Si scrive Serie C (o, più correttamente, Lega Pro), si legge lega di sviluppo. Nel solco del modello americano in cui le franchigie professionistiche utilizzano il serbatoio delle minors per convogliare i giovani non rientrati nel giro del draft. E in quest’ottica il progetto seconde squadre ha già tracciato una direzione chiarissima nella filosofia che (piaccia o meno), la terza serie ha in animo di percorrere. Nell’ambito del Social Football Summit, l’ex Magic Box oggi vice del Presidente Matteo Marani ha presentato la sua Riforma Zola. Un progetto che oltre a prendere il nome dal suo estensore, vuole essere punto di svolta e (soprattutto) caratterizzazione di una categoria che non può più solo rispondere all’ormai consunto e privo di prospettiva calcio dei campanili.

Le linee guida sono sostanzialmente due: maggiori incentivi all’utilizzo dei giovani e premi agli investimenti in strutture e formazione tecnica. Secondo quanto comunicato dalla stessa Lega Pro nel Campionato in corso il numero di giovani calciatori provenienti dai settori giovanili è cresciuto del 48%, con un incremento del 25% nei minuti giocati e un aumento del 26% nelle squadre che utilizzano atleti formati internamente. Dal 2025/26 i contributi al minutaggio saliranno del 400% ed entro il 2028/29 ogni squadra sarà obbligata a includere almeno otto giovani formati nel proprio vivaio nella lista ufficiale del settore giovanile. Nell’intento di ridurre il gap tecnico tra i club che dispongono di un budget elevato e quelli che invece (la Pro Patria rappresenta un benchmark in questo senso), hanno deciso di sposare la politica degli under (possibilmente fatti in casa e non valorizzati per altri).

Non è un caso che proprio Gianfranco Zola abbia militato con la Torres in Serie C (3 stagioni dopo l’esperienza tra i dilettanti con la Nuorese), prima di approdare in Serie A al Napoli a 23 anni compiuti. Il proprio vissuto autobiografico al servizio del presente manageriale. Rispetto a quanto sopra, c’è (come sempre) un ma. Ed è relativo alla Riforma del Vincolo Sportivo che ha portato da 5 a 2 anni il legame federale tra un giovane e il suo club di formazione. Cambio di prospettiva che ha ridotto all’osso il potere contrattuale delle società minori. Tema sul quale sarebbe il caso di trovare un ulteriore (migliore) punto di caduta. Per non trasformare la virtuosa Riforma Zola in un gigante dai piedi di argilla.               

Giovanni Castiglioni

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