Da Mendoza a Varese il viaggio è lungo, molto e per portarlo a compimento ci vuole tanto coraggio, a maggior ragione quando hai solo 16 anni e non sei mai andato lontano da casa.
Un viaggio del genere però ti tempra nello spirito e nella testa, ti fa crescere e ti porta a costruire quella personalità che poi riesci a mostrare in campo giorno dopo giorno. Così Mauro Villa, perno di Varese Basketball, ha iniziato a costruire quella personalità che oggi lo sta identificando come uno dei migliori prospetti del Settore Giovanile biancorosso.
Villa, mi racconti un po’ della sua famiglia e dell’infanzia in Argentina…
“Io sono di Mendoza, una città vicino al confine con il Cile, specifico che per noi vicino vuol dire fare 4-5 ore di macchina. La mia famiglia è composta da mamma, papà e due fratelli, uno più grande che ha 22 anni e uno più piccolo di 15. Proprio grazie a quello più grande ho iniziato il mio percorso nella pallacanestro, a 4 anni. A me all’inizio non piaceva il basket, io volevo giocare a calcio come tutti i miei compagni di classe, ma mia mamma mi disse che dovevo seguire le orme di mio fratello. All’inizio per me è stato difficile, piangevo spesso, poi però ho iniziato a scoprire ed amare questo sport ed oggi sono qui”.
Le piaceva andare a scuola?
“Sono sincero, no. Come del resto a tutti i bambini fino ai 10 anni. I miei genitori mi hanno sempre lasciato grande libertà nelle scelte, però hanno sempre voluto che ogni cosa che facessi fosse affiancata allo studio”.
Ed oggi com’è il suo rapporto con la scuola?
“Direi decisamente migliore. Sto iniziando a informarmi su qualche percorso universitario da poter iniziare, mi piacerebbe fare Ingegneria dei Data – Science”.
Tornando al basket, qual è il suo idolo di oggi?
“Senza dubbio Luka Doncic, un giocatore straordinario”.
Cosa l’ha spinta a cambiare completamente vita e quanto è stato difficile passare dall’Argentina all’Italia?
“Io volevo fare questo salto perché ho iniziato a pensare di poter fare della pallacanestro un lavoro. Ho pensato che questa fosse un’esperienza imperdibile sotto tanti punti di vista, sia sportivo che di crescita personale e quindi l’ho colta al volo. Son sincero però, il fatto di essere arrivato qui (ai tempi in Varese Academy) con altri due compagni argentini (Marchiaro e Beirne, ndr) mi ha aiutato moltissimo, soprattutto nei primi mesi d’ambientamento. Quando siamo arrivati qui, poi, era l’ultimo anno da giocatore di Scola, che ci ha preso sotto la sua ala e per me è un secondo papà”.
Mi racconta questo lato molto umano di Scola?
“Assolutamente sì, per me è una persona importantissima. Ci sono tanti tipi di Luis: in campo, ad esempio, è uno molto duro, che pretende il massimo e che non ti fa sgarrare di un centimetro, l’ho imparato in tanti anni di allenamento individuale con lui. Al di fuori del parquet, invece, è una persona buonissima e con cui è bellissimo passare del tempo e crescere e mi sento molto fortunato ad averlo al mio fianco”.
In cosa si sente maggiormente cresciuto dopo qualche anno qui in Italia?
“Dal punto di vista personale mi sento molto più uomo. Da quando sono arrivato qui ho imparato ad essere indipendente e questa è una cosa importantissima per chi poi decide di provare a fare del basket o dello sport in generale il suo lavoro, perché non sai mai dove giocherai e devi essere pronto ad ambientarti. Dal punto di vista sportivo, mi sento molto cresciuto sotto il lato fisico e atletico, soprattutto negli ultimi due anni, e di questo devo dire grazie a Marcelo Lopez”.
Com’è, invece, il suo rapporto con coach Mandole?
“Pensa che lui mi tagliò ai tempi della Nazionale Under 18. Quindi sicuramente non avevo un buon rapporto con lui, quando però l’ho ritrovato qui a Varese e abbiamo iniziato a lavorare insieme ho capito quanto sia bravo, secondo me un fenomeno. So che in questo momento i risultati della serie A non sono dei migliori, però sono certo che ne usciremo. Dovrò sempre dirgli grazie per la possibilità che ogni giorno mi dà di allenarmi con la Prima Squadra in maniera vera e di crescere”.
Il suo sogno da qui a 2-3 anni?
“Giocare in serie A con la maglia di Varese, una città che sento come una seconda casa”.
Alessandro Burin