Pochi giorni fa, ad Altavilla Vicentina, ha festeggiato con i suoi compagni la promozione in Serie D. Un traguardo storico per una società che ci ritorna dopo sessantatré anni. Arrivato al Magenta a stagione in corso, nel mese di dicembre, Devis Nossa ha calcato per la prima volta in carriera i campi di Eccellenza, sistemandosi con tutta la sua esperienza al centro della retroguardia gialloblù. Dalle giovanili dell’Inter al primo assaggio di Serie B con il Vicenza, per poi debuttare in C con il Pavia e iniziare un lungo percorso che lo ha portato in piazze come Pro Patria, San Marino, Como, Pistoia e, più recentemente, Sanremo e Caronno Pertusella. Il totale? Quasi cinquecento presenze, gran parte delle quali nel calcio professionistico. Oltre alla roccaforte costruita nell’area di rigore, tre le reti messe a segno con le aquile dal difensore classe ’85, che quest’anno ha vinto il suo quinto titolo.

Ci puoi riassumere le emozioni di quest‘ultimo anno e di questi mesi al Magenta?
“Parto col dire che questi ultimi anni sono stati un po’ particolari. Nel 2022, dopo aver sfiorato la vittoria con la Sanremese, mi ero trovato senza squadra e a dicembre avevo firmato con la Caronnese, sperando di risollevare la situazione di classifica. Purtroppo non ci sono riuscito: l’annata non è andata bene e anch’io mi sono preso le mie responsabilità. Penso che prendere un giocatore di trentotto anni reduce da una retrocessione sia un atto coraggioso. Mister Lorenzi e il direttore Salese hanno fatto di tutto per portarmi a Magenta e sin dall’inizio mi sono sentito apprezzato in modo incondizionato. Ancor prima di scendere in campo e poter dimostrare il mio valore, avevo già ricevuto tutta la fiducia possibile, e quando trovi persone così, sei già a metà dell’opera. Personalmente questo senso di responsabilità e anche di riconoscenza mi ha spinto a fare sempre meglio ogni domenica”.

Tra l’altro, primo anno in Eccellenza, prima promozione in Serie D. Una nuova esperienza che non poteva concludersi nel modo migliore…
“Esatto. Finora non ero mai sceso in Eccellenza perché non mi ero mai trovato svincolato a inizio stagione. Personalmente sono orgoglioso di non aver mollato in quei mesi, perché sapevo che prima o poi sarebbe arrivata l’occasione giusta e che mi sarei dovuto far trovare pronto. Ci tengo a ringraziare la società, lo staff e ovviamente tutti i miei compagni. Quando ero giovane, era capitato anche a me di vedere arrivare nello spogliatoio un ragazzo molto più grande e so che in quei casi si potrebbe pensare che non abbia più le motivazioni giuste. Per quanto mi riguarda, già al primo approccio si era capito che non ero lì per passare il tempo, ma che volevo mettermi a disposizione di questa squadra. Quando l’avevo vista giocare, prima di firmare, mi era sembrata un gioiellino; poi ho avuto la fortuna di farne parte e posso dire che tutte le sensazioni iniziali si sono avverate”.

Parliamo di domenica. Le finali sono di per sé partite ad altissima tensione. Questa, forse, lo è stato un po’ di più: dal doppio vantaggio alla rimonta avversaria, fino alla liberazione del triplice fischio..
“Penso che il vantaggio fosse meritato, perché anche se i due gol sono arrivati su due episodi, avremmo potuto farne altri su azione. Poi forse abbiamo avuto paura di vincere e l’Altavilla, che è una squadra forte, è riuscita a rientrare in partita. Dopotutto, se in stagione è arrivata seconda e ha perso solo tre volte, vuol dire che qualche valore importante ce l’ha. Abbiamo sofferto, ma con forza, voglia e determinazione abbiamo raggiunto questo obiettivo che già avevamo provato a far nostro in campionato. Onestamente, a inizio girone di ritorno eravamo convinti di poter fare qualcosa in più, poi la partita con l’Oltrepò ci ha allontanato dalla vetta e c’è stato un mese in cui abbiamo fatto veramente male. Ci siamo ripresi e siamo stati bravi a mantenere la concentrazione fino ad andarci a prendere la Serie D”.

