
Nonostante manchi ancora una partita alla conclusione del campionato della Pallacanestro Varese, si possono già fare bilanci e ripercorrere l’annata dei biancorossi, portando sempre lo sguardo in avanti verso il futuro. Ed allora quale migliore persona se non il Team Manager Max Ferraiuolo che di annate in casa biancorossa ne ha vissuto tantissime, tra gioie e dolori ma sempre in prima fila per il bene di questo club.
Ferraiuolo, inizierei con una nota margine della stagione sportiva: purtroppo nelle scorse ore è venuta a mancare Marta Vespignani, la mamma dei fratelli Bottelli. Ieri al funerale eravate presenti, come società, in tantissimi in segno di grande vicinanza e rispetto alla famiglia. Cosa si sente di dire?
“In un momento così difficile e complicato da affrontare ho avuto l’impressione ancora una volta della forza, unità e coesione che regna nella famiglia Bottelli. Quanto loro siano forti e capaci di sostenersi vicendevolmente e quanto poi siano amati da tutta la comunità e città. Mi sembra che gli attestati di riconoscenza, affetto e vicinanza testimonino quanto siano amati. L’unica cosa che, anche noi come Pallacanestro Varese ci siamo sentiti di fare, è stato lo stargli vicini e continueremo così”.
Passiamo a parlare di cose molto più leggere, nonostante sportivamente sia stata una stagione molto travagliata per la Pallacanestro Varese. Alla fine la salvezza è arrivata ma qual è il vero bilancio che possiamo tracciare di questa stagione?
“E’ un bilancio che può essere considerato positivo solo per aver conquistato la salvezza, obiettivo che ad un certo punto della stagione sembrava molto difficile poter raggiungere. Quello è stato un momento in cui tutto l’ambiente si è compattato intorno ad una squadra che era in grandissime difficoltà: il club per primo, sponsor, consorzio e soprattutto i tifosi, i primi da ringraziare per il sostegno che ci hanno dato, nonostante tutte le sofferenze che anche quest’anno hanno dovuto passare. Salvo rari e sporadici episodi faccio fatica a ricordare fischi veri e contestazioni forti nei confronti della squadra. Alla fine la salvezza è stato un risultato importante portato a casa ma non mi sento di gioire per questo. E’ stato il minimo sindacale anche alla luce dei tanti errori e cambiamenti che sono stati fatti e che hanno caratterizzato questa stagione molto molto difficile”.
Una salvezza raggiunta chiudendo un ciclo sportivo e aprendone un altro, con l’arrivo di coach Kastritis che ha cambiato la cultura del lavoro e la filosofia di gioco del club che negli ultimi due anni stava portando ad una deriva sportiva…
“Io dico sempre che sono gli interpreti quelli che sono importanti nello sviluppare il metodo di gioco che si vuole cavalcare. Quando hai giocatori che non sono votati o non hanno le qualità per sviluppare il metodo di gioco che si vuole fare, bisogna rivedere le proprie idee ed adeguarsi alle proprie possibilità e caratteristiche del momento. Questa squadra, come l’arrivo di coach Kastritis ha dimostrato, era votata ad un gioco meno spettacolare, più grezzo, più duro ma più vicino a quelle che sono state le caratteristiche delle squadre di Varese che da qualche anno ormai non possono permettersi roster dal talento così elevato ma devono cercare di puntare sulla durezza, la compattezza e la solidità, magari non tanto belle da vedere ma che in campo buttano il cuore oltre l’ostacolo. Queste sono state le caratteristiche della squadra da coach Kastritis in poi, riavvicinando i nostri tifosi che sono tornati con entusiasmo a starci vicino perché hanno rivisto quei valori che identificano da sempre Varese: pochi fronzoli e molta sostanza”.
Rimango sui valori e le chiedo quanto sia stato complicato portare avanti tutta la stagione senza un vero leader tecnico e caratteriale in gruppo?
“Sicuramente l’inizio l’idea era quella che questo ruolo lo avrebbe ricoperto Nico Mannion che poi tra un precampionato complicato e un inizio di stagione difficilissimo è andato via come tutti ben sappiamo. In quel momento ci siamo trovati molto scoperti da questo punto di vista, però lì quelli che meno ti aspettavi potessero sostenere il peso di tale onere, vedasi Librizzi, sono stati quelli che ci hanno risollevato e permesso di ottenere successi rivelatisi vitali al termine della stagione, come quelli in casa con Virtus Bologna e Olimpia Milano. La mancanza di un leader riconosciuto è stata anche la forza, per certi versi, di questo gruppo che ha saputo compattarsi e pur fra i tantissimi cambi che ci sono stati, avere quest’anima italiana e mi riferisco ai tre moschettieri Alviti, Assui e Librizzi, che hanno rappresentato i veri pilastri del nostro gruppo. Kastritis quando è arrivato è stato bravissimo a cogliere questo aspetto cavalcandolo e ergendoli a leader per compagni e tifosi”.
Ecco la svolta che c’è stata da Kastritis in poi può portare al recupero di quel senso di appartenenza che ha caratterizzato la storia del club?
