
Non c’è nemmeno bisogno di spiegare il detto che abbiamo utilizzato per il commento post sconfitta della Pallacanestro Varese contro Treviso per 88-86. L’ottavo ko consecutivo dei biancorossi in campionato certifica la più lunga striscia negativa della storia del club biancorosso in 80 anni di gloriosa vita.
A questo, a voler ben vedere, di record negativi ormai raggiunti dalla nuova gestione sportiva, se ne potrebbero aggiungere altri che potrebbero anche andare a coinvolgere la passata stagione, ma rimaniamo sull’attuale, che oggi vede i biancorossi penultimi e quindi, in questo momento, pienamente in zona retrocessione. Una stagione in cui è stato sbagliato tutto il possibile: dalle valutazioni estive sul mercato, con una squadra ridisegnata tre volte in stagione, ogni volta sbagliando qualcosa; terminando i visti a novembre (qualcosa di assolutamente ingiustificabile); attendendo l’inverosimile per cambiare una gestione tecnica che da settimane era ormai arrivata alla deriva e impostandone una nuova, monca nel roster e che si vede costretta a ruotare giocando con un 2006 in quintetto (Assui), Virginio come primo cambio dell’ala forte e Bradford da ala piccola, roba che manco in A2 sarebbe possibile.
In tutto questo si valutano, come sempre, le scelte oggettive ed i fatti, incontestabili, ed è ovvio allora che, dopo una settimana passata tra mille ragionamenti sul possibile reintegro di Nino Johnson, con la scelta forte da parte di società e staff tecnico di lasciare fuori squadra in maniera definitiva il numero 92, si perde una partita con l’ala forte avversaria protagonista assoluta con 28 punti e 9 rimbalzi, non si possa fare altro che porsi, in maniera molto eufemistica, quantomeno la domanda se con Johnson in campo sarebbe stato diverso l’esito di una partita persa di soli 2 punti.
Probabilmente la risposta la sappiamo già tutti ma è anche inutile stare qui a soffermarsi su questa: i problemi di questa Varese sono enormi, come ormai ripetiamo da settimane, da mesi, sono strutturali, sono di leadership tecnica, sono di peso e fisicità sotto i tabelloni, sono di pochezza qualitativa evidente anche a chi non è avvezzo alla pallacanestro.
Ed allora, in questo quadro di errori che si sono susseguiti giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, si arriva al momento della verità, quello in cui ormai non si può più fare nulla se non cercare di vincere la gara di domenica contro Scafati che è l’ultima chiamata ad una salvezza sempre più complicata ma da raggiungere ad ogni costo, per non rendere scrosciante e copioso come non mai quel pianto che scende dagli occhi biancorossi ma che è stato causato solo ed unicamente dagli errori e delle scelte fatte da inizio anno ad oggi. Chi è causa del suo mal pianga a sé stesso ma ora più che mai, fino alla fine, si lotti per salvare questa gloriosa società dall’abisso dell’A2.
Alessandro Burin