Dopo il periodo delle festività natalizie, è l’ora di tornare a pensare al campionato di Serie B, dove lo Yaka Volley sta difendendo il proprio nome con un 3° posto più che meritato che li tiene ben attaccati ancora alla zona Play-off. Tra i giocatori della società malnatese spunta sicuramente il nome di Marco Bollini, il Capitano (con la C maiuscola perchè fedele alla società di Malnate dal 2009!) che in questa annata ha visto un drastico cambiamento del suo ruolo in campo, ma non per questo si è tirato indietro da questa nuova avventura. La sua passione per questo sport e per questa società è smisurata ed insieme a lui abbiamo parlato di questo e di molto altro.

Tu sei una figura ben nota qui a Malnate, ma come ti presenteresti ad una persona che si approccesse a te per la prima volta?
“Direi che sono un ragazzo molto semplice e che fin da piccolo ha deciso di seguire le sue passioni: la più nota è quella pallavolistica. Al di fuori della carriera sportiva, ho la passione di seguire il lavoro di mio padre che fa l’odontotecnico”.

Che significato ha per te la pallavolo? All’inizio la consideravi maggiormente come un passatempo o fin da subito hai avuto l’ambizione di renderla più di un hobby?
“Per me è sempre stata solamente una passione proprio perché mi piaceva stare in questo contesto, con determinate persone e lavorare in un certo modo. Tutto quello che è venuto poi è stato una sorta di conseguenza casuale: sinceramente non avevo mai pensato di rendere questo sport più di un hobby. Per me la pallavolo è sempre stata un divertimento ed una passione, che col tempo ha avuto questo evolversi meraviglioso”.

Possiamo definirti una vera e propria bandiera della società, infatti le sei fedele dal 2009. Cosa ti ha spinto fin da subito a credere in questo progetto? Come, e soprattutto se, è cambiato il tuo rapporto con lo Yaka Volley?
“La cosa principale che mi ha spinto a stare allo Yaka tutti questi anni è, come dicevo prima, il fatto di fare una cosa che mi piace, nel miglior modo possibile, in un territorio (quello di Malnate ndr) a cui sono molto legato, visto che abito qui vicino da sempre. Il mio rapporto con la società direi che non è cambiato per niente, perché fin dai primi tempi ho avuto un legame molto diretto, quasi familiare, non solo per il contesto sportivo ma anche per quello extra pallavolistico. Un rapporto del genere è solitamente difficile da creare nelle società e di certo è una cosa che è difficile da abbandonare”.

E con il pubblico invece?
“Con il pubblico c’è sempre stato un bellissimo rapporto. Io magari, rispetto ad altri ragazzi della squadra, lo cerco meno però so che è sempre lì e mi serve che sia lì: mi serve sapere che affianco a me c’è sempre qualcuno a spingermi a dare il massimo in ogni momento. Poi, la cosa più bella è proprio il rapporto che si crea con qualunque tipo di tifoso: dal signore che ci segue da una vita fino alla bambina che ci ha conosciuto neanche da un paio di anni. È bello vedere che con tutti puoi fare una foto, scambiare due parole… sono tutti momenti che, secondo me, non trovi in tante realtà e che non ricapiteranno facilmente”.

Come occupi generalmente il tuo tempo libero?
“Quale tempo libero?! (ride, ndr) Generalmente, quel poco tempo libero che ho a disposizione cerco di gestirmelo fra amici e dello svago per liberare la mente. In alcuni momenti, per come sono fatto io, mi piace molto andare a pescare, magari anche per 3 ore, perché mi piace tanto riflettere e pensare su cosa sto facendo, su cosa sta andando bene e cosa no. È proprio un momento che mi prendo per me stesso”.

Considerando che sei il capitano: come vedi quest’anno “la tua squadra”? Come gestisci le differenze di personalità all’interno del gruppo?
“Chiaramente, rispetto all’anno scorso, anche se sono cambiati pochi elementi, è cambiato quasi tutto. Io la squadra la vedo come un orologio, dove anche se solo un piccolo ingranaggio viene sostituito, noti non che smette di lavorare, ma sicuramente che lo fa in una maniera diversa. Quindi non siamo sicuramente la squadra dell’anno scorso e per gestire questa situazione bisogna saper bene con chi hai a che fare e come potrebbe reagire una determinata persona. Io personalmente cerco di alternare diversi modi: so che uno, magari, è disponibile alla parola e quindi sto li a parlargli e riflettere con lui il più possibile creando magari anche momenti extra pallavolistici per discuterne di alcune dinamiche; con altri magari c’è più bisogno della strigliata e faccio anche quella senza grossi problemi”.

