Dopo trent’anni sui campi da calcio, Luca Sinopoli ha deciso di dire “basta” con il calcio a 11. Classe 1988, il centravanti ha cominciato tra i grandi a 17 anni con la maglia della Solbiatese, passando da grandi emozioni ad infortuni che avrebbero potuto compromettere la sua carriera. Arrivato al termine del campionato, vinto da protagonista con la maglia della Valceresio (che è così tornata in Prima Categoria), la decisione di appendere le scarpe al chiodo è stata resa pubblica anche ai compagni. Il numero 9 non nasconde le emozioni che l’ultima uscita con la maglia biancoverde ha portato con sé, ma non dimentica le sensazioni vissute un anno fa con il “suo” Ceresium Bisustum.

Perché hai deciso di smettere?
“La mia è stata una scelta dovuta principalmente, se non esclusivamente, ad impegni lavorativi. Al mattino mi alzo alle cinque e torno alla sera alle sei, gli orari sono pesanti e credo sia arrivato il momento di smettere. Ho preso questa decisione in maniera serena, perché so di aver dato tutto. Non ho assolutamente perso la voglia di giocare ma non ho più abbastanza tempo ed energie per portare avanti un impegno così. Adesso andrò a giocare a sette, ma questo è il quadro della situazione”.

Adesso hai parlato di andare a giocare a sette, a cosa è dovuta questa scelta?.
“Si, come dicevo non ho assolutamente perso la voglia di scendere in campo, quindi cambierò posto e modalità e andrò a giocare con un gruppo di amici. Non sarò vincolato a fare due o tre allenamenti a settimana e sarà più tranquillo. Andrò a divertirmi e a tenermi in forma”.

Quando hai deciso di dire basta?
“Ad inizio anno non ho pensato che sarebbe stato l’ultimo: avevo cominciato a Jerago, poi è andata com’è andata e sono arrivato alla Valceresio. È stata una decisione che ha richiesto del tempo e non l’ho presa a cuor leggero perché riguarda gli ultimi 30 anni della mia vita. Ci sono arrivato poco alla volta, dopo essermi anche confrontato tanto con la mia compagna. Quando sono arrivato alla fine della stagione ho capito che era arrivato il momento di mettere un punto. All’inizio l’avevo messa sul ridere, dicendomi che se avessimo vinto il campionato avrei smesso, ma poi quest’idea ha preso piede piano piano. Sarei rimasto volentieri alla Valceresio, ma sono convinto della mia scelta e, comunque, mi sono tolto la soddisfazione di aver concluso con due promozioni negli ultimi due anni di carriera”.

Alla fine del campionato avevi già deciso, come hai vissuto l’ultima di campionato?
“Si, in realtà ho anche aspettato a dirlo. Ci sarebbe stata la finale provinciale e volevo chiudere la stagione bene senza annunci eclatanti. Avevo fatto qualche confidenza a qualcuno, ma i miei compagni l’hanno saputo la domenica della partita contro il Marnate, quando mister Efrem ha detto che per qualcuno sarebbe stata l’ultima indicandomi. Lì ho fatto un discorso alla squadra, ma prima volevo chiudere la stagione in bellezza. Dal mattino mi passavano per la testa tante cose, perché non sapevo come avrei reagito al triplice fischio. Mi sono trovato in un turbinio di emozioni: ero emozionato e commosso, ma anche consapevole, però, se dovessi riassumere tutto in una parola direi che è stato strano. Adesso dovrò abituarmi alle domeniche senza le partite dopo tanto tempo”.

L’ultima con la fascia al braccio com’è stata?
“Sinceramente non me l’aspettavo: il capitano è Di Carluccio, che è un grande leader, e la fascia è sua. È stato emozionante scendere in campo all’ultima partita della mia carriera con la fascia al braccio in una squadra in cui ero l’ultimo arrivato. Il mister ha deciso di darmi la fascia, credo anche per i bei rapporti che ho creato perché, seppur in poco tempo, so di aver dato un contributo umano importante anche alla Valceresio. Mi ha lusingato molto fare da capitano e mi ha ripagato dei cinque mesi che ho passato con loro”.

Tra quest’annata e l’anno scorso a Porto quale delle due è stata più bella?
“Se dovessi scegliere, senza nulla togliere a quella di quest’anno, direi quella dello scorso anno. È stata diversa perché era inaspettata: non avevamo l’obiettivo di salire o di vincere in campionato, l’unico proclamo era la voglia di arrivare ai playoff, ma con la politica che c’è a Porto Ceresio la classifica non è importante. Questa stagione invece alla Valceresio c’era la pressione di dover vincere, per tutti era quasi scontato che saremmo stati noi ad arrivare primi anche se non c’è niente di scontato finché non parla il campo, mentre l’anno scorso c’era il Cantello etichettato come favorito. Noi abbiamo dato fastidio fino alla fine un po’ a sorpresa, non eravamo partiti con quell’obiettivo ed è stata una gioia doppia”.

