Il nuovo corso del Varese ha un artefice il cui nome è ben definito: Davide Raineri. Con un budget più basso rispetto alla disastrosa annata della retrocessione, il direttore sportivo ha ricostruito ex novo una squadra in grado di arrivare al terzo posto della graduatoria di Serie D, gettando quelle fondamenta su cui Antonio Montanaro sarà ora chiamato a edificare la scalata promozione.

La spendibilità mediatica non è mai stato il piatto forte di Raineri, che compensa però con un’immensa conoscenza calcistica e una capacità di giudizio fuori dal comune. Qualità che ha messo al servizio di Varese allestendo un organico di tutto rispetto ed è proprio Raineri a dare una sua opinione sul suo operato e sul cammino della squadra: “Dal mio punto di vista il bilancio non può che essere ottimo. Certo, ci sono stati giri a vuoto, ma anche tanti grandissimi risultati e, in generale, l’annata è stata bellissima soprattutto per il gruppo squadra che si è venuto a creare: mai un problema e solo tanta coesione. Poi il calcio è molto semplice, si vince, si perde e si pareggia, ma la mia vera vittoria sta nell’aver visto crearsi un’alchimia straordinaria: ogni giorno si respirava la voglia di andare al campo e se mi guardo indietro devo riconoscere che non era un aspetto scontato. Tolti Malinverno, Baldaro e Settimo, ho cambiato oltre 25 giocatori partendo dal presupposto che il 3 agosto eravamo in Eccellenza. È stata proprio una bella avventura”.

E com’è finita? Tradotto: come ha preso la separazione?
“Avevo capito già da febbraio che non ci sarebbero stati i presupposti per proseguire e preciso fin da subito che se la società non è contenta di qualcosa ha tutto il diritto di fare le sue scelte. Sulla maniera se ne può parlare, ma garantisco che mi sono lasciato benissimo con tutti: anzi, mi spiace non esser riuscito ad andare al pranzo di fine anno per problemi personali, anche se c’è stato un bel confronto telefonico con Rosati con cui non ho mai avuto uno screzio. Io me ne vado tranquillo, consapevole di aver svolto fino all’ultimo il mio dovere e di aver dato tutto”.

Sappiamo che con Corrado Cotta c’era un bel rapporto: un giudizio sul suo operato?
“Il suo operato è stato ottimo e mi viene da sorridere quando penso che c’è gente che lo mette in discussione: il calcio di oggi è tutto chiacchiere e champagne, ma per fortuna c’è ancora gente come Corrado che bada al sodo. Una volta trovato l’assetto con il 4-3-1-2 ha proseguito su quella strada ed è stato eccezionale nella gestione, senza mai un problema né con chi giocava né con chi stava fuori. Un augurio? Ci conosciamo da tanto, gli auguro di far bene a Castellanza ma so che farà bene: è pragmatico, è andato in una società che sa il fatto suo e non deve inventar nulla. Credo che in neroverde, con una squadra giusta come quella che Asmini sta costruendo, si potrà divertire”. 

Tornando al cammino del Varese, c’è qualche rimpianto?
“Con il senno di poi serviva più personalità all’interno della squadra per quanto avere nello spogliatoio uno come Vitofrancesco incida non poco in tal senso. Ci sono però stati dei momenti in cui abbiamo avuto la chance di fare quel saltino in più, e lì siamo mancati. Poi io resto convinto del fatto che l’Alcione avrebbe vinto comunque perché molto più preparato di noi a livello tecnico e organizzativo. Il Varese ha fatto i passi giusti per crescere, anche se sicuramente con un pizzico di qualcosa in più si poteva fare ancor meglio”.

Quale sarà la sfida più complicata per Antonio Montanaro?
“La società vuole alzare l’asticella, ma ciò non significa che un secondo posto va meglio di un terzo: il Varese quest’anno deve vincere. Non conosco personalmente Montanaro, ma ho avuto una bella impressione: apprezzo il fatto che stia mantenendo buona parte della rosa, un blocco che con tre o quattro tasselli nuovi al posto giusto potrà far bene. Se fossi rimasto mi sarei mosso allo stesso modo, consapevole che, per quanto non scontato come sembra, partire da una squadra collaudata soprattutto a livello di chimica può far la differenza”.

Come ogni anno questo è il momento dei proclami e, sulla carta, sembra che tante società abbiano intenzione di aprire il portafoglio. Davide Raineri con il Varese 2023/24 ha dimostrato che per i risultati non serve spendere chissà quanto…
“Posso esser sincero? I soldi aiutano (ride, ndr). Poi ci vuole sicuramente la competenza, ma anche un pizzico di fortuna. Il budget che avevamo è stato alzato da Guri, per quanto sia stato li un paio di mesi e basta, e da Furlan, ma nel complesso abbiamo speso meno, solo per fare un esempio, del Derthona e di tante altre squadre che hanno chiuso sotto di noi. Ovvio che con determinate disponibilità economiche hai una scelta maggiore, ma i soldi vanno comunque spesi bene: ogni estate devi fare qualche scommessa e io ne ho fatte sfruttando il nome e l’appeal di una piazza come Varese. Poi, come hai detto tu, il calcio sta cambiando e i costi si alzano ogni anno: se uno fa bene per tenerlo devi alzargli l’ingaggio e i ragazzi, giustamente, guardano al contante. E di piazze ricche in Serie D ce ne sono tante”.

Cosa serve al Varese?
“Da capire come ha intenzione di giocare il nuovo mister: con la difesa a tre devi irrobustire il reparto centrali avendo anche riserve di spessore poi, oltre al famoso attaccante su cui non voglio soffermarmi, servirebbe un bel centrocampista in grado di impostare: Zazzi ha fatto un lavoro incredibile, ma non è propriamente il suo ruolo e se fosse affiancato da un regista vero e proprio potrebbe rendere ancor di più. Quest’anno ci sarà l’obbligo di un under in meno, ma la scelta dei giovani è sempre di cruciale importanza”.

Quale sarà il futuro di Raineri? Si godrà la pensione o c’è già qualcosa in programma?
“Se mi chiama qualcuno ci penso perché comunque è una cosa che amo fare. Come detto ho avuto delle questioni personali che mi terranno occupato ancora qualche giorno, ma poi sarei pronto a rimettermi in gioco. Di certo sarà possibile vedermi su qualche tribuna perché mi piace fare e studiare calcio”.

Matteo Carraro

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