Ha portato l’Under 17 tra le prime 8 squadre d’Italia, ha creato un bacino di assoluto valore per l’Under 19 che è arrivata tra le migliori 4 realtà tricolori, dà un apporto costante al lavoro della Prima Squadra della Pallacanestro Varese in allenamento.

Di chi stiamo parlando? Di coach Stefano Corengia, uno dei punti di forza del Settore Giovanile di Varese Basketball, con cui abbiamo fatto il punto della situazione sull’annata del gruppo Under 17 di Varese Roosters che guida da capo allenatore in abbinata perfetta con Stefano Bianchi.

Partiamo da una valutazione su quella che è stata l’esperienza alle Finali Nazionali…
“Secondo me abbiamo fatto molto bene, abbiamo espresso a tratti una buonissima pallacanestro. Abbiamo avuto anche qualche down, come contro Milano dove non siamo riusciti ad esprimerci al meglio, l’unico rammarico di queste Finali Nazionali è l’approccio a quel match. Per il resto abbiamo fatto il nostro giocando ottime partite come nello spareggio contro Tortona, poi abbiamo incontrato Bassano, la squadra più forte e ci sta che puoi anche perdere, però non è quella sconfitta sicuramente che cambia il mio giudizio sul lavoro dei ragazzi durante tutto l’anno e nel corso di queste Finali Nazionali”.

Prendo l’esempio di Bassano per chiederle, secondo lei, qual è il fattore che crea ancora grande distanza tra voi e loro?
“Beh Bassano intanto ha un gruppo U17 composto da 12 giocatori tutti reclutati, con qualità fisiche e atletiche diverse dalle nostre. In più penso sia il gruppo più forte avuto da Bassano, hanno 4/5 giocatori che sono in Nazionale e che sono arrivati secondi all’Europeo di categoria. Non è solo Perez che è strabiliante ma tutto il gruppo. Da quando sono arrivato io o comunque da quando è partito il progetto di Scola, abbiamo fatto in soli due anni passi in avanti clamorosi. Dobbiamo lavorare, lavorare ed ancora lavorare, perchè i riscontri sono più che positivi, dobbiamo credere nel nostro lavoro e andare avanti con l’obiettivo di accumulare sempre maggiore esperienza”.

Pensa che la nascita della foresteria a Varese possa aiutare nella crescita del Settore Giovanile?
“Penso sia una domanda da fare più che altro alla società. Sicuramente ritengo che sia un passo importante, un plus che avremo come società e che potremo offrire. Non è però solo tramite la foresteria che si fanno passi in avanti. Deve essere un qualcosa in più da usare bene, non andrà secondo me a formare gruppi ma ad arricchirli, con degli innesti che non so se pagheranno subito all’inizio ma con il passare del tempo saranno sicuramente utili. Se si lavora bene si può comunque arrivare al livello delle grandi anche senza foresteria e quello che ha fatto il gruppo Under 19 quest’anno lo dimostra. Un gruppo nel quale c’erano ben 5 2007 presenti, che quindi in questa stagione hanno avuto modo di giocare ben 2 Finali Nazionali, una cosa non da poco”.

Ecco, proprio la presenza concreta di 5 Under 17 nel gruppo U19 che è arrivato quarto alle Finali nazionali testimonia la bontà del suo lavoro e di quello di Stefano Bianchi con questo gruppo…
“Assolutamente sì, è un punto che ci tengo a rimarcare. Sono felicissimo per loro, quando succedono queste cose vuol dire che il lavoro che viene fatto con i ragazzi è quello giusto. Il nostro obiettivo è cercare di regalare a più ragazzi possibili queste esperienze e per questo ne siamo molto felici. D’altro canto, bravissimo anche Davide Roncari ad inserirli nel sistema U19, un connubio perfetto devo dire che ci ha dato grandissima soddisfazione”.

Pensa che questi 5 ragazzi, così come altri magari, siano già pronti per fare il salto nel basket Senior l’anno prossimo? E mi riferisco al gruppo che gioca la B Interregionale…
“Io penso di sì. Poi ovviamente la composizione della squadra non spetta a me ma alla società, però non sarebbe altro che la conseguenza naturale del percorso che abbiamo impostato: partire dal basso, inteso come età, per creare anno dopo anno giocatori che possano andare a costituire la nostra squadra senior o affacciarsi ad altre esperienze anche al di fuori, forti del bagaglio tecnico costruitosi negli anni passati con noi”.

Dopo due anni a Varese si aspettava una crescita così rapida, a livello di risultati, del Settore Giovanile?
“Aspettarmelo all’inizio no. Però lavorando ogni giorno in questo contesto capisci fin da subito quanto la potenzialità e l’effettiva concretezza di questo lavoro sia davvero tangibile giorno dopo giorno. Il fatto di puntare sulla crescita dei singoli, soprattutto a livello giovanile e nel modo in cui lo facciamo noi, ritengo sia assolutamente una via di sviluppo eccellente, per i ragazzi come per gli allenatori e di conseguenza per tutta la società”.

Non pensa che fare questo tipo di basket dall’Under 14 fino alla Serie B sia in qualche modo limitante per i ragazzi?
“Sicuramente è un modo diverso d’intendere e fare pallacanestro rispetto a tante altre società, però non penso che sia limitante, anzi. Tutti lavorano per far crescere i singoli giocatori del proprio Settore Giovanile, noi abbiamo scelto questa via che, come dicevamo prima, i risultati dimostrano essere giusta. Poi ce ne possono essere altre altrettanto valide, ma non penso che il nostro modo di lavorare, portando i giocatori a fare determinate scelte in campo rispetto ad altre sia limitante, perchè comunque poi l’obiettivo comune è quello di tutti: crescere e cercare di vincere le partite”.

Lei ha svolto un ottimo lavoro in questi due anni a livello di Settore Giovanile ma non solo, visto anche il suo impegno di supporto durante gli allenamenti alla Prima Squadra. Se dovesse arrivare una chiamata per far parte dello staff di coach Mandole, come risponderebbe?
“Premetto che queste sono valutazioni che non mi competono e che spettano alla società, ma sicuramente la possibilità di lavorare con la Serie A sarebbe un sogno che si realizza. Varese è una società dal blasone e dalla storia importantissimi e solo il pensiero di arrivare un giorno a far parte dello staff della Prima Squadra di questa società mi fa venire i brividi. Se Herman dovesse volermi al suo fianco per me sarebbe un sogno”.

Alessandro Burin

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