Prosegue il nostro viaggio alla scoperta delle arti marziali, che questa volta fa tappa a Porto Valtravaglia, sulle rive del Lago Maggiore, presso l’ASD Judo Samurai Porto, dove il Maestro di Judo, cintura nera al sesto Dan Pierluca Padovan, specializzato nel katà, di cui è stato in passato campione europeo con la nazionale italiana, attualmente arbitro nazionale delle gare e collaboratore del comitato lombardo di Judo FIJLKAM, ci illustra l’ampio universo del katà, dai punti di vista tecnico, sportivo, filosofico, pedagogico, psicologico e anche della difesa personale.

Come si specializzò nel katà del Judo?
“Iniziai a svolgere delle gare di katà nella stagione 1999/2000, ed ero in coppia con il Sensei milanese Giacomo de Cerce; partecipai anche a competizioni internazionali e andai anche in Giappone. In gara dimostravamo il “Kime no katà”, noto sia come il “katà della difesa personale antica”, sia come “katà della decisione”. Attualmente, insieme al Maestro de Cerce, collaboro con il comitato lombardo Judo FIJLKAM e il sesto dan della cintura nera mi è stato riconosciuto ad honorem, per il lavoro che ho svolto finora; nel 2008 vinsi, a livello agonistico, il quarto dan. Conquistai il bronzo ai Campionati Mondiali IJF a Malta, e mi classificai quinto a quelli di Budapest. Fummo premiati come migliore coppia nel katà ai Mondiali 2012 di Pordenone, e l’anno successivo terminammo quarti le gare di katà a Kyoto, come miglior gruppo, nel Sol Levante; ora sono anche arbitro nazionale di katà”.

In cosa si differenziano i sette katà riconosciuti dal Kodokan di Tokyo?
“Oltre al “Kime no katà”, vi è il “Nage-no-kata”, ossia il katà dei lanci eseguiti in piedi, in cui si vedono le tecniche di proiezione, poi anche il “Katame no kata”, il classico katà della lotta a terra, il quale include le tecniche di leve articolari, strangolamenti o soffocamenti, e di immobilizzazione dell’avversario; l’ “Itsutsu no kata” prevede solo cinque tecniche ispirate alle forze della natura, ed è nel complesso molto corto. Il “Koshiki- no- kata” comprende ventun forme antiche da eseguire con l’armatura dei Samurai, mentre il “Ju-no-kata” è il katà della cedevolezza, il principio in cui si sconfigge la forza violenta, che riguarda l’assorbimento e l’impiego della forza del contendente o avversario. Dopo la morte di Jigoro Kano, fondatore del Judo, il Kodokan di Tokyo ha creato il “Kodokan goshin jutsu”: si tratta del “katà della difesa personale moderna”, che comprende delle forme provenienti sia dal Judo sia dal Ju-Jitsu; Entrambi i katà della difesa personale, sia antica sia moderna, prevedono l’uso di armi in legno, tra le quali la spada o boken, o il tanto, la spada piccola o pugnale”.

Quale katà occorre dimostrare per il conseguimento della cintura nera?
“Per conseguire il primo dan della cintura nera, occorre portare il primo gruppo di tecniche del “Kata-meno-kata”, ossia quelle di immobilizzazione dell’ avversario al suolo e anche i primi tre gruppi di tecniche del “Nage-no-kata”, ossia le proiezioni in piedi. Nel complesso, l’approccio al katà del Judo può verificarsi già a partire dal conseguimento del primo grado o kyu della cintura marrone, e vi sono anche alcune cinture verdi, blu e marroni che partecipano già a delle gare di katà. Il katà richiede molta precisione e sviluppa anche la concentrazione mentale. Secondo il codificatore del Judo Jigoro Kano, questo sistema di lotta nipponico si sintetizzava in randori, ovvero il combattimento libero con le proiezioni, e in katà”.

Come si svolgono le gare di katà?
“Le gare di katà nel Judo non prevedono la divisione tra uomini e donne, ma possono competere anche coppie o duo misti; sono poi valutate da giudici che curano ogni particolare; la coppia che ottiene il punteggio più alto vince la gara. Si tengono gare regionali, nazionali, europee e mondiali di katà; i giudici si attengono in generale ai regolamenti che valgono per tutte queste competizioni e apprezzano volentieri l’energia, precisione, forza e anche la corretta distanza dimostrata dalle coppie, considerando anche ciò che può infrangere questi regolamenti, un fattore che fa abbassare il punteggio finale; si può ottenere un buon punteggio soprattutto grazie alla correttezza delle tecniche, alla decisione sia in attacco sia in difesa, e anche agli spostamenti”.

Come Judo Samurai Porto, quali traguardi avete raggiunto finora?
“Nelle gare di katà abbiamo vinto delle medaglie a livello regionale: le due cinture nere secondo dan Thomas Padovan e Pasquale Iacovello, e anche le cinture nere primo dan Dalila Salvatelli, Alessia Tessi ed Edgar Tettamanzi. Io e il Maestro De Cerci formiamo con degli atleti una rappresentativa regionale di katà, dalla quale, a volte, è possibile portare anche qualche judoka al Gran Prix regionale”.

Qual è il suo giudizio in merito al Judo espresso dall’Italia a Parigi 2024?
“Il Judo è in continua evoluzione dal punto di vista dei regolamenti; ritengo che la bella squadra di judoka azzurri ben preparati, pur essendo tecnicamente migliorata, sia stata in parte penalizzata proprio da questi mutamenti. In generale noto che le donne, nello shiai o combattimento in gara sono molto agguerrite e dimostrano davvero un buon Judo”.

Obiettivi futuri?
“Avendo allievi di tutte le età, a partire sin dai bambini, quattro cinture nere secondo dan e tre nere al primo dan, tengo molto ad ingrandire questa piccola realtà a Porto Valtravaglia, offrendo ai ragazzi la possibilità di poter praticare uno sport in più, come il Judo. Inizieremo il 17 dicembre, e per ora stiamo organizzando e programmando delle gare di katà”.

Nabil Morcos

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