Bastava poco. Bastava un passo in più, un aiuto in più, un raddoppio in più, per portare a casa la vittoria. Bastava poco, che poi è tanto, per questa Pallacanestro Varese che cade 77-86 contro la Reyer Venezia in casa e rimane ferma a sole due vittorie dopo 9 partite di campionato.

Bastava quel poco che è tanto, perché vorrebbe dire sconfessare i dogmi di una filosofia che domenica dopo domenica si scontra con una realtà di squadra ben lontana da quella che può essere l’idea di gioco ricercata, tanto che questa, con Venezia, è addirittura venuta meno in molte situazioni, creando un ibrido di squadra che si è persa in sé stessa.

A Masnago si è vista infatti una Varese incapace di attaccare nei primi secondi dell’azione, costretta a giocare contro la difesa schierata di Venezia; incapace di correre in transizione se non solo in qualche occasione grazie agli strappi di Matteo Librizzi, capace di risollevare la squadra dal baratro del -14 in cui si era infilata a metà terzo quarto; incapace di sostenere una lotta fisica sotto canestro resa decisiva dall’impossibilità filosofica di fare un benedetto raddoppio, perché vale la regola del: “meglio rischiare di prendere un canestro da due piuttosto che lasciare l’uomo libero dall’arco e prendere una tripla“, peccato che Venezia, squadra non certo mortifera da oltre l’arco ma anzi, molto più fisica e statuaria sotto le plance, di questa situazione abbia fatto la chiave di volta della partita.

E poi ancora, una Varese che continua ad essere imbrigliata nell’incognita Jaylen Hands che pure con Sykes affianco continua ad avere fin troppo la palla in man o e per il quale non esiste mezzo gioco che gli consenta di prendere un tiro piedi per terra; poi il carattere di una squadra che dopo due settimane di pausa per le Nazionali arriva al match inspiegabilmente scarica più nella testa che nelle gambe e che si fa trascinare nella partita che Venezia aveva sperato di costruire fin da principio, stanca dopo le fatiche di coppa del giovedì.

E si può pensare che sia migliorata la fase difensiva, ed in alcune situazioni lo è davvero, però poi subisci 86 punti e vedi che tali non sono 100 o di più solo per il minor numero possessi offensivi lasciati agli avversari e non per un vero step in avanti nella propria metà campo, vittima di errori e banali cali di concentrazione ancora troppo frequenti (leggasi gli 11 punti subiti in 1′ a fine secondo quarto).

Nonostante tutto, però, bastava veramente poco per portare a casa questa partita, quel poco che però, ripetiamo, rimane sempre tanto ed è indipendente da Mandole o Bialaszewski (ormai è chiaro a tutti che le colpe della passata stagione erano ben lontane dalle responsabilità del coach di Buffalo?), ed è diventato fin troppo ripetitivo sottolinearlo ed evidenziarlo: la forma della Pallacanestro Varese è questa e tale rimarrà, forse anche a costo di pagare un prezzo salatissimo in un gioco che certamente, fino ad oggi, non è valso per nulla la candela.

Alessandro Burin

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