
Che sapore ha questa salvezza della Pallacanestro Varese? E’ l’amaro dell’ennesima pesantissima debacle stagionale certificata dal 104-67 subito ieri sera contro la Virtus Bologna o quello dolcissimo di un’impresa non scontata compiuta in un’annata disgraziata come quella vissuta quest’anno?
A guardare le facce dei protagonisti ed a leggere tanti commenti dei tifosi verrebbe sicuramente da dire la prima: la dirigenza biancorossa cancella subito la parola “festa” collegata alla salvezza nel post sconfitta con la Virtus ed i tifosi parlano di figuraccia e di salvezza conquistata più per demeriti altrui che per meriti propri.
Poi però c’è coach Kastritis, che parla di orgoglio per un obiettivo assolutamente non scontato, raggiunto con due giornate d’anticipo sul finale di stagione ma che virtualmente erano 4 dopo il successo esterno contro Napoli che aveva già praticamente fatto mettere i biancorossi la missione salvezza più che al sicuro.
Ed allora dove sta la verità? Come spesso capita in questi casi sta lì, lì nel mezzo, perché sarebbe da folli non festeggiare una salvezza sudata e conquistata con le unghie e con i denti, con il sudore e con la fatica ma anche con un cambio di filosofia, pardon, cultura del lavoro tanto invocato e finalmente attuato. Sarebbe però altrettanto da folli non collegare alla gioia legittima e da manifestare settimana prossima contro Trieste in una festa che dovrà esserci per la salvezza, la delusione, la rabbia e la frustrazione per un’annata ricca di errori, di scelte ripetutamente sbagliate, di batoste prese e di tensioni che hanno contrassegnato un cammino tortuoso e dal quale imparare.
Ecco, imparare diventa imperativo categorico per la Pallacanestro Varese che da oggi inizia a nascere, per una squadra che riparte da un punto fisso che è coach Kastritis e per un progetto sportivo che, proprio in virtù di questa scelta, prende una via nuova, molto più europea e meno americana; molto più legata alla sostanza che alla ricerca di un’estetica di gioco lontana oggi da quella che è la realtà dell’essere Pallacanestro Varese; molto più vicina a quello in cui la gente biancorossa ama identificarsi rispetto ad una spersonalizzazione dell’essere parte della Pallacanestro Varese, troppe volte avvenuta in questi ultimi due anni.
Sono già cambiate tante cose e altre ne cambieranno, si ripartirà da quell’assunzione di colpa che la società ha fatto per stessa voce del suo AD Luis Scola settimane fa e che dalle parole è stata tramutata in fatti scegliendo una via nuova, una cultura del lavoro nuova e che ha portato il suo primo frutto, quella salvezza non scontata ma dal sapore agrodolce che lascia l’interrogativo più grande che accompagnerà la Pallacanestro Varese per tutta l’estate: saprà finalmente imparare dai propri errori?
Lo sapremo solo tra qualche settimana, intanto si festeggi per un traguardo vitale ancora una volta centrato, nonostante tutto, al di là di tutti quegli errori dai quali si dovrà per forza di cose fare tesoro, per far progredire un nuovo progetto sportivo che in due mesi è riuscito a salvare ciò che il vecchio stava causando, con tutte le conseguenze del caso.
Alessandro Burin