
Una boccata d’ossigeno. Questo è, metaforicamente, il valore della vittoria della Pallacanestro Varese sulla GeVi Napoli per 89-86 nello scontro salvezza andato in scena ieri sera a Masnago.
Una vittoria che però, quasi più di una sconfitta, si porta dietro tutti i nei di questa squadra che continua ad essere in perenne apnea, al di là di una classifica ce ora si fa più tranquilla, visto il distacco di 4 e 6 punti rispettivamente da Cremona e Napoli.
Un’apnea fatta del solito crollo mentale e questa volta anche fisico, del terzo quarto, in cui i biancorossi, dopo aver fino a quel punto, condotto la partita senza grandi difficoltà, chiudendo avanti il primo tempo per 49-39, permettono a Napoli di tornare in partita, subendo 29 punti in soli 10′ e ritrovandosi sul 68-68 ad inizio quarto quarto.
Un’apnea fatta, questa volta, di scelte veramente incomprensibili negli ultimi due minuti da parte ci coach Herman Mandole, salvate solo dall’errore sull’ultimo tiro della partita di Bentil che avrebbe potuto mandare la partita al supplementare, certificando il suicidio di una Varese trovatasi, ad esempio, a non commettere fallo, avanti di tre punti, sull’ultimo possesso di gioco.
Un’apnea fatta della solita inconsistenza di una Varese che non riesce a trovare una forma propria nel bene ma che continua, invece, ad evidenziarla nel proprio male, lasciando quel senso d’incompiutezza che si riverbera poi in campo nei momenti cruciali della partita e che si manifesta come un orologio svizzero ad ogni partita, anche contro un avversario oggettivamente in grande difficoltà come Napoli.
Con la testa completamente sott’acqua, però, l’arrivo di un giocatore ordinato e preciso (forse perché ancora non inserito nei dogmi del Moreyball) come Bradford, ha portato quella disciplina tattica fondamentale per prendere una boccata d’ossigeno vitale, così come la prova di carattere di Davide Alviti, vero leader di questa squadra, o come quella tecnica di un Hands finalmente convincente ed infine quella tutto cuore ed anima di un Librizzi che cresce giornata dopo giornata ed è la nota più lieta di questa stagione.
Una boccata d’ossigeno che vale moltissimo, perché evidenzia una qualità di questa Varese, che spalle al muro anche questa volta non sbaglia, così com’era stato contro Bologna e Milano, e forse questo potrà bastare per salvare l’ennesima stagione di basso profilo di un progetto che fatica a prendere veramente corpo ma che si regala un capodanno sereno, ben consapevole che la strada verso la salvezza è ancora lunga, tortuosa e tutta da percorrere.
Alessandro Burin