Sempre la stessa storia.

E’ così ormai da due anni, contro le grandi, la Pallacanestro Varese non riesce mai a fare un blitz che sia uno.

Per di più, poi, nella stagione corrente, l’affrontare una squadra di alta classifica, vuol dire, spesso e volentieri, prendere delle sonore imbarcate, senza quasi mai opporre resistenza.

Era successo a inizio stagione a Bologna contro la Virtus, si è ripetuto poi a Brescia, dove Varese ha subito una delle peggiori sconfitte della sua storia, ed ancora in casa contro Venezia e ieri contro Milano.

Sempre la stessa, inesorabile storia. Addirittura nel derby contro i meneghini Varese ha praticamente stabilito un record, rimanendo in partita per soli 4′, fino all’8-6, prima che Milano costruisse, senza nemmeno fare troppa fatica, un aprziale di 16-0, che ha chiuso il match dopo solo i primi 10′ di gioco.

Varese ha mostrato un’arrendevolezza, una poca fame, grinta, intensità, voglia di provare a dare un minimo di fastidio all’Olimpia, davvero poco giustificabile. Una OJM apparsa stanchissima mentalmente e fisicamente dopo due settimane di pausa e che ha trovato in Mannion, l’unico impegnato in queste due settimane con la Nazionale, il migliore di serata.

Questo è quello che dà più da pensare: l’atteggiamento mentale con cui la truppa bosina ha approcciato ad un match in cui, fondamentalmente, non aveva nulla da perdere, in cui provare, con la mente sgombra da pressioni, un blitz contro una squadra che era senza giocatori del calibro di Napier, Flaccadori, Mirotic, Tonut, per fare degli esempi e che venerdì aveva subito una pesantissima sconfitta in Eurolega contro l’ASVEL, quindi non certo in un momento di grazia.

Invece Varese si è arresa caratterialmente, ancor prima che tecnicamente o tatticamente, a Milano. Poi, se andiamo ad analizzare il contesto tattico e tecnico, l’analisi è ancora più semplice: Milano ha preparato la gara in due mosse, mettendo Melli o Voigtmann in mezzo al pitturato biancorosso a fungere da riferimento per i compagni, per ricevere palla e attaccare il ferro oppure scaricare sugli esterni con una rapida circolazione di palla e colpire da tre punti. E’ bastato, poi, mettere Hall a giocare in post oppure servirsi degli accoppiamenti scriteriati di Varese che è finita spesso e volentieri con Moretti o Mannion su Melli, Ricci e Voigtmann, per banchettare nel pitturato bosino.

Una situazione di un’evidenza clamorosa, a cui Varese, in ossequio al copione dettato dal “sistema”, non ha, come sempre, opposto resistenza, facendosi surclassare in 1vs1 assurdi e già persi in partenza.

Diventa allora quasi irrilevante e parecchio snervante analizzare una situazione tattica così palese che tanto non verrà mai ritoccata con un aiuto o con una zona, perchè non contemplati in quel copione che si ripete, inesorabile, come un deja-vu. Un copione che prevede anche che Varese per l’ennesima volta in stagione, esca dal campo con una pessima prestazione nel tiro da tre punti, 7/34, a coronamento di una serata da dimenticare, perchè tanto è inutile tentare di guardare agli errori commessi, tanto sono sempre gli stessi, tanto le correzioni più semplici e banali non rientrano nel contesto di quel copione già scritto e che si è ripetuto, ancora una volta, inesorabilmente.

Alessandro Burin

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