Torniamo alla Pro Patria di Busto Arsizio, dove il Maestro Daniele Pellegatta ci illustra il Ju-Jitsu come matrice di tutte le altre arti marziali giapponesi, la differenza tra il tradizionale e quello sportivo, lo scopo dei combattimenti e ci introduce al BrazilianJiu-Jitsu.

Come si avvicinò al Ju-Jitsu?
“Mi avvicinai al Ju-Jitsu, nel momento in cui vidi un Sensei svolgerne delle tecniche. Gli atleti che lo praticano migliorano nel combattimento reale. Il Ju-Jitsu, attraverso le tecniche di leva e i movimenti circolari, insegna a gestire e a dominare la propria forza interiore, e personalmente insegno sempre ai miei allievi a controllare le abilità che acquisiscono. In merito alla difesa personale, ritengo che sia possibile anche evitare le situazioni più critiche, interagire a parole se possibile e credo che le reazioni andrebbero sempre proporzionate in base alle provocazioni ricevute. Penso che per approcciarsi al Ju-Jitsu, occorra aver praticato in precedenza anche delle altre arti marziali, oltre che avere anche un’apertura mentale importante. Il Ju-Jitsu è in realtà la matrice di tutte le altre nipponiche successivamente codificate”.

Insegnate il Ju-Jitsu tradizionale giapponese?
“Sì, in cui occorre essere bravi nel corpo a corpo e che include anche delle tecniche di pugno e di calcio. Il Ju-Jitsu nipponico ha tramandato anche nell’Aikido quelle leve e quei movimenti circolari, utili per imparare a sfruttare la forza dell’avversario. Il Ju-Jitsu tradizionale include anche dei katà, forme o sequenze di tecniche, da svolgere anche con le armi, allo scopo di imparare a muoversi correttamente nello spazio circostante. La scuola giapponese di Ju-Jitsu più antica è l’ HontaiYoshinRyu, fondata nel 600’ dal Sensei Oriemon Shigentoshi Takagi, originario del Nord, nel paese del Sol Levante, la quale, anziché basarsi sull’impiego della forza fisica, focalizza la metafora del salice che si flette nella tempesta senza spezzarsi a differenza degli alberi rigidi che ne sono stati abbattuti. I principi filosofici di questa scuola, legittimata, riconosciuta e protetta tuttora dal Nihon Budokan di Tokyo,  sono l’efficacia, concretezza, flessibilità e integrità di spirito. Anche le tecniche di proiezione previste nel Judo derivano dal Ju-Jitsu. In generale, ritengo che la variante brasiliana del Ju-Jitsu, nota come BrazilianJiu-Jitsu, sia essenzialmente uno sport e che anziché fungere da difesa personale, sia una lotta a terra ludica, allo scopo di ottenere i punti per vincere le gare”.

Qual è lo scopo delle armi?
“In allenamento usiamo il bastone lungo, il bastone corto e la spada di legno e in seguito anche la katana o spada giapponese in metallo. L’ impiego delle armi nel Ju-Jitsu risale al Giappone Feudale, in cui la gente girava armata. Attualmente, gli esercizi con le armi migliorano i movimenti sia nel corpo a corpo o lavoro in coppia e consolidano anche la correttezza degli spostamenti nello spazio. Nel Ju-Jitsu sono previsti dei katà o forme, nei quali si usa solo il coltello, la spada o il bastone. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il marinaio Gino Bianchi, considerato il padre del Ju-Jitsu in Italia, introdusse il Ju-Jitsu moderno, che comprende le leve articolari, il dominio dell’avversario, che prevede meno katà e come armi si impiegano di più il coltello e il bastone, rispetto alla spada, che è invece più tralasciata”.

Come avviene un combattimento sportivo di Ju-Jitsu?
“Nel complesso prevede tre fasi. La prima, dalla durata di un minuto, include l’uso delle tecniche di pugno e di calcio; nella seconda invece, si effettua una presa, allo scopo di portare a terra l’avversario e in seguito si prosegue il combattimento, ma a terra. La terza consiste nell’immobilizzazione dell’avversario per almeno trenta secondi. Per vincere un combattimento sportivo di Ju-Jitsu, occorre ottenere un ippon, o punto intero, in tutte e tre le fasi; non è previsto l’uso delle armi. Le armi, come ad esempio il coltello, sono previste però nel Duo System, una gara tecnica, dove due coppie si affrontano sul tatami, in una serie di tecniche difensive personali, preparate su una traccia suggerita dal regolamento; il Duo System esiste nelle specialità maschile, femminile e mista e lo vince la coppia che dimostra, sul piano coreografico, di effettuare una tecnica d’attacco più realistica possibile”.

Come svolgete gli esami?
“Siamo affiliati alla FIJKLAM e in quelle occasioni chiedo agli allievi ciò che hanno praticato durante l’anno. Dalla cintura bianca fino alla verde valuto in loro essenzialmente la diligenza e il desiderio di apprendimento, mentre a partire dalla verde in poi, attribuisco più importanza al loro apprendimento delle meccaniche di movimento e anche alla disinvoltura che dimostrano durante le prove. Già a partire dalla cintura gialla, gli allievi sono introdotti all’impiego delle armi, con le quali svolgiamo anche degli esercizi in coppia. Simuliamo anche delle ipotetiche e reali situazioni di aggressione, dalle quali l’allievo impara a difendersi. Per ottenere la cintura nera di Ju-Jitsu, occorre prepararsi sul programma federale previsto dalla FIJLKAM, per poi essere valutati da una commissione esterna, formata da altri Maestri”.

Voi della Pro Patria, avete degli atleti agonisti?
“Sì, oggi solo due, ma prima del Covid ne avevamo dodici. Luca Bianchi, cintura marrone, è stato vice-campione nei campionati italiani a Roma e ha anche conquistato il terzo posto nei campionati assoluti di Catania, nella lotta a terra in entrambe le competizioni. In futuro, l’obiettivo è quello di arrivare ad avere molti più giovani atleti agonisti”.

Nabil Morcos

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