Vincere i playoff è forse più difficile che vincere il campionato. Qual è stato il vostro motto in questa serie di scontri diretti?
“Tutte le gare dei playoff sono state particolari perché ogni domenica era da dentro o fuori. Le squadre del nostro girone erano molto forti. Contro l’FC Milanese e soprattutto contro l’Ardor Lazzate sono state partite di categoria superiore che ci hanno aiutato ad affrontare la fase nazionale con la testa e lo spirito giusti. Incontrando squadre non molto conosciute, non sapevamo bene che livello ci saremmo trovati di fronte, e per questo ci siamo sempre preparati come se dovessimo giocare con il Real Madrid. Forse è stata proprio questa mentalità a darci ancora più energia per arrivare alla finale, che è stata l’apoteosi di tutta la stagione. Penso che salire di categoria attraverso i playoff dia una soddisfazione ancora più grande, proprio per il fatto di essere stati più tempo insieme e di aver partecipato a qualcosa di importante, cercando di mantenere sempre l’equilibrio. Il nostro è sicuramente un gruppo particolare, fatto di tanti giovani e anche di qualche vecchietto, io per primo (ride, ndr), compresi giocatori fuori categoria che magari nel corso della carriera hanno vissuto episodi sfortunati o preso scelte importanti per le quali quest’anno ci siamo ritrovati in questa squadra. Ogni componente, anche chi è stato impiegato di meno, si è messo al servizio del Magenta, con la sua storia alle spalle. E questa è stata la chiave su cui abbiamo fatto affidamento: allenarci, divertirci e vincere insieme è stato fondamentale per questo nostro successo”.

Nella tua carriera non sono mancate forti emozioni. Pensi che questa possa rientrare nella Top 5?
“Assolutamente. Finora avevo vinto due campionati di C2 con la Pro Patria, uno di C1 con l’Entella e i playoff di Serie D con il Picerno. Questo è il quinto titolo ed è sicuramente il più emozionante, non perché è il più recente ma perché corona il percorso di un ragazzo non più giovanissimo che per quattro mesi dopo la retrocessione andava a correre da solo tutti i giorni, senza arrendersi, aspettando quella chiamata che lo avrebbe fatto rientrare in campo, mentre il tempo passava e il trentanovesimo compleanno si faceva sempre più vicino. Il Magenta ha investito tanto in termini umani e io spero di avergli restituito tutto quello che si aspettava da me”.

Carta d’identità a parte, in campo hai dimostrato di lottare con l’energia di un ragazzino. Cosa vedi nel tuo futuro immediato e più a lungo termine?
“È una domanda che ultimamente mi faccio spesso e penso sia normale pensarci quando si arriva a una certa età. Per ora mi sono preso un po’ di tempo per godermi questa vittoria, che non si esaurirà con i festeggiamenti ma resterà per sempre nei ricordi, insieme alle persone fantastiche conosciute in questo cammino, che mi hanno permesso di continuare ad alimentare la mia voglia di giocare a certi livelli. Diciamo che questi sono i giorni in cui iniziamo a renderci conto di cosa abbiamo fatto, dei tifosi che ci hanno seguito prima in Trentino e poi a Vicenza, dell’alchimia perfetta che si è creata e che non poteva non portarci a questa vittoria.Da parte mia, non voglio prendere decisioni affrettate. Quando sarà il momento, parlerò con il direttore e con l’allenatore per cercare di trovare insieme la soluzione migliore per il Magenta, per me e per la squadra. Sono sicuro che il futuro prenderà forma in modo naturale”.

Silvia Alabardi

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