Non c’è nulla di meglio della pausa per la Coppa Italia per fare un punto in casa Pallacanestro Varese sulla stagione disputata fin qui.
Un’annata che passa sicuramente dai numeri del campo ma anche da quelli dell’extra parquet, in tema di coinvolgimento e risposta del pubblico, un valore inestimabile della società biancorossa.

Per questo, abbiamo deciso di fare due chiacchiere chi vive quotidianamente entrambi i contesti, ovvero il Presidente de Il Basket Siamo Noi, Umberto Argieri.

Partiamo dalla vittoria con Pesaro: quant’è stata importante in chiave salvezza?
“Oggettivamente è stata una partita che, più delle precedenti, ha messo da parte il discorso della paura, il guardare la parte bassa della classifica, che ha caratterizzato i nostri ultimi mesi. Non è stata una partita facile, ce lo aspettavamo, però alla fine abbiamo dimostrato di avere una marcia in più rispetto alle realtà di medio basso livello del campionato, seppur con qualche momento di paura, che fa parte della nostra natura. Abbiamo dimostrato di essere una squadra che può avere l’ambizione di guardare la parte alta della classifica”.

Quindi crede ai playoff?
“La parte alta della classifica è lì a portata di mano. Forse ora con un po’ più di serenità e sfrontatezza, con la convinzione che da quando è arrivato Mannion è cresciuta enormemente la squadra, a livello di fiducia e sicurezza, possiamo provare a sognare. Sognare ci piace ma ci piace ancor di più l’idea, al di là di quello che sarà l’esito di quest’ultima rincorsa, avere la consapevolezza di avere una squadra che c’è e che se la può giocare fino all’ultimo con tutti e penso che questo sia ciò che più piace ai tifosi. Quando entri a Masnago o vai in trasferta sai che te la puoi giocare, perchè ora il gruppo è compatto, la squadra è equilibrata e solida e può farcela su qualsiasi campo”.

La partita con Pesaro ha scatenato un forte dibattuto tra i tifosi su chi è pro o contro coach Bialaszewski. I fischi alla lettura del suo nome sono stati pesantissimi, lei come si pone in questa situazione?
“Voglio uscire un attimo dalla mia figura di presidente del trust e risponderti a questa domanda in modo molto onesto e sincero. I fischi al coach già dalla prima volta non mi sono piaciuti, non mi piacciono e non mi piaceranno mai. E’ un gesto che faccio fatica a capire e giustificare in alcuni momenti, soprattutto quando è reiterato e divenuto un accanimento ed una bruttissima consuetudine nei confronti di una persona. Questo non tanto per mettermi dalla parte di chi giudica o vuole giudicare, assolutamente no. Quello che mi piacerebbe tanto è che Varese fosse diversa dalle altre piazze, anche in questo senso. C’è tantissima passione ed a volte può essere proprio questo il fattore che determina reazioni uguali e contrarie, qualcuno dice che bisogna metterlo in conto perchè parliamo di persone che ci tengono tanto, però secondo me dobbiamo fermarci un secondo in questo senso. Ripeto, Varese è una realtà diversa e deve cercare di essere un esempio in queste situazioni, con atteggiamenti che ci distinguano per cultura ed identità sportiva. Anche questi esempi a Varese non dovrebbero succedere per i motivi che ho detto. E’ un sogno e spero che si realizzi perchè noi siamo diversi dagli altri. C’era Bob Morse sabato, dimostrazione di una Varese che era sopra a tutto, in campo e fuori e questa è una considerazione che devono fare tutti. Poi ognuno è libero di manifestare il proprio pensiero anche in modo energico ma quello che deve essere chiaro per tutti, sopra a tutto, c’è il rispetto che ci deve essere per la persona, il professionista e l’uomo. Chi è ospite al palazzetto per la prima volta si chiede perchè il coach venga fischiato così’ forte prima della partita e che sta portando a casa i suoi risultati. E’ difficile giudicare chi si comporta in un certo modo. Noi de Il Basket Siamo Noi stiamo cercando di portare avanti un concetto chiaro, che arriva anche dalla Varese School Cup, dove premiamo il tifo sano e sostenibile, cercando di educare tutti su questo concetto di tifo e di cultura dello spettatore. Ci devono essere dei limiti anche nel mostrare le proprie emozioni, mi piacerebbe che a questi fischi, chi non è d’accordo, risponda con un applauso vigoroso e forte. Non dimentichiamoci mai che chi fischia il coach fischia anche chi lo ha scelto e chi crede in lui. Non vorrei mai che questi comportamenti lascino una ferita che ad oggi non possiamo permetterci”.

