Nicolò Martinenghi entra nella storia.

Perché quando conquisti un oro olimpico non può essere altrimenti, a maggior ragione se lo fai in una specialità in cui l’Italia non raggiungeva questo risultato addirittura dai Giochi Olimpici di Sidney 2000 quando a salire sul gradino più alto del podio fu Domenico Fioravanti.

Nicolò ha vinto, lo ha fatto contro ogni pronostico, in una finale che vedeva decisamente più avanti, solo sulla carta, il brittanico Peaty e lo statunitense Fink, già battuto ai Mondiali di Budapest.

Erano avanti solo sulla carta però, appunto, perché Nicolò in acqua ha messo in chiaro fin dall’inizio che le sue intenzioni non erano quelle di fare solo da comparsa. Una gara che non ha viaggiato su ritmi altissimi visti anche i tempi con cui si è conclusa, ma che è stata assolutamente emozionante, visto il finale che ha coinvolto Martinenghi, Peaty e Fink in soli 3 centesimi di distanza: 59.03 l’azzurro, 59.05 l’americano e l’inglese.

Un successo che porta in maniera indelebile il simbolo di Martinenghi e del suo stile, basato sul lavoro duro, sui pochi fronzoli, sulla poca spettacolarità fuori dall’acqua: un ragazzo con la testa sulle spalle, mai una parola fuori posto, mai un titolo che non fosse inerente al suo lavoro in acqua sui giornali. Un ragazzo semplice e incredibilmente straordinario, con la passione viscerale per il basket e la Pallacanestro Varese, di cui è super tifoso tanto da essere addirittura membro del trust dei tifosi biancorossi de Il Basket Siamo Noi. Ma anche il tifo per l’Inter e la passione per la sua Varese, o meglio dire la sua Azzate. Un paesino in cui è cresciuto e da cui, probabilmente, ha preso anche quella semplicità che gli ha permesso, oggi, di diventare uno degli atleti più importanti del panorama sportivo nazionale ed internazionale.

Così Varese, terra di sport, si risveglia nell’olimpo grazie a Martinenghi, cresciuto sotto le sapienti mani di coach Marco Pedoja che ha esultato con poche ma emozionanti parole per il trionfo di Nicolò sui social: “Una medaglia sudata, desiderata, sognata, immaginata, ricercata, idealizzata…MERITATA” sostenuto incessantemente dalla fidanzata Adelaide, al suo fianco anche a Parigi e prima tifosa di Tete, oltre che sostegno indissolubile per lui.

Il lavoro a Livigno, il silenzio via social prima del volo a Parigi le tappe di avvicinamento ad un evento che ha cambiato la carriera di Nicolò, che ne ha cambiato la vita ma che siamo certi non ne cambierà il modo di fare e di lavorare, per un ragazzo semplice che da oggi è ancor più incredibilmente speciale perché porta al collo una medaglia d’oro olimpica che ha vissuto diverse trasformazioni: a Tokyo era bronzo, nei pronostici al massimo un argento, platino nei capelli ed invece…è la più pregiata, quella che brilla più di tutte.

Alessandro Burin

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