
La continuità: cosa questa tanto ricercata da tutte le squadre di LBA e sempre più difficile da trovare, a livello di roster, in un basket che cambia ed evolve in maniera repentina e porta, ogni anno, praticamente tutte le società a cambiare quasi più della metà della rosa dell’anno precedente. La continuità che è stato fin dal primo giorno uno dei capi saldi sui quali Luis Scola ha voluto basare il proprio progetto biancorosso e che, dopo tante peripezie, inizia a manifestarsi in campo, dove sono stati confermati tre italiani di livello come Librizzi, Assui ed Alviti ma soprattutto nello staff, in questo caso medico e tecnico. Esempio di ciò è stato il rinnovo del preparatore atletico Silvio Barnabà, eccellenza della società biancorossa che è pronto a iniziare la sua ottava stagione ai piedi del Sacro Monte.
Barnabà, quanto è felice del suo rinnovo con Varese?
“Sono felicissimo: quando nel mio ruolo riesci a rimanere per tanti anni in una società in primis è un segno di riconoscenza e di apprezzamento ed in secondo luogo hai la possibilità di costruire e sviluppare un metodo di lavoro che il club accetta e ti dà la possibilità di approfondire e non dover ogni volta ripartire da zero. La combinazione, insieme allo staff medico-fisioterapico, che sostanzialmente rimane sempre lo stesso con Modesti, Zonca e Bianchi, ha portato ad una cooperazione ed intesa molto forte, nella quale condividiamo idee, metodi, sistemi, protocolli e questo è molto bello ed utile. Probabilmente tutto questo è anche il motivo per il quale in questi anni abbiamo sempre lavorato bene dal punto di vista fisico e atletico”.
Rispetto agli ultimi due anni, con l’arrivo di Kastritis, sono cambiate le richieste in campo ai giocatori, ma anche dal punto di vista della preparazione ci sono state novità?
“Avevamo l’obiettivo di arrivare a giocare 5vs5 il prima possibile. I giocatori nati negli anni ’90/2000 si presentano al raduno in una forma sempre più adatta a subire questo tipo di carico, mentre anni fa questo non si poteva fare, perchè il giocatore nato negli anni ’70/80 d’estate il giocatore si lasciava andare. Di conseguenza anche la preparazione è cambiata, non si parte più da un principio generico di lavoro, dove si doveva andare a rimettere in moto il sistema centrale utilizzando metodi lontani dalla specificità, come le corse in giro per la città o in pista d’atletica. Adesso i giocatori si allenano sempre, si lasciano seguire dal club appena avvenuta la firma e quindi si presentano in condizione nettamente migliore. Tornando alla domanda, avevamo la necessità di arrivare a fare in breve delle esecuzioni live di 5vs5 e ci siamo riusciti in una settimana. Gli italiani già li conoscevamo, gli americani si sono presentati bene e siamo così riusciti a rispettare tutte le tappe di lavoro che ci eravamo prefissati”.
Come ha trovato i nuovi arrivati?
“Sono tutti ragazzi molto agili. Più che essere giocatori rocciosi e forti, sono molto reattivi, che fanno della velocità il loro punto forte. In più, conoscono tutti molto bene il gioco e le varie situazioni che si vengono a creare in campo. Cito Renfro, ad esempio, che sembra un giocatore europeo: mi ha molto sorpreso per la grande cultura del lavoro che ha e non è scontato questo aspetto, soprattutto quando si firma un giocatore americano, perché in Europa si lavora in maniera diversa rispetto a come si lavora in America: giochiamo di meno e quindi si cura di più la parte fuori dal giocato. Tutti si sono adattati subito al carico ed al sistema figlio del metodo Kastritis e quindi stiamo lavorando bene”.
Nei primi allenamenti visti, però, abbiamo notato della stanchezza nei giocatori, probabilmente figlia della preparazione…
“In questo momento chi soffre di più è chi non arriva nel peso forma ideale e devo dire che quest’anno tutti si sono presentati in ottime condizioni. Questo permette un recupero molto più rapido dei carichi di lavoro a cui vengono sottoposti i giocatori che, è chiaro, sono importanti in questo periodo, quindi nulla di cui preoccuparsi”.
Che idea di squadra sta nascendo secondo lei?
“Vedo un gruppo di ragazzi molto svegli, cercano spesso linee di passaggio interessanti in campo e poi ascoltano molto ed eseguono le richieste del coach. Vedo una squadra coraggiosa, con ragazzi che non si limitano ad eseguire il compitino ma “discutono” con il coach e tra di loro per trovare la soluzione migliore alle varie situazioni di gioco ed è una cosa che non vedevo da un pò ma molto positiva. Su questo pesa tanto la capacità che ha coach Kastritis di creare una connessione con i giocatori, che è veramente eccezionale. Lavorano molto, pensano tanto a quello che c’è da fare in palestra, è una squadra molto seria ed è un taglio che ha dato il coach: poco ma fatto bene, ogni giorno ed è una filosofia di lavoro nella quale mi ritrovo molto”.
Notizia di poco fa è che il club ha ufficialmente aggregato Freeman al gruppo squadra, cosa ci può dire sul suo infortunio e sul percorso che avete in mente per lui?
“Freeman rientra dopo 8 mesi, ha completato la fase di riabilitazione e con noi incominciare una fase di riatletizzazione. All’inizio questo lavoro sarà più in forma generale e poi sempre più specifica. La scelta che abbiamo fatto come staff è quella di incominciare a vederlo in campo su movimenti tecnici, ovviamente tutti controllati”.
Alessandro Burin