“Io ci spero sempre ma sono anche molto realista nel dire che oggi parlare di senso di appartenenza in un mondo professionistico in generale e nel basket ancor di più, diventa difficile. I giocatori che fanno una stagione qui, si sentono bandiere, vengono eletti a punto di riferimento dei tifosi e poi per mille ragioni si ritrovano magari l’anno dopo a giocare per un’altra squadra. Quello che deve essere importante, però, è la capacità del club e dell’ambiente circostante di alimentare questa cosa e di far capire questa cosa ai nuovi, trasmettergli il senso di essere arrivati in un posto speciale. Al di là di quella che è la storia del nostro club, la passione ed il modo in cui la città vive le situazioni legate alla squadra sia nei momenti positivi che negativi, sono molto rari e difficili da trovare. Deve essere questo, al di là di chi veste la maglia, il contesto che alimenta, porta avanti e tramanda questo grande senso di appartenenza”.
Varese è stata eletta regina nell’utilizzo degli italiani U23 di questa stagione: un riconoscimento che, oltre a portare soldi nelle casse del club, mette in luce il lavoro fatto in particolare da Librizzi e Assui. Da Responsabile del Settore Giovanile quanto è orgoglioso del loro percorso e cosa pensa succederà nel loro futuro prossimo?
“Certamente per chi investe risorse importanti nel Settore Giovanile avere due ragazzi di Varese che arrivano ad essere così centrali e così protagonisti in Serie A è uno degli obiettivi, il più alto, che ci poniamo ogni giorno quando lavoriamo con i nostri ragazzi. Vogliamo cercare d’inserire ogni anno almeno uno dei nostri giovani nel giro della prima squadra, sia che faccia parte del roster o che si alleni solo con loro. Questo, aiutati da un coach come Kastritis che non valuta i giocatori sull’età ma sul contributo che danno in campo. Le mie sensazioni sul loro futuro sono quelle di una persona che è certa che, se glielo chiedessimo oggi, rimarrebbero entrambi a vita a giocare a Varese perché ci tengono davvero a questo club, poi, come dicevo prima, in un mondo professionistico possono succedere mille cose che ti possono portare lontano da una società o azienda ma non per questo devono essere visti come traditori o ragazzi che, nell’eventualità, non amano questo club. In quel caso dovremo essere bravi a creare nuovi Librizzi e Assui, portando avanti così l’incredibile storia e tradizione della Pallacanestro Varese”.
Mi ricollego a questo discorso e le chiedo se c’è la possibilità di vedere Ivan Prato in Prima Squadra l’anno prossimo?
“Me lo auguro. Ivan si è allenato tutta la stagione con la Serie A, ha vissuto momenti e situazioni importanti, a differenza di altri ragazzi del nostro Settore Giovanile deve ancora completerà il percorso della formazione italiana che richiede ancora due anni, quindi se dovesse essere aggregato alla Prima Squadra lo farebbe da straniero. Ora non so se si farà il 6+6 o il 5+5 ma è chiaro che non è da escludere l’opzione di un suo coinvolgimento. Se poi così non dovesse essere ha comunque tutte le caratteristiche per essere aggregato negli anni futuri”.
Tra gli italiani che sicuramente rimarranno a Varese (perché ha contratto garantito, ndr) è Ethan Esposito. Che idea si è fatto del ragazzo in queste settimane e se pensa che potrà essere davvero utile nella prossima stagione?
“Ethan è arrivato in punta di piedi in un momento non semplice della stagione, mettendosi subito a disposizione del coach e dello staff, lavorando sempre seriamente. Per tanti motivi non ha avuto le opportunità e minuti che magari lo stesso coach avrebbe voluto dargli ma le situazioni contingenti e spesso gli avversari per taglia fisica o caratteristiche, non hanno permesso giocasse, però è un ragazzo che ha il contratto con noi, ha testa, lavora bene, ha attitudine e margini di crescita importanti. Confido e confidiamo possa avere un ruolo importante nella nostra squadra dell’anno prossimo”.
Dopo i fatti della sfida con Cremona si era parlato della possibilità che Scola lasciasse a fine stagione. Come ha vissuto quel momento e se pensa sia stato uno spartiacque del futuro della Pallacanestro Varese?
“Sono stato molto vicino a Luis in quel momento, abbiamo condiviso fin dall’inizio il suo percorso dirigenziale a Varese e ho colto come l’avesse toccato molto l’amarezza nel pensare che l’ambiente e una parte del pubblico non riconoscesse l’amore e la passione che ha messo in questo progetto. La delusione è stata forte, magari anche il pensiero di andarsene gli ha attraversato la mente per un attimo ma è una cosa rientrata subito e da lì in poi è ripartito con ancor più voglia nello stare vicino alla squadra, facendoci sentire che era con noi pronto a starci accanto fino alla fine. Nella settimana prima e dopo la sfida di Napoli ha compattato moltissimo l’ambiente e questo è stato poi determinante per la salvezza e questo è stato certamente uno spartiacque fondamentale per il nostro futuro”.
Alessandro Burin