutt’oggi imbattuto in Serie A.

L’Inter si assume l’onere di interrompere la catena vincendo 3-2 a San Siro, seguita la settimana successiva dal Vicenza nell’ultimo match dell’anno solare. Ironia della sorte, i biancorossi battezzano il ‘71 con altri cinque pareggi chiudendo il girone d’andata senza vittorie all’attivo, ma rendendo l’Ossola un vero e proprio fortino inespugnabile. Il ritorno si rivela ben più movimentato ma non meno sorprendente per i biancorossi, capaci di trovare successi prestigiosi contro Cagliari, Verona, Milan e Lazio e rubando punti importanti nelle difficilissime trasferte di Firenze e Torino (sponda Juventus).

Al termine delle trenta giornate il Varese conta ben 16 pareggi in totale, ovvero più della metà delle partite disputate in quel campionato, chiudendo con un rassicurante ottavo posto finale. Certo, era un’altra Serie A: quella dei tornei a sedici squadre, delle vittorie a due punti e del difensivismo spiccatamente italiano. Oggi un primato come quello ottenuto dai biancorossi lascia a bocca aperta (sebbene diverse squadre siano andate vicine ad eguagliarlo, come ad esempio il Genoa lo scorso anno, ferma a sette), ma all’epoca mettere in saccoccia un pareggio significava ottenere una mezza vittoria. La costanza coriacea del Varese pagò, donando una preziosa salvezza e lanciando definitivamente la carriera di Nils Liedholm come allenatore affermato.

Nell’odierna concezione calcistica, da quando la vittoria vale 3 punti, le X vengono percepite come bicchieri mezzi vuoti, ma quanto farebbero comodo ultimamente dalle parti di Masnago…

Dario Primerano

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