Terza stagione in gialloblù, fascia di capitano al braccio e una propensione al gol non indifferente che dal suo arrivo a Magenta lo ha già portato sul tabellino ventotto volte. Una cifra da attaccante puro e invece Jordan Pedrocchi è l’asse portante della mediana di mister Lorenzi. Cresciuto nelle giovanili del Milan, il centrocampista classe 1991 ha alle spalle un lungo percorso tra Ponte San Pietro e Lecco nella massima serie del calcio dilettantistico.

Lui che questa squadra l’ha già trascinata a suon di gol nella stagione della promozione, dopo il sesto posto del maggio scorso sta vivendo un’altra annata da protagonista. In seconda posizione a solo un punto dalla vetta, con il miglior attacco del girone, la formazione milanese è pronta a volare sempre più in alto, in un campionato che fino all’ultimo potrebbe lasciare tutti col naso incollato allo schermo.

Partiamo dalla vittoria di sabato col Meda, con doppietta di Avinci in meno di un quarto d’ora: considerando la sua giovane età, quanto vi sta sorprendendo in campo? E cosa puoi dirci della partita?
“Ad Avinci dopo il primo allenamento avevo detto che in questa categoria avrebbe dovuto fare venticinque gol… e pian piano ci arriverà. Personalmente non mi sta sorprendendo, perché noi che lo vediamo tutti giorni sappiamo bene che è un giocatore forte. Chiaro che oltre al talento ci sono tante altre dinamiche da considerare, fatto sta che ha già segnato dodici gol. Per quanto riguarda la partita, non è stata facile. Loro a tratti hanno giocato meglio; noi li abbiamo aspettati e con il doppio vantaggio la strada si è messa in discesa, ma quando abbiamo preso gol a un quarto d’ora dalla fine sinceramente siamo andati in difficoltà. È stata una prova dura, ma sono contento perché penso che riuscire a vincere anche quando non ci si esprime al meglio sia un dato importante”.

Quanto a gol, anche tu non scherzi. Attualmente sei a quota nove reti, solo tre in meno del tuo record stagionale. Quanto sarebbe importante batterlo in un’annata come questa? E ti sei mai sentito più attaccante che centrocampista?
“Precisiamo innanzitutto Avinci ha fatto più gol di me solo perché gli lascio tirare i rigori (ride, ndr). Scherzi a parte, se quest’anno sto segnando tanto è perché ho un aiuto importante in mezzo al campo, dove Papasodaro copre anche la mia parte. Con il suo lavoro, unito a quello delle due mezzale, mi sento più libero di spingermi in avanti – e devo anche ringraziare il mister che mi permette di farlo. Sicuramente proverò a battere il mio record, che risale a quando ero giovane in Serie D. Quest’anno ho la possibilità di fare gol ogni domenica ed effettivamente, per rispondere all’altra domanda, mi sto sentendo anche attaccante”.

Nel prossimo turno accoglierete il Casteggio, che proprio domenica scorsa ha interrotto il suo filotto cadendo contro Caronnese. Resta comunque una squadra da non sottovalutare. Il 2-2 dell’andata è forse il miglior monito…
“Il Casteggio è una squadra forte con ottime individualità, come Buscaglia, Bertocchi, ora anche Provasio, tra quelli che conosco. Noi dobbiamo pensare una partita alla volta, ma è anche vero che sia questa sia la prossima con la Vergiatese sono due gare che dobbiamo assolutamente vincere se vogliamo provare a staccare dalle altre e prendere più punti di vantaggio possibili, soprattutto perché dopo andremo incontro a cinque scontri diretti”.

Tra tre giornate, infatti, inizierà un periodo di fuoco: Solbiatese, Pavia, Ardor Lazzate, FC Milanese e Oltrepò. Cinque sfide di cartello in meno di un mese…
“Saranno quelle che io definisco delle partite belle da giocare e, come dicevo prima, sarebbe importante arrivarci con 47 punti. Chiaro che non si possono neanche fare troppi calcoli, visto che mancano ancora quattordici giornate e nel rush finale potrebbe sempre succedere di tutto: ci sarà chi dovrà salvarsi, chi avrà perso punti per i playoff e cercherà di recuperare, e ogni partita come sempre sarà a sé”.

Con 46 gol all’attivo siete il primo attacco del girone. Che merito ha questa vostra concretezza nell’attuale posizione di classifica?
“Più che essere concreti, la verità è che attacchiamo in tanti. Con i due terzini che salgono, le due mezzale, le due punte e i miei inserimenti, dietro rimangono solo i due centrali e Papasodaro. Tante volte siamo in area in cinque o sei e a quel punto se anche solo un avversario perde la marcatura, abbiamo buone probabilità di fare gol. Chiaramente segnare molto è importante, ma lo è anche subire poco. Noi abbiamo la miglior differenza reti e siamo a +10 sulla seconda. Vero che abbiamo preso quattro gol dal Saronno, tre dall’Ardor, ma tendenzialmente ci copriamo bene, e anche sotto questo punto di vista il girone di ritorno è iniziato col piede giusto”.

Mancano poco più di tre mesi alla fine dei giochi. Cosa sogni per te e per questo Magenta?
“Quando sei a un punto dalla prima, dire che non vorresti provare a vincere sarebbe come nascondersi. A inizio anno avevamo come obiettivo quello di provare a fare i playoff. Il campionato è difficile, ma per come è andato il girone di andata e per come ci siamo rinforzati a dicembre, io dico che ci credo. Ho già vinto un campionato in D, uno in Promozione e quello di Eccellenza mi manca, quindi personalmente ho anche questo stimolo. Non so se ce la farò quest’anno, ma tutti noi vogliamo lottare fino alla fine”.

Con una maglia, oltretutto, che è un po’ diventata la tua seconda pelle…
“A Magenta si sta bene. Abbiamo una proprietà seria, la famiglia Cerri, che secondo me si è circondata delle persone giuste, come il direttore Salese e mister Lorenzi. È dietro, però, che ci sono i veri eroi, dal nostro team manager Fabrizio al tuttofare Massimiliano, e tutte quelle persone che ci permettono di fare quello che facciamo. Già l’anno scorso era stata una grande stagione e consolidare quanto fatto non è mai facile; eppure quest’anno, con una squadra mediamente più giovane, si sono incastrati tutti i meccanismi per creare un equilibrio perfetto. Se saremo bravi a mantenerlo, questa squadra va veramente da sola e giocare contro di noi sarà davvero difficile per tutti”.

Silvia Alabardi

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