Superficialità, sciocchezze, banalità negli errori e troppa leggerezza mentale. Questi sono gli ingredienti della sconfitta che la Pallacanestro Varese colleziona in quel di Scafati per 94-85.

Una partita butta al vento in soli 10′, dopo averla comandata per il resto del match, mostrando un buon atteggiamento difensivo, una maggior presenza a rimbalzo ed un attacco capace di trovare tanti diversi interpreti con un essere protagonista. Il risultato è il vantaggio di 67-71 all’inizio degli ultimi 10′ dove si spegne la luce: palle perse a ripetizione (13 finali), attacco stagnante relegato alle iniziative di Hands in confusione palla in mano, idee offensive legate solo al tiro da tre punti (saranno 41 i tentativi finali) ed una difesa che perde misure, marcature, spazi e copertura dell’area.

In questo, poi, ci si metta la gestione, questa volta sì, più che opinabile dei timeout da parte di coach Mandole che lascia sfogare l’inerzia positiva di Scafati fino al sorpasso decisivo sull’86-81 senza mai fermare il gioco, oppure ci si mettano gli zero falli commessi nel momento in cui i campani hanno segnato questo break pur avendo ancora a disposizione tutti e 5 i falli del periodo.

Ci si aggiunga, soprattutto, un crollo mentale, a livello di attenzione e di precisione che una squadra che si deve salvare non si può permettere, a maggior ragione in partite come queste, a maggior ragione fuori casa, dove la Pallacanestro Varese sta palesando una continua assenza di personalità e di struttura caratteriale che le possa permettere di portare fino in fondo le partite.

Basteranno l’arrivo di Sykes ed il miglioramento di forma di Tyus per colmare questo gap? Certamente l’esperienza del nuovo asse play-pivot sarà fondamentale per far sì che questa squadra possa finalmente trovare un’identità che ancora oggi, a metà novembre, e fin troppo fluida e che lascia Varese soggiogata alla banalità del male di cui è essa stessa colpevole e vittima.

Alessandro Burin

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