Prosegue il nostro viaggio alla scoperta del Karate, del quale il Maestro Antonio Stasi, a Lozza e Castiglione Olona, ne evidenzia gli aspetti filosofici, educativi, psicologici, culturali e ne focalizza anche le differenze tra il Karate tradizionale e quello sportivo o agonistico.

Come si avvicinò al Karate?
“Iniziai a praticarlo dopo aver prestato il servizio militare, grazie a degli amici. All’inizio ero scettico, ma essendo stato allievo a Saronno del Sensei giapponese Takeshi Naito, originario di Shizuoka, ne appresi anche degli aspetti filosofici. Attualmente insegno ai ragazzi che le finalità principali del Karate non sono le tecniche di pugno o di calcio, ma il miglioramento interiore della persona, l’acquisizione di sicurezza, autocontrollo ed empatia nei confronti degli altri. Il Karate dona anche maggior perseveranza anche nella vita quotidiana e nel complesso, rende anche i bambini più determinati. Personalmente non condivido assolutamente l’impiego delle tecniche del Karate per prepotenza, perché quest’arte è un metodo di difesa e ritengo sempre che le diatribe andrebbero risolte a parole e con la razionalità, rifiutando la violenza. La nostra associazione si chiama Kaizen, termine formato da due parole giapponesi, Kai, cambiamento e miglioramento, e Zen, buono o migliore. Gli scopi del nostro Karate sono l’evoluzione della persona e una maggiore scoperta di sé stessi. Lo insegno nella sede di Lozza, mentre in quella di Castiglione Olona svolgiamo gli esami, ai quali anche i genitori degli atleti hanno la possibilità di potervi assistere”.

Quali stili insegnate?
“Solo lo Shotokan, lo stesso stile con il quale nacqui e mi sviluppai come karateka. Lo Shotokan prevede delle posizioni più basse e nonostante sia considerato uno stile più lento, include invece delle tecniche che sprigionano forza e velocità”.

Cosa sono per voi il katà e il kumitè?
“Il katà significa forma, ed è un combattimento preordinato contro degli avversari immaginari, che richiede una buona esecuzione delle tecniche, posizioni e posture. Il Karate Shotokan prevede in totale ventisei katà, durante lo svolgimento dei quali si attuano le tecniche che poi si importano nel kumitè, o combattimento regolamentato in coppia. Nel kumitè i ragazzi imparano a conoscere il senso della distanza e anche la corretta esecuzione e lunghezza delle tecniche di pugno, calcio, parate alte e parate basse. Nel Karate il katà e il kumitè sono fra di essi complementari, sono previsti anche i kyon, ossia le dimostrazioni delle tecniche basilari o fondamentali. Il Karate insegna anche ad assumersi la responsabilità collettiva in seguito a delle situazioni critiche e tutti i katà iniziano con delle tecniche di parata. I ragazzi, svolgendo il kumitè, consolidano soprattutto l’autocontrollo”.

Qual è il suo giudizio in merito al Karate sportivo?
“Il Karate sportivo della FIJKLAM è in generale quello che si vede in occasione delle Olimpiadi, ed è un Karate in cui si approfondiscono gli aspetti fisici, ginnici e biomeccanici, a differenza del tradizionale, che conserva in particolare il concetto fondamentale di marzialità, che significa lato educativo, autocontrollo e controllo del proprio movimento. Ai bambini insegno a dire verbalmente i nomi delle tecniche, nel momento stesso in cui le stanno eseguendo”.

Voi dell’ASD Kaizen avete dei karateka agonisti?
“No. Per ora ci sono solo atleti molto giovani e amatoriali. Ci sono anche alcune ragazzine ed è facile notare come pratichino il Karate studiando e svolgendo le tecniche in modo più attento al particolare e anche più correttamente, rispetto ai loro pari età. Tempo fa, abbiamo avuto, Alessandro Stasi, cintura nera, ventitre anni ed ex nostro karateka agonista, che ha vinto diversi Campionati Regionali di katà e di kumitè e ha raggiunto il quarto posto nei Campionati Italiani di katà. Personalmente, mi prefiggo come principale obiettivo, la crescita e il miglioramento individuale dei miei allievi”.

Quali sono le condizioni dei vostri karateka per poter partecipare alle gare?
“Credo che occorra una buona e solida preparazione tecnica e psicologica, oltre al senso del divertimento. Penso che le eventuali sconfitte in gara non siano assolutamente da considerare come dei fallimenti, ma come dei trampolini di lancio per affinarsi e acquisire maggiori esperienze, oltre al fatto di migliorare progressivamente”.

Nabil Morcos

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui