C’è stata una serata nella serata nel 77-118 con cui la Germani Brescia ha espugnato l’Itelyum Arena di Masnago, infliggendo alla Pallacanestro Varese una delle sconfitte peggiori della sua storia.
Una serata nella serata che poi per tanti forse valeva anche più della partita e che di sicuro per lui è stata indimenticabile: Giancarlo Ferrero è tornato a casa, nella sua Varese, per ricevere quell’abbraccio con la sua gente che gli è mancato come l’aria per un anno e mezzo.
Lo ha fatto nella maniera più bella, con quella semplicità e umiltà messa a nudo come al solito di fronte ad un pubblico che pendeva dai suoi gesti, chiari ed evidenti, e dal suo sguardo, bagnato dalle lacrime in mezzo al campo dopo la consegna di un quadro speciale a lui dedicato da parte del Presidente della Pallacanestro Varese, Toto Bulgheroni.
Quello sguardo, nel quale racchiuso c’era tutto il sentimento di chi idealmente ha abbracciato uno ad uno tutti i tifosi presenti a Masnago, per lui e con lui. Quegli stessi tifosi che gli hanno regalato un’emozione unica, un qualcosa di assolutamente insolito ma di completamente prevedibile come l’esultanza ad un suo canestro da tre punti, non una ma ben due volte, nonostante non avesse su la canotta biancorossa, nonostante fossero i punti finali di una debacle per Varese; nonostante questo perché Giancarlo Ferrero è Pallacanestro Varese, perché la canotta biancorossa c’è l’ha tatuata sulla pelle, perché quel legame con la gente di Varese, come piace dire a Giancarlo, va oltre le barriere della logica sportiva perfino nel bel mezzo di una partita, perché nulla potrà mai separare Varese da Ferrero e viceversa.
Ed allora più del giro di campo, più degli abbracci, dei gesti e dello sguardo, c’è quell’applauso ai suoi due canestri che dice tutto e che lo ha lasciato senza parole, come ci ha confessato nell’intervista post gara: “Non so più come dire che questa è casa mia. Quegli applausi ai miei canestri sono qualcosa di irreale. Voglio ringraziare ogni persona che era qui dentro oggi e anche chi non è potuto venire. Oggi è successo qualcosa di unico. I tifosi che facevano i cori per me mentre giocavo… sono tre ore che non ho salivazione anche se ho bevuto 5 litri d’acqua non riesco a parlare quasi. Grazie, non so cosa dire, è il sogno di un bambino con un fisico mediocre, un talento mediocre che fa 10 anni di Serie A che ha volte segna, dà una mano alla squadra ma che cerca di essere ricordato per altro“.
Alessandro Burin