C’è chi para e chi fa parare. Vitangelo Spadavecchia ha fatto entrambe le cose perché dopo aver difeso i pali per una lunghissima e soddisfacente carriera, ha scelto di iniziare una nuova avventura come preparatore dei portieri e l’ha fatto nella stessa società in cui aveva chiuso con il calcio giocato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e il binomio Varesina-Spadavecchia si sta rivelando proficuo per entrambi: da una parte il classe ’82 sta prendendo sempre più confidenza con il nuovo ruolo, dall’altra Matteo Basti e Leonardo Santulli stanno regalando non poche gioie alle Fenici.

“Il calcio giocato mi manca ancora – esordisce Spadavecchia – perché continuo a sentire l’adrenalina della partita, ma pian piano questo sentimento sta scemando perché ho fatto il mio tempo: non posso tornare indietro, devo pensare al presente al futuro, ragion per cui ad oggi sono contento del rendimento e di come stiano giocando i miei portieri”.

La Varesina ha un gioco estremamente offensivo: questo comporta maggiori responsabilità per un portiere?
“Sì e no, nel senso che l’impostazione di gioco di una squadra viene decisa all’inizio della preparazione: dialogando con il mister si capiscono il modulo e i suoi principi di gioco, costruendo di conseguenza quell’equilibrio imprescindibile per il buon rendimento della squadra. Un portiere, in tal senso, non fa eccezione perché viene impostato su quegli stessi principi di gioco per accentuarne i pregi e colmarne i difetti. Poi ogni partita ha una storia a sé e non sempre si riesce a mantenere quell’equilibrio, finendo così per perdere; detto questo dobbiamo solo goderci in maniera intensa questa stagione, divertendoci e lavorando per portare a casa altri successi”.

In estate avevi parlato delle tue aspettative per il nuovo incarico: a oltre metà stagione qual è il bilancio che puoi fare considerando il rendimento di Basti e Santulli?
“Sono sempre stato del parere che lavorando sodo i risultati arrivano: ho la fortuna di avere un gruppo portieri eccezionale, così come lo è il resto della squadra, e il merito di un rendimento del genere è solo loro. Basti e Santulli sono forti, hanno tanta autostima e, come me, prediligono la cultura del lavoro senza farsi condizionare da ciò che avviene fuori. Come ho detto loro, nel calcio il passaggio tra l’esser portato all’esaltazione e all’esser paragonato al peggior portiere mai esistito è brevissimo: serve l’equilibrio sia nel successo che nella sconfitta, vivendo ogni giorno con i piedi per terra godendosi i risultati già ottenuti e lavorando con serenità per raggiungerne di nuovi”.

Entrando nello specifico, quali sono le caratteristiche di Basti e Santulli?
“Per essere così giovani, rispettivamente un 2004 e un 2005, hanno una mentalità davvero invidiabile. Basti in questi mesi ha sviluppato tanta personalità e un’applicazione tale sul lavoro da compiere costanti step di crescita. Lo ripeto, è un 2004 e deve sbagliare, ma ha la maturità per sapere che l’errore lo porterà ad una crescita più grande. Stesso discorso per Santulli che domenica contro la Clodiense ha dimostrato enorme personalità: fermo da tanto tempo non ha tremato su un campo del genere e ha tolto dalla porta un gol già fatto. Poi, un minimo di esperienza credo di averla, so che un portiere non viene mai giudicato per le sue parate, ma per i gol che prende; torniamo all’equilibrio di prima, che è fondamentale per superare i momenti sia positivi che negativi. Basti e Santulli possono farlo perché sono forti mentalmente: lavorando sulla tecnica e sulla tattica tutti migliorano, ma l’80% di un portiere lo fa la testa”.

Basti ci ha tra l’altro confidato che hai giocato un ruolo importante affinché lui rimanesse alla Varesina.
“Confermo. Non è facile trovare un portiere del genere, che arriva da un settore giovanile importante come quello dell’Inter è che è riuscito subito a calarsi nella mentalità della categoria per rendere al meglio. Sarei sorpreso di non vederlo arrivare in alto nei prossimi anni, ma ovviamente sta a lui continuare un percorso di crescita che può esser davvero importante. Stesso discorso per Santulli”.

A proposito del classe ’05, come già accennato, è stato determinante nel passaggio alla semifinale di Coppa Italia. Cosa gli hai detto prima della partita?
“Non si dice (ride, ndr): quello che succede nello spogliatoio, luogo sacro, resta nello spogliatoio. Domenica mi ha reso felice, ma non avevo dubbi proprio alla luce dei discorsi precedenti”.

In ottica futura, cosa ti aspetti a livello personale da Basti e Santulli?
“Con entrambi c’è un rapporto speciale: io spero solo di essere in primis una persona di cui si fidino, e poi di essere per loro un ottimo allenatore. Per me sarebbe una vittoria se, nel momento in cui intraprenderanno una strada diversa, si ricordassero di me in maniera positiva”.

Come imposti la settimana tipo?
“Lavoriamo parecchio sotto il profilo della forza, per poi concentraci in particolar modo sulle palle alte e le situazioni da fermo. Dedichiamo una parte delle sessioni alla tecnica di parata e cerchiamo poi di ipotizzare tutte le situazioni che potrebbero capitare in partita: nel calcio moderno è fondamentale imparare a lavorare sull’aspetto situazionale del portiere in relazione a ciò che accade nei 90 minuti”.

Sia nel Girone B che in Coppa Italia avete affrontato (e affronterete) attaccanti di categoria superiore: anche questo è uno stimolo in più per far rendere un portiere?
“Diciamo che è un conto è affrontare attaccanti abituati alla categoria, un altro è trovarsi davanti un Paloschi, giusto per fare un nome, che ha fatto la Serie A. Cambia l’esecuzione e la velocità del tiro, ragion per cui, completando la risposta precedente, diventa determinate la video-analisi nel capire come si muovono gli attaccanti che andremo ad affrontare. Discorso che, comunque, si lega a tutta la squadra e ne approfitto per aprire una parentesi: il buon cammino che stiamo svolgendo è frutto di tutti perché i direttori Scandola e Micheli sono stati bravi nel prendere i giocatori e i giovani giusti, ma tutto lo staff ha svolto un lavoro eccezionale per assemblarli e farli rendere al meglio”.

Qual è il rapporto con mister Spilli? È cambiato rispetto a quando giocavi?
“Inevitabilmente è cambiato perché sono passato dall’essere un calciatore ad un membro dello staff e colgo subito l’occasione per ringraziare sia lui che la società: ho sempre avvertito massima stima e fiducia, e in un ambiente del genere mi sento stimolato a studiare e lavorare sodo per sfruttare al meglio questa possibilità. Con Spilli il rapporto è bellissimo: non è un allenatore che ti toglie il lavoro, ma mi lascia tutti gli spazi di cui ho bisogno facendomi lavorare in serenità con i miei ragazzi. In quattro anni da giocatore l’ho ripagato con la vittoria del campionato di Eccellenza e la salvezza dell’anno scorso disputando sempre prestazioni di alto livello. Ne sono stato orgoglioso, così come lo sono adesso di poter contribuire a questa società che mi ha dato tanto”.

Matteo Carraro

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