Uno dei problemi principali della Pallacanestro Varese di questa stagione è sicuramente la tenuta mentale di un gruppo che atavicamente soffre del mal di concentrazione, come quello studente che a scuola sta attento per la prima parte della lezione salvo poi distrarsi, addormentarsi sul banco o perdersi completamente in altro e poi pagarne le conseguenze nella successiva verifica.

Ecco la Varese di quest’anno è stata spesso questa studente, tolte le tre vittorie con Pistoia, Bologna e Milano e lo è stata soprattutto in trasferta, dove i cali repentini di concentrazione, attenzione ed applicazione sono stati talmente evidenti e pesanti da costare poi la sconfitta ai biancorossi.

Cali avvenuti praticamente tutti dopo l’intervallo lungo e dopo aver giocato un bel primo tempo, come a Reggio Emilia, solo ultima, in ordine di tempo, batosta figlia di questo problema. Ed allora cosa succede nell’intervallo, cosa non passa dagli spogliatoi al campo? Com’è possibile che una squadra ormai infarcita di giocatori esperti, possa rientrare sul parquet per gli ultimi 20′ con una mollezza mentale e di nervi tale da buttare all’aria quanto di buono costruito nel primo tempo?

E’ un problema profondo che va ben al di là di quello tecnico o tattico di un sistema che continua a fare acqua e che irrimediabilmente viene colpito settimana dopo settimana in quegli aspetti integralistici che sono la vera condanna di questa squadra. Un problema che, arrivati al 22 dicembre, non può più non riguardare anche la figura di coach Mandole, che ad ogni conferenza pre e post partita va a toccare le stesse corde senza però riuscirne a tirare fuori una vera e propria reazione.

Ed allora il problema si fa ancora più forte, ancora più insostenibile, perché se in una squadra già limitata in maniera evidente a livello tattico e di scelte (in primis quelle fatte sul mercato, anche di riparazione, che si stanno dimostrando, ahinoi non certo tra le più azzeccate), viene meno anche la componente del carattere e della forza caratteriale la situazione si fa insostenibile.

Come a Cremona anche a Reggio Emilia si sono visti atteggiamenti non certo dei migliori in panchina, figli di un nervosismo globale che non può certo aiutare in un momento in cui invece, come dimostrato con Milano, solo l’unione del gruppo può fare la forza.

Così l’immagine di coach Mandole che a fine gara lascia il campo in tutta fretta, da solo, scuro in volto, verso gli spogliatoi, è forse l’immagine più lampante di un allenatore che non riesce a sbrogliare il bandolo di una matassa mentale fattosi sempre più aggrovigliato e che rischia di lasciare intrappolata tutta Varese in maniera irrimediabile.

Alessandro Burin
Foto Ossola

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