Se in campionato il discorso salvezza si è messo molto bene dopo la vittoria su Pesaro, in campo europeo la squadra può lottare per provare a riportare a casa un trofeo dopo 25 anni. Quanto la stuzzica questa prospettiva?
“Tantissimo, perchè il fascino delle coppe europee è rimasto intatto. Anche in una manifestazione come la FIBA è rinato tanto entusiasmo ed il fatto di averlo trasformato in concreto obiettivo stagionale dà un valore diverso a questo finale di stagione. C’è fermento, c’è una grande aspettativa, si stanno studiando già i vari intrecci pensando al dopo Nymburk e questo significa che c’è davvero la voglia di provarci. Speriamo che questo si traduca in una bella affluenza di tifo a Masnago nella partita del 13 marzo. Questo può essere un altro strumento di valutazione di quanto l’onda di entusiasmo, di cui parlo ormai da un anno e che in campionato è evidente, possa espandersi anche alla coppa”.

Mi collego a questo: un’onda che voi avete subito cavalcato, che l’anno scorso era spinta dai risultati e che quest’anno dimostra di essere slegata da essi, spinta da tanti nuovi giovani tifosi entusiasti che vengono al palazzetto. E’ una delle vostre vittorie più belle?
“Sì, era un nostro obiettivo primario questo. Ci abbiamo lavorato dal basso cercando di capire quali fossero le mosse giuste da fare per non perdere troppo tempo. Eravamo convinti di avere davanti un orizzonte temporale molto più lungo su cui poi andare a misurare i risultati di questo lavoro, ed invece le tempistiche si sono accorciate sensibilmente ed inaspettatamente e ne siamo molto felici. L’effetto Roijakkers due anni e mezzo fa ha scompaginato le regole ergendo Librizzi a ragazzo simbolo e sogno di un’intera generazione. Una svolta che è stata la scintilla di tutto un percorso che è solo all’inizio. I giovani tirano i giovani, vedere ragazzi che vengono al palazzetto perchè è un’esperienza cool che prescinde dal risultato della partita vuol dire aver fatto bingo. I giovani sono il futuro ma lo sono ancora di più i bambini, che hanno un entusiasmo disinteressato fuori dal comune e che sono una risorsa insostituibile, da proteggere, coltivare e far appassionare sempre più”.

Parliamo dell’iniziativa che come trust avete organizzato settimana scorsa: una cena con i giocatori della Pallacanestro Varese a tema Masterchef…
“Il messaggio di questa cena fa parte di un percorso iniziato con l’operazione di merchandising delle magliette dedicate a Mannion e che prevede da qui a giugno una serie d’iniziative che concorderemo con la società e che hanno l’unico obiettivo di non perdere questa occasione di sostenere con risorse economiche la Pallacanestro Varese, dandole l’opportunità di mantenere a fine anno grande parte di questo gruppo, a partire proprio dal Red Mamba. Abbiamo un’idea abbastanza ambiziosa e vogliamo sensibilizzare chi oggi capisce questo messaggio e vuole partecipare. La cena dei soci Gold a cui tu facevi riferimento è uno di questi esempi ed è una dimostrazione di come ciò che avevamo promesso a inizio stagione per convertire tanti soci Silver in questa fascia, offrendo esperienze maggiori a fronte di una quota più grande, viene mantenuto. E’ stato un momento bellissimo di comunità, i giocatori sono stati entusiasti e i tifosi hanno avuto la possibilità di vivere un momento esclusivo ma anche di grande partecipazione e coinvolgimento. Queste sono occasioni uniche che creano un senso di appartenenza forte e penso sia un valore inestimabile e fondamentale per noi”.

Alessandro Burin

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