Nella tua carriera sei passato in diverse squadre e tra diverse categorie. Sei soddisfatto del tuo percorso?
“In ambito di prima squadra ho cominciato a 17 anni con la Solbiatese in serie D, segnando anche all’esordio. Purtroppo poi mi sono dovuto operare al legamento crociato anteriore e da lì mi sono spostato all’Insubria in Eccellenza. Mi sono fatto le ossa perché non stavo più giocando con i ragazzini e ho fatto le mie esperienze che mi hanno formato come calciatore, anche per dare l’esempio ai miei compagni più giovani. Successivamente sono andato alla Malnatese in Promozione: l’annata è terminata con una retrocessione, ma è stata la prima stagione da titolare e, dopo il primo infortunio, ho ripreso a pieno segnando anche 10 gol. Quando siamo scesi in Prima Categoria il calvario è durato un solo anno perché, con mister Iori, siamo tornati subito in Promozione vincendo i playoff e lì ho segnato 15 gol da fuoriquota. Da Malnate sono andato poi al Morazzone in Prima Categoria a metà stagione e siamo andati ai playoff senza riuscire a vincere, ma mi sono ambientato bene arrivando a 13 reti in metà campionato. Quello è stato il momento in cui ho capito che sarei potuto restare tranquillamente in Prima Categoria e in Promozione e, senza nulla togliere ad ora, credo il livello fosse più alto. Successivamente mi sono spostato a Venegono con mister Piero Castiglioni: stavo facendo bene con 18 gol, ma mi sono rotto nuovamente il crociato e sono rientrato dopo otto mesi con poche presenze nelle ultime giornate. Per recuperare sono andato a Solbiate Olona, lì mi hanno aspettato e gli sono grato perché non era scontato trovare qualcuno che credesse in me nonostante gli infortuni”.

Dopo queste annate sei poi approdato anche in Seconda Categoria…
“Sì, sono andato ad Induno per riprendermi a pieno e ho concluso il campionato con 19 gol. Poi è stato il momento della mia prima avventura a Porto Ceresio dove, nonostante avessimo chiuso a metà classifica il campionato, ero stato il capocannoniere del girone. Lì il gruppo era fantastico, sia la prima che la seconda volta al CerBis, e non è un caso che siano state proprio a Porto le mie stagioni migliori. Ho dei bei ricordi in ogni gruppo in cui sono stato e ho creato amicizie che mantengo ancora ora e, penso, di aver lasciato un bel ricordo di me in ogni squadra”.

Qual è stato il personaggio più particolare con cui hai avuto a che fare nella tua carriera?
“Per trovarlo credo di dover tornare ai tempi di Venegono con mister Piero Castiglioni. Era una persona indecifrabile: una volta arrivava al campo arrabbiato, una volta felice, un giorno amichevole e quello dopo insultava tutti. Era abbastanza destabilizzante perché non sapevi che versione sarebbe arrivata al campo. In realtà era anche molto simpatico e devo riconoscergli diversi meriti: pur avendo passato molti anni sui campi credo di poter dire che sia uno dei mister più preparati che abbia mai avuto, in più i suoi allenamenti erano veramente pesanti”.

Un momento particolarmente importante nella tua carriera?
“Il momento a cui sono più legato credo sia quello in cui ho ricominciato a fare quello che mi piaceva dopo due infortuni al legamento crociato. Più di qualcuno avrebbe potuto lasciare, ma lì ho capito di essere forte. Mentalmente ero veramente a terra, ma quello è stato un passaggio che mi ha rilanciato e, infatti, le mie migliori stagioni sono arrivate dopo quei due infortuni. L’aver capito di essere ancora un calciatore è stata una sensazione meravigliosa”.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare particolarmente?
“Ci sarebbe più di una persona, fare un nome solo sarebbe riduttivo per tanti altri. Per non andare troppo indietro con la memoria voglio fare una menzione a Riccardo Carini e mister Daniele Efrem per la volontà che hanno dimostrato nel volermi portare alla Valceresio. Riccardo dopo un’ora che ha saputo dei problemi con la Jeraghese era già al telefono con me. Lo conosco dai tempi di Malnate, quando giocavamo insieme e devo fargli i complimenti perché, al primo anno da DS, ha vinto un campionato e ha davvero tanto merito in quest’annata”.

Andrea Vincenzi

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