Il gol non è certo l’arma migliore del suo repertorio e proprio per questo il timbro valso il 2-2 contro la capolista Ospitaletto (risultato che ha mantenuto invariato il gap di -3 dalla vetta) è ancora più importante per Federico Gianola. Il classe ’00 sta rispettando le aspettative confermandosi un valore aggiunto per il centrocampo della Varesina, dando quantità, solidità ed equilibrio a tutta la squadra.

“Quella di domenica è stata una partita equilibrata – commenta lo stesso Gianola –: inizialmente l’abbiamo indirizzata noi, poi abbiamo avuto una ventina di minuti di defaillance in cui loro sono venuti fuori mettendo in mostra qualità e rapidità, ma noi siamo stati bravi ad evitare il blackout pareggiandola. Nella ripresa, secondo me, la paura di perdere ha un po’ preso il sopravvento da una parte e dall’altra: vero che se il colore di quel cartellino fosse stato diverso, magari la partita cambiava…”.

Com’è stato segnare?
“Segnare è sempre bello, a maggior ragione perché non sono così abituato a far gol (ride, ndr). Una dedica? Non può che andare a mio nonno Claudio, anche se non c’è più: proprio domenica sarebbe stato il suo compleanno e mi piace pensare che sia stato un segno del destino. Una grande dedica va però ai compagni di squadra e ai nostri tifosi”.

Al netto di tutto, che impressione hai avuto dell’Ospitaletto?
“Finora non ho trovato una squadra che potremmo definire debole, nemmeno quelle di bassa classifica, e l’Ospitaletto è lassù con merito. Mi hanno fatto una bella impressione perché sono riusciti a dare tanto ritmo nel primo tempo mettendo in pratica belle idee di gioco sfruttando anche individualità importanti. Forse in estate in pochi potevano immaginarli lassù, ma la campagna acquisti è stata davvero importante e stanno semplicemente raccogliendo i frutti di un ottimo lavoro”.

Cosa ne pensi della classifica che si sta disegnando?
“È ancora abbastanza presto farsi un’idea precisa. Sicuramente negli scontri diretti non c’è finora stata una squadra che ha nettamente prevalso sulle altre, ma ho sempre visto un discreto equilibrio. Sarà un girone deciso dai dettagli: mancando l’ammazza-campionato vincerà chi sbaglierà di meno. Similitudini con lo scorso anno? Direi di sì perché anche l’anno scorso ci sono state sei squadre che hanno lottato alla pari fino alle ultime giornate: in situazioni del genere, sbagliare una partita può fare la differenza”.

L’epilogo dell’anno scorso è stato particolarmente dolce per te. Nessuno dava il Caldiero tra le favorite…
“Riprendo il discorso precedente: vince chi sbaglia meno. Le vittorie contro Piacenza e Varesina ci hanno dato il giusto slancio per le ultime sfide e il trionfo al 95esimo contro la Virtus CiseranoBergamo ne è una dimostrazione. Io sono arrivato a gennaio e sono rimasto stupito dal gruppo che ho trovato: con spensieratezza ci siamo goduti il momento, facendo leva sull’entusiasmo dei risultati positivi, forti di quella sana inconsapevolezza di ciò che stavamo vivendo; quello ha fatto la differenza”.

Dopo la vittoria del campionato la scelta di passare alla Varesina: perché?
“Conosco il direttore Micheli ormai da quale anno e, abitando a Lonate Ceppino, sapevo bene che tipo di realtà fosse la Varesina. La prima chiacchierata c’è stata a giugno, a luglio abbiamo trovato l’accordo e mi sono subito aggregato al gruppo. Ho trovato una società seria, ambiziosa, che ha tutto per far bene e la realtà di tutti i giorni ha di gran lunga superato quelle che potevano essere le mie aspettative”.

Nella tua carriera hai girato tantissimo: Veneto, Sardegna, Svizzera, Spagna…. Qual è stata la tappa più importante per te?
“Non c’è stata un’esperienza più importante delle altre, perché ognuna è riuscita a darmi qualcosa. In Svizzera ho potuto cimentarmi in un campionato diverso, con un modo di vivere il calcio completamente differente. A Sassari ho fatto il mio primo anno tra i professionisti, tutt’altra realtà, oltretutto in una piazza davvero bella; a Caldiero ho riscoperto la Serie D vincendo il mio secondo campionato, il primo in Italia, ed è stata un’emozione indimenticabile. Diciamo che ho raccolto tanti piccoli mattoncini che ho messo nel mio zainetto”.

E da questo zainetto cosa tirerai fuori per la Varesina?
“La Varesina è un po’ la summa del mio percorso, la realtà dove sto mettendo a frutto tutte le mie esperienze pregresse. Voglio dare tutto per questa squadra, finire ogni partita stanco morto sapendo che non avrei potuto far nulla di più rispetto a ciò che potevo dare. Ho la fortuna di giocare in una squadra fortissima e condividere il centrocampo con un certo Luca Guidetti: per me è un onore, a maggior ragione perché l’ho scoperto anche come persona e, malgrado la carriera che ha avuto, la sua caratteristica migliore è l’umiltà. Dà consigli dentro e fuori del campo, e io sto cercando di essere una spugna per assimilare il più possibile”.

Dal tuo punto di vista ci sono le possibilità di ripetere con la Varesina quanto fatto con il Caldiero?
“Dico di sì perché ogni sportivo ha voglia di vincere: la Serie C è un obiettivo mio e della società. Le basi ci sono, l’ambiente fa la differenza, ma è il campo che determina: siamo ancora a inizio novembre ed è prestissimo per fare pronostici, ragion per cui dobbiamo solo andare avanti con umiltà e determinazione. Di certo percepiamo sempre più entusiasmo e anche il tifo di domenica, con tantissimi bambini, è stato qualcosa di clamoroso”.

Testa alla prossima, dunque: il Ciliverghe è una squadra indecifrabile che, al netto di qualche basso, è riuscita a battere 3-0 la Pro Palazzolo. Cosa vi aspettate?
“Tendenzialmente durante la settimana preferiamo focalizzarci sul nostro stile di gioco piuttosto che guardare agli avversari. Domenica scenderemo in campo con l’obiettivo di portare a casa i tre punti: finché vinci resti aggrappato lassù, altrimenti rischi di venir risucchiato. Di certo non sottovaluteremo l’impegno e stiamo vivendo la settimana con serenità, ma anche con la consapevolezza di dover dare valore al pareggio contro l’Ospitaletto”.

Matteo Carraro

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