In queste situazioni dove devi essere ‘quello cattivo’, ricoprire il ruolo del capitano lo vedi come un peso?
“Dico di no per due semplici motivi: il primo, perché è da diversi anni che sono il capitano della squadra quindi, non dico che è diventata un abitudine, ma uno col tempo ci si abitua a gestire certe dinamiche. Il secondo motivo è che all’interno di questo gruppo si è verificata veramente pochissime volte la situazione che un singolo elemento abbia dovuto prendere in mano le redini. Dal mio punto di vista qui tutti potrebbero essere il capitano perché siamo molto amalgamati, c’è tanto rispetto e coesione”.

Quale pensi sia la chiave per una buona collaborazione all’interno di una squadra di pallavolo?
“Questo elemento ritengo che sia fondamentale non solo nello sport, ma anche nella vita quotidiana: la trasparenza. Bisogna sempre essere chiari, senza mai nascondere niente, cercare di essere diretti ed affrontare apertamente un problema parlandone il prima possibile”.

Voi questa trasparenza l’avete?
“Secondo me, da parte di qualcuno si, qualcuno no, qualcun altro ci sta lavorando… dipende ovviamente molto dalle singole personalità”.

Come vivi la tensione e gli attimi prima di una partita?
“La mattina tendenzialmente lavoro, quindi non posso pensarci molto alla partita. Il pomeriggio inizia sempre con un pranzo leggerissimo, poi faccio un riposino, che a volte diventa una vera e propria dormita, per recuperare tutte le energie possibili per la sera. Solitamente ascolto tanta musica per cercare di isolarmi, trovare me stesso e pensare. Prima della partita non ho nessun rito scaramantico ma, non so come mai, il momento di battuta/ricezione durante il riscaldamento pre-match lo faccio sempre con le scarpe slacciate. Questa potrebbe essere l’unica cosa rituale che faccio”.

Quest’anno, in virtù anche del tuo drastico cambiamento di ruolo, come lo stai vivendo?
“All’inizio è stato molto intrigante questo cambio, perché è stato uno stimolo notevole: uscire dalla tua comfort zone, abbandonare quello che è il tuo fondamentale preferito e analizzare le azioni da una prospettiva diversa… ti spinge ad avere quello stimolo e quella grinta in più a fare meglio. Adesso però, analizzando sul lungo periodo, sto un pochino accusando la mancanza del mio vecchio ruolo. Però nulla di tragico… pensavo peggio”.

In tutti questi anni, hai avuto un punto di riferimento a cui ispirarti (qualcuno dello staff o della società, un atleta professionista,…)?
“Il primo anno che sono salito in Serie B il punto di riferimento per me non è stato uno solo, ma tanti compagni di squadra. In quella stagione ero uno dei ragazzi più piccoli in un gruppo di giocatori che avevano anche 30 anni e quindi anche la loro esperienza. In quel momento lì ho visto proprio la loro disponibilità nel darmi consigli e correzioni… quasi si può dire che erano loro il mio allenatore. Quindi ci sarebbero un sacco di nomi da fare”.

Cosa ha rappresentato per te la scorsa stagione con quel finale malinconicamente fantastico?
“L’anno scorso è stato sicuramente come andare su una montagna russa. Perché dopo aver raggiunto quel traguardo, più che unico per noi, vedere che subito dopo, per motivi vari, ci viene impedito… è stata veramente tosta, soprattutto perché tu te lo sei conquistato sudando e non poco, magari sacrificando molte altre cose per focalizzarti solo su ciò. Non nascondo che c’è stato del rammarico e della delusione da parte mia, però penso che sia normale”.

Quali sono i tuoi obiettivi/sogni futuri sportivi e no?
“Legati al lavoro, mi piacerebbe cercare di ingrandire l’attività di mio padre. Sotto l’aspetto pallavolistico io sono abbastanza convinto che non avrò molte possibilità per arrivare in categorie più alte, quindi mi piacerebbe cercare di mantenere vivo quello che c’è già qua su questo territorio e quello che stiamo negli anni contribuendo anche noi a creare insieme allo Yaka”.  

MARCO BOLLINI – VOLLEY IDENTIKIT

Fondamentale preferito?
Attacco, anche se quest’anno ho decisamente cambiato ruolo

Beach Volley o Snow Volley?
Beach Volley

Rotazione in campo preferita?
P6

Giocatore/giocatrice di riferimento?
Giba

Preferisci partite intense e combattute o vittorie più agevoli?
Intense e combattute

Scarpe alte o basse?
Alte

In battuta sul 23-24 per gli avversari: battuta piedi a terra o spin jump?
Dal basso, non bisogna assolutamente sbagliare

Quale canzone/genere non può mancare nella tua playlist prepartita?
Qualcosa di techno, per avere la giusta carica

Se dovessi scegliere una parola per descrivere il tuo stile di gioco, quale sarebbe?
Vario

Pallone Molten o Mikasa?
Mikasa

Matteo Carcano
foto di Gianluigi Rossi

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